Sentenza nº 49 da Constitutional Court (Italy), 14 Marzo 2014

RelatorePaolo Grossi
Data di Resoluzione14 Marzo 2014
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 49

ANNO 2014

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Gaetano SILVESTRI Presidente

- Luigi MAZZELLA Giudice

- Sabino CASSESE "

- Giuseppe TESAURO "

- Paolo Maria NAPOLITANO "

- Giuseppe FRIGO "

- Alessandro CRISCUOLO "

- Paolo GROSSI "

- Giorgio LATTANZI "

- Aldo CAROSI "

- Marta CARTABIA "

- Sergio MATTARELLA "

- Mario Rosario MORELLI "

- Giancarlo CORAGGIO "

- Giuliano AMATO "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 4 e 16 della legge della Regione Veneto 31 dicembre 2012, n. 55 (Procedure urbanistiche semplificate di sportello unico per le attività produttive e disposizioni in materia urbanistica, di edilizia residenziale pubblica, di mobilità, di noleggio con conducente e di commercio itinerante), e dell’art. 5 della legge della Regione Veneto 14 maggio 2013, n. 8 (Disposizioni in materia di commercio su aree pubbliche. Modifica della legge regionale 6 aprile 2001, n. 10 “Nuove norme in materia di commercio su aree pubbliche” e successive modificazioni e della legge regionale 4 novembre 2002, n. 33 “Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo” e successive modificazioni), promossi dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorsi notificati il 28 febbraio-6 marzo 2013 ed il 16-18 luglio 2013, depositati in cancelleria il 7 marzo 2013 ed il 23 luglio 2013 ed iscritti ai numeri 39 e 77 del registro ricorsi 2013.

Visti gli atti di costituzione della Regione Veneto;

udito nell’udienza pubblica dell’11 febbraio 2014 il Giudice relatore Paolo Grossi;

uditi gli avvocati Bruno Barel, Luigi Manzi e Daniela Palumbo per la Regione Veneto e l’avvocato dello Stato Marco La Greca per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ricorso notificato il 28 febbraio-6 marzo 2013, depositato il successivo 7 marzo ed iscritto al n. 39 del registro ricorsi dell’anno 2013, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato, nell’ordine, gli artt. 16 e 4 della legge della Regione Veneto 31 dicembre 2012, n. 55 (Procedure urbanistiche semplificate di sportello unico per le attività produttive e disposizioni in materia urbanistica, di edilizia residenziale pubblica, di mobilità, di noleggio con conducente e di commercio itinerante).

    L’art. 16, comma 2, introduce il comma 4-bis nell’art. 48-bis della legge della Regione Veneto 4 novembre 2002, n. 33 (Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo), con cui, riguardo all’esercizio del commercio in forma itinerante sulle aree demaniali marittime, è stabilito che «Ciascun operatore non può essere titolare di nulla osta in più di un comune». La norma, nella parte in cui, appunto, impedisce la titolarità di nulla osta in più Comuni, o l’esercizio di tale attività in un Comune diverso da quello che ha rilasciato il nulla osta e sulla base del titolo conseguito in quest’ultimo, viene censurata, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, per violazione dei principii di «tutela della concorrenza e del mercato» sanciti dal decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno). In particolare, il ricorrente deduce il contrasto con l’art. 19 di tale decreto legislativo, che stabilisce che «L’autorizzazione permette al prestatore di accedere all’attività di servizi e di esercitarla su tutto il territorio nazionale […] fatte salve le ipotesi in cui la necessità di un’autorizzazione specifica o di una limitazione dell’autorizzazione ad una determinata parte del territorio per ogni stabilimento sia giustificata da un motivo imperativo di interesse generale». Per il ricorrente, il vulnus all’evocato parametro deriverebbe dalla mancata individuazione di un motivo imperativo di interesse generale, tale da giustificare l’imposizione di limiti alla titolarità di più nulla osta o alla loro efficacia territoriale e la conseguente compartimentazione dei mercati, in contrasto con lo spirito di liberalizzazione della concorrenza tra gli operatori.

