Giurisprudenza di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine497-575

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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. un., 20 settembre 2002, n. 31421 (c.c. 26 giugno 2002). Pres. Vessia - Est. Milo - P.M. Siniscalchi (parz. diff.) - Ric. Conti.

Giudice penale - Ricusazione - Presentazione della richiesta - Sospensione del procedimento - NecessitàEsclusione.

Giudice penale - Ricusazione - Presentazione della richiesta - Poteri del giudice ricusato.

Giudice penale - Ricusazione - Presentazione della richiesta - Sospensione del procedimento - Condizioni Conseguenze.

La presentazione, da parte dell'imputato (o di chi agisce nel suo interesse), della dichiarazione di ricusazione del giudice non comporta ordinariamente, secondo l'assetto normativo del vigente codice di rito, la sospensione del procedimento e, conseguentemente, il giudice ricusato, ove l'imputato versi in stato di custodia cautelare, non può sospendere, ex art. 304, commi 1 lett. a)e 4, c.p.p., il decorso dei relativi termini. (Mass. Redaz.). (C.p.p., art. 37; c.p.p., art. 304) (1).

La sospensione dell'attività processuale può essere eventualmente disposta, ex art. 41 comma 2º c.p.p., soltanto dal giudice della ricusazione, che non ha, però, alcun potere di sospendere anche i termini cautelari. (Mass. Redaz.). (C.p.p., art. 37; c.p.p., art. 41) (2).

Nella sola ipotesi in cui la dichiarazione di ricusazione intervenga nel momento immediatamente precedente la pronuncia della sentenza, si verifica ineludibilmente, ex art. 37 comma 2º c.p.p., la sospensione del procedimento, quale effetto indiretto della richiesta dell'imputato, con conseguente legittima adozione da parte del giudice sospetto del provvedimento di sospensione anche dei termini cautelari. (Mass. Redaz.). (C.p.p., art. 37; c.p.p., art. 304) (3).

    (1) Le Sezioni unite intervengono sulla questione concernente la possibilità che la dichiarazione di ricusazione del giudice, da parte dell'imputato che versi in stato di custodia cautelare, legittimi la sospensione dei relativi termini, risolvendola in senso negativo. Conformi a tale orientamento, Cass. pen., sez. I, 27 luglio 1992, Greco, in Riv. pen. 1993, 767; Cass. pen., sez. I, 6 luglio 1992, Di Grigoli, in questa Rivista 1993, 150. Esprime orientamento contrario Cass. pen., sez. VI, 22 febbraio 1999, Ferraro, in questa Rivista 1999, 284.


    (2, 3) Difforme, sul punto, Cass. pen., sez. I, 10 febbraio 1997, Battaggia, in Riv. pen. 1997, 730, dove si ritiene che il giudice ricusato ha il potere di sospendere i termini di custodia cautelare.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Il Tribunale di Catania, decidendo in sede di appello ex art. 310 c.p.p., con ordinanza 29 giugno 2001, confermava quella emessa, il precedente giorno 9 dal GUP dello stesso Tribunale, che, a seguito di dichiarazione di ricusazione proposta dall'imputato Conti Aldo, in stato di custodia cautelare per i reati di cui agli artt. 73 e 74 D.P.R. 309/90, aveva sospeso il procedimento e i termini cautelari fino all'udienza di rinvio fissata per il 2 luglio 2001, e ciò in attesa della decisione sulla ricusazione.

Ha proposto ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, l'imputato, deducendo: a) inosservanza di norme processuali (artt. 310, comma 2º, 127, commi 1º e 5º, c.p.p.) e violazione del diritto di difesa, per non essere stato dato avviso dell'udienza camerale dinanzi al Tribunale ad uno dei due difensori dai quali era assistito; b) inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento all'art. 304, commi 1 lett. a) e 4, c.p.p., che era stato interpretato non correttamente nel ritenere compreso, tra i casi di sospensione dei termini cautelari, quello della dichiarazione di ricusazione, che non determina affatto la sospensione del procedimento nel quale si innesta.

Con memoria difensiva 26 febbraio 2002, il ricorrente ha insistito sulle ragioni dell'impugnazione proposta.

La IV Sezione penale, assegnataria del ricorso, con ordinanza 14 marzo 2002, rilevata l'esistenza di un contrasto giurisprudenziale sulla questione prospettata con il secondo motivo di ricorso, ha rimesso la decisione, ai sensi dell'art. 618 c.p.p., alle Sezioni Unite.

Il Primo Presidente Aggiunto ha assegnato il ricorso alle Sezioni Unite, fissando per la trattazione l'odierna udienza camerale.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - 1. Il primo motivo di ricorso, avente carattere preliminare, al di là della rinuncia ad esso da parte del difensore del ricorrente (cfr. verbale udienza 14 marzo 2002 dinanzi alla IV sez.), è destituito di fondamento: il mancato avviso al secondo difensore dell'imputato per l'udienza camerale svoltasi dinanzi al Tribunale di Catania integra, per pacifica giurisprudenza, una nullità a regime intermedio (cfr. sez. un., 27 giugno 2001, Di Sarno), la quale, però, non essendo stata tempestivamente eccepita nei termini di cui agli artt. 180 e 182 c.p.p. (all'udienza camerale, infatti, il difensore regolarmente avvisato e presente nulla dedusse in ordine al mancato avviso al secondo difensore), non può essere dedotta in questa sede.

  1. Può, quindi, passarsi all'esame della questione portata all'attenzione delle Sezioni Unite e che può essere così sintetizzata: se la dichiarazione di ricusazione del giudice, da parte dell'imputato che versi in stato di custodia cautelare, legittimi o non, ex art. 304, commi 1 lett. a) e 4, c.p.p., la sospensione dei relativi termini.

  2. La disciplina contenuta nell'art. 304, commi 1 lett. a) e 4, c.p.p. prevede che il dibattimento e l'udienza preliminare sospesi o rinviati per impedimento dell'imputato o del suo difensore ovvero su richiesta dei medesimi, sempre che la sospensione o il rinvio non siano disposti per esigenze istruttorie o difensive (concessione di termini per la difesa), sospendono i termini di durata massima della custodia cautelare.

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    Una peculiare lettura della norma in esame (riproduttiva, in sostanza, di quella di cui all'art. 272, comma 7º, c.p.p. '30) ha indotto larga parte della giurisprudenza di legittimità a ricomprendere nell'area delle cause di sospensione anche la dichiarazione di ricusazione, sulla base della considerazione che detta norma, nella parte in cui fa riferimento ad una "richiesta" dell'imputato o del suo difensore idonea a comportare il rinvio del processo, richiamerebbe implicitamente anche la dichiarazione di ricusazione, che sarebbe, per ciò, assoggettata alla stessa disciplina, vale a dire sospensione del processo e sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare.

  3. Il dibattito giurisprudenziale, nel quale si inscrive tale orientamento maggioritario, si è sviluppato sotto il segno della continuità, nel senso che le soluzioni ermeneutiche adottate, nel vigore del codice di rito del 1930 e in costanza dell'assetto normativo attuale, sono sovrapponibili.

    4a. Nella vigenza del codice del 1930, la giurisprudenza segue inizialmente una linea rigorosa e restrittiva nell'individuare il campo di operatività dell'art. 272, comma 7º, sottolineando che "il termine di carcerazione preventiva resta sospeso quando la sospensione o il rinvio del dibattimento, a richiesta dell'imputato o della difesa, siano disposti nell'esclusivo interesse dell'imputato o della difesa, ma non già quando detti provvedimenti di sospensione o di rinvio del dibattimento, anche se sollecitati dalla parte, siano disposti per sostanziali esigenze di giustizia", intendendosi per tali non soltanto l'espletamento di incombenti istruttori ritenuti necessari, ma anche questioni pregiudiziali "attinenti all'esistenza del reato ... o alla validità della norma, come la pregiudiziale costituzionale"; in sostanza, si esalta il profilo teleologico della richiesta avanzata dall'imputato, per stabilire se questa tenda al conseguimento delle finalità primarie dell'ordinamento o piuttosto a soddisfare interessi circoscritti alla sfera personale dell'imputato, nel quale ultimo caso soltanto possono derivare al predetto effetti pregiudizievoli (cfr., in particolare, Cass., sez. I, 6 dicembre 1976, Fonti e, in termini analoghi, sez. I, 5 giugno 1986, Matrone; sez. I, 15 dicembre 1986, Musto; sez. I, 19 maggio 1986, Licciardello).

    Tale interpretazione, però, viene ben presto contrastata e gli argomenti da essa utilizzati vengono progressivamente ridimensionati e sviliti nella loro valenza, per privilegiare, al di là di qualunque aspetto finalistico ed in base, invece, ad un criterio di mero automatismo, il dato oggettivo della richiesta di rinvio o sospensione del dibattimento formulata, in via immediata o mediata, dall'imputato quale causa della sospensione anche dei termini di custodia cautelare (cfr. Cass., sez. I, 20 giugno 1988, Iandolo; sez. VI, 5 marzo 1991, Della Stella).

    4b. Con la sentenza 6 luglio 1990, Mancini, le Sezioni Unite intervengono sulla questione e, riprendendo la linea interpretativa seguita dalla richiamata sentenza "Fonti", sottolineano l'esigenza di evitare una interpretazione rigidamente letterale ed in malam partem dell'art. 272, comma 7º, c.p.p. '30. In quest'ottica, individuano quale limite all'operatività di tale norma la necessità di non comprimere "diritti fondamentali e costituzionalmente garantiti": nella specie, veniva in considerazione la sospensione del processo per effetto di una questione di costituzionalità sollevata dall'imputato e ritenuta dal giudice non manifestamente infondata (il caso, anche se non attiene all'istituto della ricusazione, assume rilievo per la metodologia interpretativa introdotta, che è ancorata ad un nitido principio di portata generale).

    Precisano che la richiesta dell'imputato, dalla quale indirettamente deriva la sospensione del dibattimento, costituisce solo un impulso per l'esercizio da parte del giudice di poteri ed attività che potrebbe e dovrebbe compiere d'ufficio, con la conseguenza che viene ad interrompersi il legame di stretta interdipendenza fra l'iniziativa dell'imputato e la sospensione del giudizio, ricollegabile quest'ultima alla stessa legge processuale; che l'esigenza della verifica di...

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