Sentenza nº 179 da Constitutional Court (Italy), 05 Luglio 2013

RelatoreAlessandro Criscuolo
Data di Resoluzione05 Luglio 2013
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 179

ANNO 2013

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco GALLO Presidente

- Luigi MAZZELLA Giudice

- Gaetano SILVESTRI ”

- Sabino CASSESE ”

- Giuseppe TESAURO ”

- Paolo Maria NAPOLITANO ”

- Giuseppe FRIGO ”

- Alessandro CRISCUOLO ”

- Giorgio LATTANZI ”

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Sergio MATTARELLA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’articolo 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), promossi dal Tribunale ordinario di Sant’Angelo dei Lombardi con ordinanza del 30 agosto 2012 e dal Tribunale ordinario di Matera con ordinanza del 7 dicembre 2012, iscritte rispettivamente al n. 291 del registro ordinanze 2012 ed al n. 37 del registro ordinanze 2013 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 1 e 10, prima serie speciale, dell’anno 2013.

Udito nella camera di consiglio del 5 giugno 2013 il Giudice relatore Alessandro Criscuolo.

Ritenuto in fatto

  1. — Il Tribunale ordinario di Sant’Angelo dei Lombardi, in composizione monocratica e in funzione di giudice dell’esecuzione penale, con ordinanza depositata il 30 agosto 2012, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 27 e 29 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), nella parte in cui impone lo svolgimento del lavoro di pubblica utilità nella Provincia di residenza del condannato, ovvero, in via subordinata, nella parte in cui non prevede l’ipotesi che il giudice, su richiesta del condannato, lo ammetta a svolgere il lavoro di pubblica utilità presso un ente non compreso nella Provincia di residenza.

  2. — In punto di fatto il rimettente riferisce che G.M., residente in Vallata (AV), con sentenza del 2 febbraio 2012, n. 26, divenuta irrevocabile il 5 aprile 2012, è stata condannata alla pena di mesi sei e giorni sei di lavoro di pubblica utilità per il reato di cui all’art. 187 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada).

    In particolare, sulla scorta della convenzione conclusa ai sensi dell’art. 54 del d.lgs. n. 274 del 2000 in data 30 novembre 2011 tra il Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi e l’Ente Comunità Montana “Terminio Cervialto”, il giudice monocratico, nella predetta sentenza, ha ammesso la condannata allo svolgimento di attività lavorativa non retribuita presso tale Comunità Montana, sotto forma di attività di supporto ai servizi interni dell’ente, quali quelli di archivio, di fotocopiatura e di pulizia di locali.

    Con successiva istanza del 17 luglio 2012, diretta al giudice dell’esecuzione, la condannata ha chiesto l’autorizzazione alla prestazione del lavoro di pubblica utilità presso la “Casa Sollievo della Sofferenza – Opera di San Pio da Pietrelcina”, situata in San Giovanni Rotondo (FG), in luogo dell’ente indicato in sentenza.

    L’istante ha motivato tale richiesta adducendo e documentando che presso tale struttura ospedaliera è lungodegente la madre per gravi patologie nefrologiche; che presso la medesima struttura è in cura anche il padre; che ella è l’unica persona della famiglia in grado di assistere i genitori, in quanto un fratello presta servizio in Sicilia nell’Arma dei Carabinieri, mentre la sorella vive e lavora a Modena.

    A tal riguardo l’istante ha depositato una copia del permesso di ingresso e permanenza in ospedale al di fuori dell’orario di visita, per assistere la madre, oltre a una dichiarazione scritta del responsabile dell’ufficio legale della “Casa Sollievo della Sofferenza”, nel corpo della quale si manifesta la disponibilità a consentire lo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, previa autorizzazione del tribunale.

    Pertanto, sulla base della detta documentazione, l’istante ha chiesto al giudice di essere autorizzata a svolgere il lavoro di pubblica utilità in San Giovanni Rotondo, allo scopo di assistere con continuità i propri genitori ammalati.

    Ciò posto, il rimettente riferisce che all’udienza camerale del 21 agosto 2012 si è riservato in ordine alla decisione di detta istanza, sollevando questione di legittimità costituzionale nei termini di seguito indicati.

