SENTENZA Nº 201802200 di Consiglio di Stato, 01-02-2018

Presiding JudgeTROIANO PAOLO
Date01 Febbraio 2018
Published date12 Aprile 2018
Judgement Number201802200
CourtCouncil of State (Italy)
Pubblicato il 12/04/2018

N. 02200/2018REG.PROV.COLL.

N. 03784/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3784 del 2017, proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal Ministero dell'Economia e delle Finanze e dal Ministero dell'Interno, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, tutti rappresentati e difesi per legge dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma domiciliano, alla Via dei Portoghesi, n. 12;

contro

Comune di Padova, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Luca Antonini e Federica Scafarelli, con domicilio eletto presso lo studio Federica Scafarelli in Roma, via Giosuè Borsi, n. 4;

nei confronti

Comune di Verona, Comune di Pistoia, Conferenza Stato - Città e Autonomie Locali, non costituiti in giudizio;

e con l'intervento di

intervenienti ad opponendum:
Comune di Sestriere, Comune di Cesana Torinese, Comune di Claviere, Comune di Pragelato, Comune di Bardonecchia, Comune di Sauze D'Oulx, Comune di Borca di Cadore, Comune di Ovindoli, Comune di Santa Maria del Cedro, Comune di Macugnaga, Comune di Pietrasanta, Comune di Oulx, Comune di Capalbio, Comune di Castiglione della Pescaia, Comune di Campomarino, Comune di San Nicola Arcella, Comune di Pizzoferrato, Comune di Roseto Capo Spulico, Comune di Pescasseroli, Comune di Berceto, Comune di Tagliacozzo, Comune di Follonica, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, rappresentati e difesi dall'avvocato Paolo Scaparone, con domicilio eletto presso lo studio Luca Di Raimondo in Roma, via della Consulta, n. 50;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per il LAZIO – Sede di ROMA - SEZIONE I n. 2552/2017.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Padova;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 febbraio 2018 il consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Fedeli, e l’avvocato Antonini;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe appellata n. 2552 del 17 febbraio 2017 il T.a.r. per il Lazio –Sede di Roma - ha parzialmente accolto il ricorso, proposto dalla odierna parte appellata Comune di Padova volto ad ottenere l’annullamento del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 10 settembre 2015, pubblicato sulla G.U. del 5 ottobre 2015, recante "Fondo di solidarietà comunale. Definizione e ripartizione delle risorse spettanti per l'anno 2015" e di tutti gli atti ad esso presupposti, conseguenti e consequenziali tra cui il sotteso Decreto del Ministro dell’Interno del 23 giugno 2015.

2. La Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’ Economia e delle Finanze ed il Ministero dell’Interno si erano costituiti chiedendo la reiezione del ricorso,

3. Con la sentenza impugnata il T.a.r., dopo avere riepilogato in punto di fatto gli elementi essenziali della controversia ed avere dato atto delle cinque macrodoglianze proposte (illegittimità, per incostituzionalità, dell’art. 16 del d.l. n. 95/2012, per violazione dell’art. 119 della Costituzione, violazione del principio di leale collaborazione, violazione degli art. 2, 3 e 5 della Costituzione) ha innanzitutto ricostruito l’ordito normativo che costituiva presupposto della controversia, evidenziando che:

a) l’art. 1, comma 380, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, stabiliva che “Al fine di assicurare la spettanza ai Comuni del gettito dell'imposta municipale propria, di cui all'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214: … b) è istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'interno, il Fondo di solidarietà comunale che è alimentato con una quota dell'imposta municipale propria, di spettanza dei comuni, di cui al citato articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, definita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, previo accordo da sancire presso la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, (…). Corrispondentemente, nei predetti esercizi è versata all’entrata del bilancio statale una quota di pari importo dell’imposta municipale propria, di spettanza dei comuni. A seguito dell'emanazione del decreto di cui al primo periodo, è rideterminato l'importo da versare all'entrata del bilancio dello Stato. La eventuale differenza positiva tra tale nuovo importo e lo stanziamento iniziale è versata al bilancio statale, per essere riassegnata al fondo medesimo. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. Le modalità di versamento al bilancio dello Stato sono determinate con il medesimo DPCM.”;

b) in applicazione di tale disposizione era stato emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 10 settembre 2015, con il quale erano state definite e ripartite le risorse destinate al Fondo di solidarietà comunale per l’anno 2015;

c) in particolare, il decreto aveva ripartito la dotazione del fondo 2015 per l’80% attraverso il criterio delle risorse storiche e per il 20% attraverso il criterio del fabbisogni standard e delle capacità fiscali;

d) il comune originario ricorrente, dopo avere premesso di aver subito, sulla base dell’impugnato d.P.C.M., una drastica riduzione degli importi ricevuti si era doluto della circostanza che il meccanismo di riduzione dei trasferimenti statali e i criteri di redistribuzione individuati dal d.P.C.M. impugnato penalizzassero i comuni virtuosi e comunque recassero pregiudizio all’autonomia degli enti; era stato altresì sottolineato che l’autonomia finanziaria dei comuni risultava inoltre lesa, in considerazione del fatto che i trasferimenti disposti erano stati individuati ad esercizio finanziario quasi concluso, quando gli enti locali avevano ormai già sostenuto le spese e si erano richiamati gli argomenti sottesi alla ritenuta incostituzionalità dell’art. 16, comma 6, del decreto legge n. 95/2012, convertito nella legge n. 135/2012, nella parte in cui ivi non era stato previsto un termine entro il quale doveva essere emanato il suo decreto attuativo e nella parte in cui, considerando le entrate privatistiche del comune, individuava indici di riparto estranei alla capacità contributiva degli abitanti.

3.2. Nel merito, con la sentenza impugnata, il T.a.r. ha accolto il ricorso, sotto...

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