N. 21 SENTENZA 25 gennaio 2012 - 9 febbraio 2012

Sentenza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo 2-ter, undicesimo comma, della legge 31 maggio 1965, n. 575 (Disposizioni contro le organizzazioni criminali di tipo mafioso, anche straniere), promosso dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere nel procedimento penale a carico di D.M.T. ed altri con ordinanza del 3 marzo 2011, iscritta al n. 178 del registro ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell'anno 2011.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.

Udito nella camera di consiglio del 14 dicembre 2011 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi.

Ritenuto in fatto 1. - Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, seconda sezione penale, con ordinanza del 3 marzo 2011 (r.o. n. 178 del 2011) ha sollevato, per violazione degli articoli 24, primo e secondo comma, e 111 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 2-ter, undicesimo comma, della legge 31 maggio 1965, n.

575 (Disposizioni contro le organizzazioni criminali di tipo mafioso, anche straniere).

1.1. - Il Tribunale rimettente premette di essere stato investito della proposta depositata il 30 settembre 2009 con la quale il pubblico ministero presso il Tribunale di Napoli - Direzione distrettuale antimafia faceva istanza di sequestro e di successiva confisca, a norma dell'art. 2-ter, undicesimo comma, della legge n.

575 del 1965, dei beni nella disponibilita' di una persona deceduta il 3 novembre 2004. Il pubblico ministero aveva individuato, quali soggetti nei cui confronti avanzare la proposta, i successori a titolo universale del defunto, avverso il quale si era proceduto dinanzi alla Corte di assise del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere per il delitto previsto dall'art. 416-bis del codice penale;

il procedimento era stato definito con sentenza di estinzione del reato per morte del reo, pronunciata il 15 settembre 2005. La Corte di assise aveva rilevato che il decesso si era verificato dopo la formulazione delle conclusioni da parte del pubblico ministero e che non poteva trovare applicazione la previsione dell'art. 129, comma 2, del codice di procedura penale, non essendo emersa dagli atti l'evidenza di una situazione probatoria idonea a giustificare un proscioglimento nel merito; l'istruttoria aveva raffigurato, attraverso numerose dichiarazioni provenienti da collaboratori, verifiche documentali ed intercettazioni telefoniche, l'esistenza di uno stabile rapporto tra l'imputato e l'organizzazione criminale, specie nel reimpiego di capitali di provenienza illecita. Nell'ottica del pubblico ministero proponente, gli elementi emersi nel corso del dibattimento svoltosi dinanzi alla corte di assise consentivano l'attivazione del procedimento di prevenzione patrimoniale, trattandosi di nuovi elementi non valutati in un precedente procedimento definito con decreto della Corte di appello di Napoli del 24 ottobre 2001 (confermato dalla Corte di cassazione), che aveva rigettato la proposta per carenza del presupposto soggettivo di cui all'art. 1 della legge n. 575 del 1965. Quanto al profilo patrimoniale, il pubblico ministero aveva rilevato un'evidente sproporzione tra il reddito dichiarato e l'attivita' economica svolta, da un lato, e gli ingenti investimenti realizzati in vita, dall'altro; sproporzione gia' compiutamente riscontrata, nel processo penale, in sede di sequestro preventivo dei beni ex art. 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, nonche' attraverso le perizie disposte dalla corte di assise, che avevano consentito di individuare e stimare lo stato patrimoniale dell'imputato e di verificarne l'incompatibilita' con la capacita' reddituale.

1.2. - Il tribunale rimettente da' quindi atto di avere disposto il sequestro anticipato dei beni gia' nella disponibilita' del defunto e di avere fissato l'udienza per la trattazione in camera di consiglio, integrando il contraddittorio con i successori dello stesso a titolo universale. I difensori di costoro avevano contestato la sussistenza dei presupposti normativi posti a base del sequestro e, richiamate alcune pronunce della Corte di cassazione e della Corte europea dei diritti dell'uomo, avevano dedotto 'il contrasto della procedura con il principio costituzionale del 'giusto processo', in quanto implicante un accertamento incidentale della 'responsabilita' di prevenzione di un soggetto deceduto impossibilitato a difendersi rispetto alle accuse che gli verrebbero mosse', sia per la ontologica inesistenza del soggetto stesso, sia per la carenza di un sistema di rappresentanza che sia effettivo e plausibile'.

1.3. - Anche alla luce delle argomentazioni difensive, il Tribunale ritiene che la disciplina dettata dall'art. 2-ter, undicesimo comma, della legge n. 575 del 1965 presenti profili di contrasto con i principi costituzionali del diritto di difesa e del giusto processo.