  3. — Il giudice a quo riporta il testo dell’art. 187, comma 8-bis, del d.lgs. n. 285 del 1992, come introdotto dalla legge 29 luglio 2010, n. 120 (Disposizioni in materia di sicurezza stradale) ed osserva come detta disposizione operi un rinvio integrale all’art. 54 del d.lgs. n. 274 del 2000, secondo cui, per quel che rileva in questa sede, «l’attività viene svolta nell’ambito della provincia in cui risiede il condannato e comporta la prestazione di non più di sei ore di lavoro settimanale da svolgere con modalità e tempi che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute del condannato. Tuttavia, se il condannato lo richiede, il giudice può ammetterlo a svolgere il lavoro di pubblica utilità per un tempo superiore alle sei ore settimanali».

    Ad avviso del rimettente, dal combinato disposto delle due norme si rileva un tassativo ed esplicito vincolo di ordine territoriale, che obbliga il condannato a svolgere il lavoro di pubblica utilità nella Provincia di residenza. Tale limitazione territoriale sarebbe di dubbia legittimità costituzionale.

    In via preliminare, il giudice a quo si sofferma su una premessa di ordine processuale, rilevando come le modalità di esecuzione della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità possano essere modificate dal giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 666 del codice di procedura penale, alla luce dei principi generali ed in applicazione analogica dell’art. 44 del d.lgs. n. 274 del 2000.

    Tanto premesso, il rimettente ritiene che non siano praticabili interpretazioni costituzionalmente orientate della norma, al fine di evitarne il sindacato di legittimità costituzionale, dal momento che la dizione testuale dell’art. 54, comma 3, specifica in modo espresso che il lavoro di pubblica utilità debba svolgersi nella Provincia di residenza del condannato. Né la disposizione prevede eccezioni a tale regola come, invece, accade per il monte ore settimanali che, diversamente, può essere derogato nel massimo su richiesta del condannato. Sussiste, pertanto, una corrispondenza univoca tra il testo della norma ed il significato ricavabile dalla sua interpretazione, che preclude qualsiasi potere del giudice di interpretare la norma secundum constitutionem.

    Ad avviso del rimettente, poi, la proposizione della questione di legittimità costituzionale si manifesta ineludibile tanto più che, secondo la recente giurisprudenza di legittimità «in tema di reato di guida sotto l’influenza dell’alcol, ai fini della sostituzione della pena detentiva o pecuniaria irrogata per il predetto reato con quella del lavoro di pubblica utilità non è richiesto dalla legge che l’imputato debba indicare l’istituzione presso cui intende svolgere l’attività e le modalità di esecuzione della misura, essendo sufficiente che egli non esprima la sua opposizione» (Cassazione, sezione quarta penale, sentenza del 18 maggio 2012, n. 19162). Il favor manifestato dal legislatore per l’applicazione della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità risulterebbe svilito, là dove lo svolgimento di tale attività lavorativa non retribuita fosse confinato al ristretto ambito della Provincia di residenza del condannato, nell’ambito della quale, in ipotesi, potrebbero non essere state stipulate le convenzioni prescritte dall’art. 54 del d.lgs. n. 274 del 2000. Tale favor, inoltre, sarebbe stato vivificato dall’opera ermeneutica della Corte di cassazione che, con pronunzia recente, ha puntualizzato che spetta al giudice determinare le modalità di esecuzione del lavoro di pubblica utilità, sicché deve ritenersi illegittimo il provvedimento di rigetto dell’istanza di sostituzione sul presupposto del mancato assolvimento di tali oneri da parte dell’imputato (Cassazione, sezione quarta penale, sentenza del 2 febbraio 2012, n. 4927).

    In punto di rilevanza, il rimettente osserva come essa appaia ictu oculi, in quanto la norma denunciata influisce direttamente sulla definizione del giudizio a quo, in un senso o nell’altro, dal momento che la sua applicazione nella vigente formulazione conduce al necessario rigetto dell’istanza, mentre una eventuale dichiarazione di illegittimità costituzionale potrebbe condurre – soddisfatte tutte le condizioni – al suo accoglimento. Si tratta di una norma ad applicazione necessaria nel presente procedimento, stante l’esplicito rinvio operato dall’art. 187 del codice della strada. Ancora, ritiene il rimettente che la rilevanza della questione possa desumersi dall’oggettiva idoneità dell’attività lavorativa richiesta a favorire l’emenda della condannata, dal momento che il raggiungimento dello scopo rieducativo, insito nell’applicazione della sanzione sostitutiva, risulterebbe agevolato dall’inserimento della medesima nell’organizzazione della “Casa Sollievo della Sofferenza”, struttura improntata...

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT