La violazione di una norma dello statuto di un consorzio fra enti locali non è rilevante ai fini della commissione del reato di abuso d'ufficio

AutoreMario De Bellis
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@1. I termini della questione.

Con la sentenza che si annota, si affronta la questione se la violazione di norme dello statuto di un ente consortile costituito fra enti locali possa costituire violazione di norma di regolamento, rilevante ai fini della commissione del delitto di abuso d'ufficio 1. La soluzione adottata è nel senso di escludere che le norme succitate abbiano natura regolamentare sia sotto il profilo formale (mancanza della denominazione di regolamento) sia sotto il profilo sostanziale (stante la natura negoziale o pattizia che contraddistingue la genesi dell'ente consortile).

Si tratta di un caso per il quale non constano precedenti specifici, ma che costituisce sicuramente espressione di un principio elaborato dalla giurisprudenza penale nei primi anni successivi alla riformulazione del testo dell'art. 323 c.p. operata dalla legge 16 luglio 1997 n. 234, con la quale per l'appunto si introdusse il requisito della violazione di norma di legge o di regolamento, prima non indicato.

@2. La nozione di regolamento estrapolabile dalle fonti normative.

Per nulla univoca è in verità la nozione di regolamento, che ha assunto nel linguaggio giuridico una varietà di significati tale da rendere difficile l'estrapolazione di una nozione unitaria 2.

Una serie di provvedimenti costituenti fonti secondarie che, secondo certa dottrina 3 rivestono natura regolamentare, assumono di fatto denominazioni diverse: ordinanze, decreti, bandi, istruzioni...

Una definizione di regolamento si trova nell'art. 14 del D.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199 (disciplina dei ricorsi amministrativi), che lo qualifica come «atto amministrativo generale a contenuto normativo».

Regolamenti possono essere emanati da: a) organi statali (si veda quanto si dirà più oltre sulla legge 23 agosto 1988 n. 400);

b) regioni, province e comuni, ai quali il potere regolamentare è attribuito dall'art. 117, comma 6 della Costituzione, come modificato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3, nonché per Province e Comuni anche dalla legge 8 giugno 1990 n. 142, poi modificata con D.L.vo 18 agosto 2000 n. 267;

c) altri enti ed organi (ordini professionali, camere di commercio, aziende speciali dei comuni...).

Nel dettare una disciplina organica dell'attività di governo e dell'attività della Presidenza del Consiglio dei ministri, la legge 23 agosto 1988 n. 400 (come modificata dalla legge 59/1997 e dal decreto legislativo 300/1999) ha poi dato una classificazione di estremo interesse in materia di regolamenti emanati da organi statali. Essi infatti possono essere emanati per disciplinare:

a) l'esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi; b) l'attuazione ed integrazione delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio (escluse le materie riservate di competenza regionale);

c) le materie in cui manchi la disciplina di parti di leggi o di atti aventi forza di legge, sempre che non si tratti di materie comunque riservate alla legge;

d) l'organizzazione ed il funzionamento delle amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni dettate dalla legge;

e) l'organizzazione del lavoro ed i rapporti di lavoro dei pubblici dipendenti in base ad accordi sindacali.

Altra classificazione desumibile sempre dal predetto art. 17 della legge 23 agosto 1988 n. 400 è quella (nell'ambito dei provvedimenti normativi statali) fra: a) regolamenti normativi (adottati con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato che deve pronunziarsi entro novanta giorni dalla richiesta);

b) regolamenti adottati con decreto ministeriale (nelle materie di competenza del ministro o di autorità sottordinate al ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere);

c) regolamenti adottati con decreto interministeriale (per materie di competenza di più ministri, ferma restando la necessità di apposita autorizzazione da parte della legge).

@3. La nozione di regolamento elaborata dalla dottrina.

Mentre autorevole dottrina 4 ritiene che il termine «regolamento» rilevante ai fini dell'art. 323 c.p. non susciti particolari problemi di ordine interpretativo, essendone chiaro il significato di fonte di normazione secondaria tipica della pubblica amministrazione, altro autore 5 ritiene che la nozione di regolamento rilevante ai fini dell'art. 323 c.p. ricomprenda gli atti amministrativi a carattere generale emanati dai ministri sotto forma di mero decreto, ed anche gli statuti comunali e provinciali, in quanto atti sovraordinati ai regolamenti emanati dagli stessi enti locali. In senso contrario 6 si è escluso che abbiano rilevanza provvedimenti amministrativi quali atti generali, di programmazione o di pianificazione e le c.d. ordinanze contingibili ed urgenti, emesse da prefetti e sindaci in determinate materie (edilizia, sanità, igiene, ordine pubblico, ambiente) in situazioni eccezionali di pericolo pubblico.

Sono altresì da escludere, secondo altro autore 7, i regolamenti adottati da enti o soggetti privati ed i regolamenti interni o di organizzazione degli enti pubblici.

Altra dottrina 8 sottolinea la differenza fra regolamenti ed atti generali, avendo i regolamenti una funzione costitutiva dell'ordinamento giuridico, dettando norme destinate sempre et ad semper, fino a quando non se ne verifichi l'abrogazione, mentre gli atti ge-Page 1031nerali sono destinati ad esaurire la loro efficacia con le singole applicazioni dei medesimi.

@4. La nozione di regolamento elaborata dalla giurisprudenza civile.

Nella giurisprudenza civile 9 si è elaborata una nozione di regolamento che ne evidenzia i caratteri sostanziali: a differenza degli atti e provvedimenti amministrativi generali - che sono espressione di una semplice potestà amministrativa e sono rivolti alla cura concreta d'interessi pubblici, con effetti diretti nei confronti di una pluralità di destinatari non necessariamente determinati nel provvedimento, ma determinabili - i regolamenti sono espressione di una potestà normativa attribuita all'amministrazione, secondaria rispetto alla potestà legislativa, e disciplinano in astratto tipi di rapporti giuridici mediante una regolazione attuativa o integrativa della legge, ma ugualmente innovativa rispetto all'ordinamento giuridico esistente, con precetti aventi i caratteri della generalità e dell'astrattezza.

Si può dunque dire che caratteri generali dei regolamenti sarebbero:

a) la generalità, intesa come indeterminabilità dei destinatari;

b)...

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