Lo stalking. La donna come vittima privilegiata e le tipologie di nuova emersione

AutoreCristina Colombo
Pagine571-586

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@1. Prologo

È la cronaca degli ultimi tempi che ci porta all’esame dei casi di “molestie assillanti” presentandoli, di frequente, anche come elementi prodromici a violenze fisiche ben più gravi. Possiamo dire, con più precisione, che il fenomeno stalking ha catturato l’attenzione del pubblico soltanto negli ultimi vent’anni e soprattutto a causa di alcune molestie che hanno coinvolto personaggi pubblici. Tuttavia, le molestie sono antiche quanto la storia dell’uomo, spesso rimaste un “fatto privato” per lo più a causa delle paure della vittima che si limitava a richiedere aiuto a familiari o amici, tralasciando le vie istituzionali. In effetti, fino all’entrata in vigore della legge 38/2009 la vittima non trovava un sostanziale aiuto nelle forze dell’ordine che si limitavano ad acquisire la sua denuncia non potendo intervenire contro il molestatore in altro modo. Solo oggi la legge ha tipicizzato la fattispecie di reato e ha dato alla vittima una forza maggiore oltre che un appoggio giuridico nella lotta contro il suo molestatore. Con il d.l. n. 11 del 23 febbraio 2009, poi l. 38/09, è stato introdotto nel nostro codice penale il reato di stalking all’art. 612 bis c.p., attraverso il quale il legislatore ha inteso dettare una precisa disciplina per punire gli autori di condotte reiterate, caratterizzate da atteggiamenti molesti che possono provocare un perdurante stato di ansia e paura tale da ingenerare nella vittima un fondato timore per la propria incolumità.

Contemporaneamente agli studi in ambito forense e alle proposte di intervento a carattere legale, anche la ricerca clinica ha concentrato la sua attività sulla modalità comportamentale legata allo stalking studiando la psicologia e la psicopatologia del molestatore. Altre ricerche hanno esaminato l’impatto psicologico del fenomeno sulla vittima e l’utilizzo di misure terapeutiche utili per la vittima oltre che per il recupero dello stalker.

È opportuno evidenziare come il fenomeno sia in netta crescita tanto che diversi tipi di stalking stanno diffondendosi nella nostra società. Per esempio il cyber stalking, ovvero molestie perpetrate attraverso internet: in questo caso lo stalker cerca attenzioni ed intimità all’interno del web, incontra la vittima in una chat e, se respinto, reagisce prima con una serie di molestie di carattere telematico e poi, se scopre il modo di contattare realmente la vittima, le molestie acquistano fisicità. Si può verificare anche lo stalking economico quando l’autore, che ha urgente bisogno di denaro, agisce per appagare il suo senso di ricchezza; oppure il gang stalking, nel caso in cui più soggetti, solitamente un gruppo precostituito, per vincere la noia, prendono di mira deboli e disagiati. Ancora, lo straining, ovvero una situazione di stress “forzato” sul posto di lavoro, di cui daremo una spiegazione più approfondita nel proseguo della trattazione.

È allora evidente che bisogna allontanarsi dalla convinzione che lo stalking sia determinato solo da motivazioni inerenti la sfera amorosa-sessuale. Può avere origine anche dal desiderio di vendicarsi di un torto che il molestatore ritiene di aver subito. La vittima viene afflitta da condotte persecutorie. Lo stalker tende a seguire i propri bisogni e a negare la realtà, terrorizzando la vittima, pensando follemente di essere nel giusto. Pertanto, gli elementi fondamentali dello stalking si potrebbero ridurre a tre: l’attore della molestia o persecutore (lo stalker) che prende di mira una vittima oggetto della sua polarizzazione ideo-affettiva, la ripetitività e la persistenza nel tempo di alcuni comportamenti aventi carattere di controllo, la ricerca di contatto attraverso una serie di molestie con carattere di sorveglianza e/o di comunicazione e la persona individuata dal molestatore (stalking victim) che sente come intrusivi e sgraditi tali comportamenti, associati ad un senso di minaccia e subisce una forte pressione psicologica legata alla coazione del molestatore. Per quanto riguarda poi la modalità di attuazione due sono le strategie di illecito più diffuse: la prima include comportamenti di comunicazione intrusiva tramite posta elettronica, messaggi cartacei, doni indesiderati, ecc.; la seconda, più invadente e preoccupante per la stalking victim, comprende comportamenti di pedinamento, appostamento e comunicazioni verbali con toni violenti, ecc.

@2. Definizione di stalking

Il termine stalking, coniato nel 1997, deriva dal verbo inglese to stalk: fare la posta, cacciare in appostamento. In realtà, come vedremo, i termini adottati nelle varie lingue sono numerosi (diversi) e appartengono a contesti come quello criminologico, psichiatrico, psicologico, sociologico e legislativo: si parla di obsessional harassment, obsessional following, dioxsis, harcélement du troisiéme type”, “belaging”, “nachstellung”1. L’anglicismo, entrato ormai nel linguaggio comune, significa anche perseguitare, braccare, pedinare, seguire, termini che sembrano mutuati dal linguaggio venatorio, ma che, se riferiti all’uomo, individuano comportamenti come telefonate mute, appostamenti, offese, ingiurie, minacce, molestie, aggressioni, fino, nei casi più graVI, ad arrivare all’omicidio. L’utilizzo di un verbo come sostantivo ci dà, poi, l’idea di un “facere”, di un illecito che si protrae nel tempo.

