L'utilizzabilità nel processo penale del processo verbale di constatazione degli illeciti tributari

AutoreGiuseppe Bersani
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@1. Il processo verbale di constatazione degli illeciti tributari come atto che trova la sua naturale collocazione nel procedimento amministrativo di accertamento; problematiche generali relative alla contemporanea esistenza di una indagine penale e di una amministrativa

Il processo verbale di constatazione trova la sua disciplina nell'art. 24 L. 7 gennaio 1929 n. 4 ove si prevede che la rilevazione delle violazioni finanziarie avvenga mediante «constatazione»; la guardia di finanza cioè, redige il verbale di constatazione consistente e definibile come una esposizione organica di tutte le violazioni individuate, contenente sia i dati storici relativi a tutte le attività compiute, sia le valutazioni in ordine ai fatti riscontrati e che conducono ad ipotizzare le violazioni rilevate 1.

La soluzione nel senso dell'«oralità» del dibattimento voluta dal legislatore del codice del 1988 - con la conseguente limitazione delle prove «precostituite» inseribili nel fascicolo del dibattimento e quindi utilizzabili dal giudice ai fini della decisione - ha reso necessario nel corso degli ultimi anni un attento esame dell'art. 431 c.p.p., al fine di verificare la possibilità di inserire determinati atti nel novero di quelli conoscibili dal giudicante.

È bene premettere che l'accertamento dell'esistenza di un reato finanziario deriva nella quasi totalità dei casi dalle indagini svolte dalla guardia di finanza la quale agisce, in primo luogo, come polizia amministrativa di controllo e di vigilanza sul corretto assolvimento, da parte dei contribuenti, degli obblighi tributari, e pertanto è l'organo che per primo «cristallizza» la situazione contabile di un'azienda.

Va inoltre osservato come l'art. 24 legge 4/29 - la dottrina è ormai concorde sul punto - non solo non è stato abrogato dal nuovo codice di rito ma, anzi, se ne è riaffermata implicitamente la validità da parte dell'art. 220 delle norme di coordinamento laddove si stabilisce che: «quando nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti emergano indizi di reato, gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale sono compiuti con l'osservanza delle disposizioni del codice», oltre che dal successivo art. 221 il quale sancisce che: «continuano ad osservarsi le disposizioni di leggi o decreti che prevedono modalità diverse da quelle indicate negli artt. 331 e 347 del codice per l'inoltro della denuncia all'autorità giudiziaria ovvero consentano di presentare la denuncia stessa ad altra autorità che a quella abbia l'obbligo di riferire».

Le disposizioni processuali sopra richiamate hanno portato parte della dottrina a ritenere - ma a nostro avviso tale soluzione non è condivisibile - che la denuncia delle violazioni fiscali penalmente rilevanti sfugga alle regole generali dettate per la polizia giudiziaria dall'art. 347 del codice di procedura penale e vada operata solo al termine delle attività investigative, all'esito delle quali si redige il processo verbale di constatazione.

A tale soluzione ci si è opposti da parte nostra in altra sede 2 con argomentazioni che per brevità espositiva non riteniamo opportuno richiamare, limitandoci a sottolineare come il momento in cui, nel corso del controllo fiscale, emergono indizi di reità, può anche non coincidere con quello in cui la notizia di reato debba considerarsi acquisita, determinando l'attivazione dell'obbligo sancito dall'art. 347 c.p.p.

È infatti sufficiente pensare all'ipotesi in cui sia stata rinvenuta, nel corso dell'ispezione, una fattura annotata sulla cui veridicità sussistano consistenti dubbi: i verificatori si troveranno in presenza di meri indizi di un reato - in tale fase - che attendono di trovare riscontro in ulteriori accertamenti.

L'invio di una comunicazione di notizia di reato sarà prematuro, ma fin da quel momento sarà - al fine di evitare di incappare in una eventuale sanzione di «inutilizzabilità» ai sensi dell'art. 191 c.p.p. - necessario procedere nel rispetto delle garanzie difensive sancito dall'art. 60 c.p.p.

In ogni caso va ricordato che l'esigenza di adeguare le attività ispettive al rispetto delle garanzie difensive trova applicazione solo relativamente a quegli atti il cui compimento è diretto ad assicurare le fonti di prova e a raccogliere ogni elemento utile ai fini dell'applicazione della legge penale.

Con riferimento alle specifiche attività di polizia tributaria compiute nel corso di una verifica è, pertanto, necessario chiedersi quali siano tali atti, e la risposta non può essere che nel senso di ricomprendere tutti gli atti di indagine (chiaramente successivi all'emergere degli indizi di reato).

Ciò dipende dal fatto che, essendo i reati previsti dalla legge n. 516/1982 fattispecie la cui prova emerge in gran parte dal dato documentale, è evidente che tutti gli atti che comportano acquisizione di supporti contabili o extra-contabili, comunque riconducibili al soggetto verificato, una volta presa cognizione degli indizi di reità, diventano necessariamente atti diretti all'assicurazione di fonti di prova che confluiranno nel processo verbale di constatazione.