    A sua volta, l’art. 4 – che, secondo la prospettazione, legittimerebbe l’esclusione dalla valutazione ambientale strategica (VAS) delle varianti allo strumento urbanistico generale connesse ad interventi di edilizia produttiva – viene censurato poiché, «nel contrastare la vigente normativa nazionale in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, víola l’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione». Osserva il ricorrente che già con deliberazione del 31 marzo 2009, n. 791 (ribadita dalla Commissione regionale VAS con parere 3 agosto 2012, n. 84), la Giunta della Regione Veneto ha escluso «le varianti a piani e programmi conseguenti alla procedura di sportello unico per le attività produttive» «dalla procedura di verifica di assoggettabilità stessa, nonché dalla procedura VAS, fatta salva la necessità di verificare se i seguenti progetti sono, o meno, assoggettati alla procedura di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) o a screening di VIA». Ed afferma altresì il ricorrente che «detto impianto normativo risulta coerente con quanto previsto dall’art. 40 della L.R. n. 13/2012 che è stato oggetto di impugnativa innanzi alla Corte costituzionale proprio perché prevede l’esclusione dalla VAS dei piani urbanistici attuativi e delle loro varianti alle quali sarebbero assimilabili, nell’impostazione del legislatore regionale del Veneto, anche le varianti conseguenti alla procedura di SUAP».

    1.1.– Si è costituita la Regione Veneto, in persona del Presidente pro tempore della Giunta regionale, chiedendo la declaratoria di inammissibilità o di infondatezza del ricorso.

    Quanto all’art. 16, la resistente osserva che la censurata disciplina (sostanzialmente conforme a quella di cui all’art. 28, comma 9, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, recante «Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’articolo 4, comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59») risponde a motivi imperativi di interesse generale, diretti alla tutela delle aree demaniali marittime (ossia delle spiagge), che costituiscono risorse scarse e fragili sulle quali il commercio in forma itinerante può avere un impatto fortemente negativo rispetto agli interessi (diversi e talora contrapposti) degli utenti privati e degli operatori economici concessionari di tratti di arenile, oltre che alla salvaguardia igienica ed ambientale dei luoghi aperti al pubblico accesso. Per la Regione, dunque, la previsione del rilascio della autorizzazioni su base comunale non cumulabili (peraltro priva di impatto macroeconomico) risponde alla ratio della “direttiva servizi”, avendo la finalità di assicurare il più ampio accesso al mercato del maggior numero di operatori (non solo persone fisiche ma anche società), nel rispetto del principio dettato dal decreto legislativo n. 59 del 2010, secondo cui le autorizzazioni abilitano ad esercitare su tutto il territorio nazionale, salvo deroghe giustificate da un motivo imperativo di interesse generale.

    Dall’altro lato, la resistente deduce che l’impugnato art. 4 non prevede affatto l’esclusione della procedura di VAS nei casi di specie, dovendosi la norma interpretare (ai sensi del comma 4) nel senso che in sede di Conferenza di servizi (con la partecipazione di tutte le amministrazioni interessate, tra cui quelle preposte alla tutela ambientale) viene valutata la relativa sostenibilità ambientale, attivandosi (ove necessario) gli appropriati subprocedimenti di VAS o di VIA. Né alla norma impugnata potrebbero essere ascritti i vizi contenuti nella legge regionale 26 giugno 2008, n. 4 (Disposizioni di riordino e semplificazione normativa − collegato alla legge finanziaria 2007 in materia di governo del territorio, parchi e protezione della natura, edilizia residenziale pubblica, mobilità e infrastrutture), il cui art. 14, comma 1-bis, lettera a) (che si riferiva all’attività di pianificazione urbanistica, generale ed attuativa), è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla sentenza della Corte costituzionale n. 58 del 2013. Infatti, la disposizione in esame si colloca nel diverso contesto dei procedimenti edilizi di approvazione di singoli progetti...

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