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I primi a dare una definizione di stalking furono: l’australiano MELOY2, che lo ritenne “un comportamento ostinato di ossessivo inseguimento o molestia nei confronti di una persona che, quindi, si sente minacciata”, secondo TJADEN e THOENNES3 si tratterebbe invece di un “comportamento molesto o minaccioso che un individuo adotta in maniera ripetitiva, come il seguire una persona, comparire in casa sua o nel suo posto di lavoro, compiere molestie telefoniche, lasciar messaggi scritti o oggetti, danneggiare le proprietà della vittima”. CURCI, GALEAZZI e SECCHI4, cercando di dare un’interpretazione più completa, hanno sostenuto, poi, che: “Si può parlare di stalking solo nel momento in cui si osservano una serie di comportamenti fastidiosi, insistenti, minacciosi, sgraditi, intrusivi e ripetuti, che mirano alla ricerca di un contatto e di comunicazione nei confronti di una vittima, la quale risulta turbata da tali attenzioni che generano un senso di preoccupazione e angoscia derivante dalla paura per la propria incolumità e che, pertanto, vive in uno stato di allerta, di emergenza e di stress psicologico”. Studi e statistiche hanno dimostrato che episodi di stalking avvengono con maggior frequenza, al di fuori del ristretto mondo delle celebrità, entro le mura domestiche o nel luogo di lavoro. Si tratta di un complesso pattern comportamentale caratterizzato dalla ripetuta imposizione di “contatti” sgraditi alla vittima. L’insieme di questi comportamenti di sorveglianza e controllo, di ricerca ossessiva di contatto vengono reiterati nei confronti di una “stalking victim” prescelta.

Lo stalking è un disturbo che sostanzialmente investe la capacità di relazionarsi e comunicare con gli altri. È individuabile in una serie di atteggiamenti tenuti da un individuo che affligge un’altra persona, spesso di sesso opposto (ma non sempre), perseguitandola ed ossessionandola; l’effetto è quello di turbare la vittima, ingenerando stati d’ansia e paura, che possono anche compromettere il normale svolgimento della quotidianità. A volte, si concretizza in una vera e propria escalation persecutoria5, idonea a risolversi in un comportamento gravemente lesivo della libertà, della privacy e della tranquillità di chi lo subisce. Questi atteggiamenti spesso non si arrestano di fronte ad un tentativo di allontanamento e persino davanti ad una richiesta di aiuto alle forze dell’ordine. Il vessatore può arrivare a formulare serie minacce (di danneggiamento, lesioni, omicidio, suicidio), spingersi a fare effettivamente del male alla vittima, compiendo violenze di ogni tipo.

Seppur qualche accenno improprio al fenomeno dello stalking (altrimenti detto “sindrome del molestatore assillante”) è stato fatto - come vedremo in seguito - da CLÈRAMBAULT nel 1921 nel suo trattato (Les psychoses passionelles), che si è occupato in maniera più approfondita dell’Erotomania, lo stalking ha cominciato a destare interesse, non solo nell’opinione pubblica, ma anche da parte di alcuni studiosi della psicologia e della sociologia in seguito a certi eventi accaduti negli anni ‘80, in cui le molestie assillanti venivano indirizzate a personaggi dello spettacolo e dello sport. Tra gli altri ricordiamo le tenniste Martina Hingis e Serena Williams inseguite in tutti i tornei internazionali dai propri persecutori, le attrici Theresa Saldana pugnalata dal suo stalker a Los Angeles nel 1982 e Rebbecca Shaffer assassinata nella sua città da un persecutore nel 1989, episodi questi, che hanno ispirato, già nel 1992, la prima legge anti-stalking in California. Altre vittime sono state poi Sharon Stone, Jodie Foster, Nicole Kidman, Steven Spielberg, Uma Thurman, Madonna, David Letterman, Lindsay Lohan (oggetto dell’ossessione di Mark David Chapman, l’uomo che nel 1980 uccise John Lennon), Catherine Zeta-Jones, Pamela Anderson, Halle Berry, ed in Italia Irene Pivetti, Catherine Spaak, Michelle Hunziker, ecc.

Dopo i primi gli attacchi ai personaggi pubblici, lo stalking è diventato, purtroppo, sempre più frequente nei fatti di cronaca nera e si verifica, ormai, soprattutto nella vasta area della c.d. violenza domestica. A questo riguardo, esistono due tipi di fonti per valutare la diffusione dello stalking: le ricerche sulle vittime (da parte di istituti specializzati o statistici, come l’ISTAT) e i dati ufficiali sulla criminalità (statistiche giudiziarie). Entrambe possono fornire diverse interpretazioni circa la diffusione del fenomeno6. Il monitoraggio costante di tale crimine ne ha evidenziato una crescita esponenziale, mentre è ancora pressoché incerta la percentuale di crimini violenti connessi alla patologia soprattutto...

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