È pertanto probabile che ancor prima del formarsi di una vera e propria notizia di reato, emergano nel corso dell'attività ispettiva indizi di reità (il che avviene di norma in relazione a quelle fattispecie che non sono immediatamente rilevabili ictu oculi, e definiti in giurisprudenza Page 4 come reati a «cognizione complessa»), con la conseguente necessità - pena l'inutilizzabilità degli atti compiuti senza l'osservanza delle garanzie difensive - di attuare il disposto dell'art. 220 delle norme di coordinamento al codice di procedura penale.

In ogni caso un dato appare certo: il disposto di cui all'art. 220, in nessun caso potrà trovare applicazione laddove siano accertate, durante il controllo, violazioni amministrative le quali immediatamente (cioè non appena constatate dai verificatori) assumono specifica rilevanza penale (fattispecie che sono state definite a «cognizione istantanea») 3 e che possono facilmente ricondursi alle violazioni di cui al comma 2, lett. a), b) e c) ed al comma 3 dell'art. 1, nonché quelle di cui all'art. 2 della legge n. 516/1982.

In questo caso, infatti, non è data alcuna fase della verifica amministrativa nella quale sia possibile parlare, a stretto rigore, di indizi di reità, atteso che il passaggio dall'illecito amministrativo a quello penale è immediato.

Sia che si verta in ipotesi di reati a «cognizione istantanea», o in tema di reati a «cognizione complessa», va in ogni caso ribadita - a nostro avviso - l'impossibilità di far procedere contemporaneamente la fase «amministrativa» con la fase «procedimentale penale» da parte dei medesimi verificatori.

Tale conclusione appare chiara se si considera che, diversamente ragionando ed operando, nell'ambito della fase amministrativa si innesterebbe un'indagine penale condotta dai medesimi soggetti, e pertanto, facendo procedere le due indagini (amministrativa e penale) contemporaneamente, si verrebbero, palesemente, ad eludere tutte le disposizioni con cui il legislatore ha inteso disciplinare il regime di acquisizione probatoria nei procedimenti di indagine tributaria ed in particolare gli artt. 33 e 63 dei D.P.R. 600/73 e 633/72, oltre alla nuova disciplina della deroga «amministrativa» al segreto bancario (art 18 legge 413/91) 4.

In ogni caso l'identità soggettiva dei verificatori - non potendo pretendere che il militare che ha posto in essere determinate attività ammesse e pienamente utilizzabili nel procedimento amministrativo, si ponga in termini di assoluta estraneità nei confronti dell'attività penalmente rilevante e svolta contemporaneamente - porterebbe ad una inevitabile elusione di tali principi pur in presenza di un formale rispetto delle norme sopra richiamate 5.

La soluzione - al fine di evitare gli inconvenienti che si sono segnalati - è, pertanto, quella della prosecuzione dell'attività di indagine da parte degli originari verificatori con i poteri e le garanzie previste dal codice di procedura penale, abbandonando, temporaneamente, l'indagine amministrativa che sarà ripresa da altri verificatori non «condizionati» dall'indagine (penale) fino a quel momento svolta.

@2. Il problema dell'utilizzabilità del p.v. di constatazione della violazione amministrativa nel processo penale: l'inseribilità nel fascicolo del dibattimento

Le considerazioni che precedono sono propedeutiche e finalizzate all'approfondimento del problema di fondo consistente nel verificare se il processo verbale di constatazione sia inseribile nel fascicolo del dibattimento e, conseguentemente se sia utilizzabile dal giudice come elemento di valutazione in ordine alla sussistenza o meno di un determinato reato.

Un problema a sè stante ed autonomo è costituito dalla possibilità di acquisire agli atti del processo penale il processo verbale di constatazione redatto dalla guardia di finanza sotto forma di «documento» ed ai sensi dell'art. 234 c.p.p.

Nella vigenza dell'abrogato codice di procedura penale si verificava spesso il caso che i documenti raccolti nel corso dell'indagine amministrativa venissero utilizzati nel processo penale, tanto da rappresentare - attesa la natura del tutto particolare dei reati rientranti nella categoria del diritto penale commerciale 6 - l'unico elemento di prova.

Il nuovo impianto processuale di cui più sopra si è sommariamente riferito e la netta separazione esistente fra fase delle indagini e fase del giudizio, avevano reso - nell'originaria interpretazione del codice - inconfigurabile l'acquisizione nel fascicolo del dibattimento del processo verbale di constatazione redatto dai militari operanti.

La giurisprudenza si è peraltro subito resa conto di come, nel particolare settore dei reati economici e dei reati tributari in particolare, il processo verbale di constatazione redatto dalla guardia di finanza...

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