n. 278 SENTENZA 18 - 22 novembre 2013 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo 28, comma 7, della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia), promosso dal Tribunale per i minorenni di Catanzaro, sul ricorso proposto da R. M., con ordinanza del 13 dicembre 2012, iscritta al n. 43 del registro ordinanze 2013 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell'anno 2013. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 9 ottobre 2013 il Giudice relatore Paolo Grossi. Ritenuto in fatto 1.- Il Tribunale per i minorenni di Catanzaro solleva, in riferimento agli articoli 2, 3, 32 e 117, primo comma, della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 28, comma 7, della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia), come sostituito dall'art. 177, comma 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali), «nella parte in cui esclude la possibilita' di autorizzare la persona adottata all'accesso alle informazioni sulle origini senza avere previamente verificato la persistenza della volonta' di non volere essere nominata da parte della madre biologica». Premette il giudice a quo che una donna, nata nel 1963 e adottata nel 1969, esponeva di essere venuta a conoscenza della sua adozione soltanto in occasione della procedura di separazione e divorzio dal marito e che la ignoranza delle sue origini le aveva cagionato vari condizionamenti anche di ordine sanitario, limitando le possibilita' di diagnosi e cura per patologie (nodulo al seno e disturbi ricollegabili forse ad una menopausa precoce) che avrebbero dovuto comportare una anamnesi di tipo familiare. Soggiungeva la istante che non era animata da spirito di rivendicazione nei confronti della madre biologica, la quale avrebbe potuto ricevere conforto dalla conoscenza della figlia, «cosi' chiudendo un conto con il passato». Da qui, la richiesta di conoscere le generalita' della madre naturale. Il pubblico ministero aveva espresso parere favorevole, ma il Tribunale rilevava che, a fronte della possibilita' riconosciuta all'adottato che abbia compiuto i 25 anni di accedere ad informazioni riguardanti i propri genitori biologici, previa autorizzazione del Tribunale per i minorenni, tale possibilita' era invece esclusa dalla disposizione oggetto di impugnativa, ove le informazioni si riferiscano alla madre che abbia dichiarato alla nascita - come nella specie - di non voler essere nominata, ai sensi dell'art. 30, comma 1, del d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell'ordinamento dello stato civile, a norma dell'articolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127). A proposito della violazione dell'art. 2 Cost., il Tribunale osserva come la conoscenza delle proprie origini rappresenti un presupposto indefettibile per l'identita' personale dell'adottato, la quale integra un diritto fondamentale, che viene tutelato sotto il profilo della immagine sociale della persona;

vale a dire, di quell'insieme di valori rilevanti nella rappresentazione che di essa viene data nella vita di relazione. Il diritto alla identita' personale ed alla ricerca delle proprie radici e' salvaguardato dagli artt. 7 e 8 della Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, resa esecutiva con la legge 27 maggio 1991, n. 176 - che assicurano, appunto, il relativo diritto a conoscere i propri genitori ed a preservare la propria identita' - nonche' dall'art. 30 della Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, fatta a L'Aja il 29 maggio 1993, resa esecutiva con la legge 31 dicembre 1998, n. 476, la quale impone agli Stati aderenti di assicurare l'accesso del minore o del suo rappresentante alle informazioni relative alle sue origini, fra le quali, in particolare, quelle relative all'identita' dei propri genitori. Il diritto all'identita' e' stato poi di recente riaffermato e puntualizzato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, nella sentenza Godelli contro Italia del 25 settembre 2012, ove si e' affermato che, nel perimetro della tutela offerta dall'art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848, rientra anche la possibilita' di «disporre dei dettagli sulla propria identita' di essere umano e l'interesse vitale, protetto dalla Convenzione ad ottenere informazioni necessarie alla scoperta della verita' concernente un aspetto importante della propria identita' personale, ad esempio l'identita' dei genitori». Il diritto a conoscere le proprie origini contribuisce, dunque, in maniera determinante a delineare la personalita' di un essere umano e rientra, quindi, nell'ambito dei principi tutelati dall'art. 2 Cost., che nella specie risulterebbero violati: negare, infatti, a priori l'autorizzazione all'accesso alle notizie sulle proprie origini, in ragione del fatto che il genitore abbia dichiarato di non voler essere nominato, compromette il diritto all'identita' personale dell'adottato. D'altra parte - sottolinea il giudice a quo - a fronte del diritto all'anonimato, basterebbe prevedere che, in presenza della richiesta del figlio, la madre fosse posta in condizione di ribadire o meno la scelta fatta molti anni prima, non senza sottolineare come il mutamento del costume sociale non faccia piu' percepire come un disonore la nascita di un figlio fuori del matrimonio. Tale possibilita', inoltre, non presenterebbe "pericoli" maggiori neppure per la famiglia adottiva, tenuto conto delle possibilita' offerte all'adottato dai commi 5 e 6 dell'art. 28 in discorso. La logica che ne ha informato la...

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