Il rimettente ripercorre l'evoluzione normativa e giurisprudenziale sul rapporto tra misure di prevenzione personali e patrimoniali, prendendo le mosse dalla precedente formulazione dell'art. 2-ter citato, che contemplava un rapporto di pregiudizialita' tra le prime e le seconde, e ricorda che l'esigenza di attenuare il vincolo di stretta pregiudizialita' tra la misura di prevenzione personale e quella patrimoniale e' stata avvertita dalla giurisprudenza di legittimita' in relazione alle ipotesi di sopravvenuta morte della persona pericolosa o di cessazione della preesistente pericolosita' sociale. Il rimettente richiama, in particolare, l'orientamento espresso dalla sentenza delle sezioni unite della Corte di cassazione n. 18 del 3 luglio 1996, secondo cui la confisca dei beni rientranti nella disponibilita' di una persona proposta per l'applicazione di una misura di prevenzione personale, una volta che siano rimasti accertati i presupposti di pericolosita' qualificata della stessa, nel senso della sua appartenenza a un'associazione di tipo mafioso, e di indimostrata provenienza legittima dei beni confiscati, non viene meno a seguito della morte del proposto, intervenuta prima della definitivita' del provvedimento di prevenzione. In tale prospettiva, osserva ancora il rimettente, la giurisprudenza di legittimita' ha ritenuto che il procedimento di prevenzione patrimoniale possa essere anche iniziato in seguito alla cessazione degli effetti dell'applicazione della misura di prevenzione personale.

L'elaborazione giurisprudenziale richiamata avrebbe trovato l'avallo della disciplina positiva, visto che 'non sempre la misura patrimoniale seguiva o affiancava quella personale' (art. 2-ter, settimo e ottavo comma, della legge n. 575 del 1965) e la prospettiva tesa all'attenuazione del vincolo di pregiudizialita' tra misura di prevenzione personale e patrimoniale sarebbe stata recepita dal legislatore con l'introduzione del comma 6-bis dell'art. 2-bis e dell'undicesimo comma dell'art. 2-ter della legge n. 575 del 1965, previsioni queste che hanno accentuato 'la tendenza alla oggettivizzazione del procedimento patrimoniale antimafia'.

Nonostante tale tendenza, sottolinea il rimettente, 'il vigente sistema legislativo postula pur sempre un indefettibile collegamento con il profilo personale del soggetto cui e' riferibile la proposta di applicazione della misura di prevenzione patrimoniale, nel senso che l'ambito di applicazione del sequestro e della confisca di prevenzione deve intendersi limitato solo nei confronti del patrimonio dei soggetti indiziati di cui all'art. 1 della l. 575/65';

l'accertamento del presupposto soggettivo rappresenterebbe un passaggio obbligato per disporre la confisca prevista dall'art. 2-ter e 'tale preventiva valutazione, sia pure in via incidentale, si impone - alla luce del vigente sistema legislativo - pur nella ipotesi prevista dall'art. 2-ter, undicesimo comma, in cui la proposta di confisca venga formulata nei confronti di un soggetto gia' deceduto (entro il limite di cinque anni dal decesso)'. Con la possibilita' di attivare la procedura prevista dall'art. 2-ter della legge n. 575 del 1965 anche nelle ipotesi in cui nei confronti del soggetto deceduto non vi sia stato, in costanza di vita, 'un accertamento definitivo - in sede di prevenzione ovvero in sede penale - della pericolosita' sociale derivante dalla appartenenza ad un sodalizio mafioso', si determinerebbe, ad avviso del rimettente, 'una concreta lesione del diritto di difesa e del principio del giusto processo, apparendo evidente che nell'ipotesi di soggetto gia' deceduto la valutazione del presupposto soggettivo di cui all'art. 1 della legge 575/1965 verrebbe di fatto operata senza che sia possibile instaurare il contraddittorio con il soggetto cui tale qualifica e' attribuita'.

1.4. - Richiamata la giurisprudenza costituzionale che ha chiarito alcuni concetti essenziali del sistema delle misure di prevenzione, quali quello di pericolosita' sociale, il rimettente si sofferma sulla sentenza n. 335 del 1996 di questa Corte, che ha ribadito la compatibilita' con gli artt. 3, 42 e 112 Cost. del sistema delle misure di prevenzione (all'epoca connotato da una scelta normativa radicalmente opposta a quella perseguita nel 2008) proprio in quanto 'il legislatore era rimasto fermo nel richiedere, per l'emanazione dei provvedimenti di sequestro e confisca, un collegamento tra la cautela patrimoniale e l'esistenza di soggetti individuati, da ritenere pericolosi'; aggiunge che il tema era stato nuovamente preso in esame dall'ordinanza n. 368 del 2004, con la precisazione che 'il sistema rimaneva...

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT