Rito del lavoro e incidenti stradali. Questioni introduttive

AutoreMarcello Sinisi e Fulvio Troncone
CaricaMagistrati, foro di Napoli
Pagine493-503

    Tratto dal volume di M. SINISI, F. TRONCONE, Rito del lavoro e incidenti stradali, Tribuna Juris, Ed. La Tribuna, Piacenza 2007.


Page 493

@1. Art. 3 L. 21 febbraio 2006, n. 102:

Il tenore anodino dell'art. 3 L. 102/2006, che così suona: «Alle cause relative al risarcimento dei danni per morte o lesioni, conseguenti ad incidenti stradali, si applicano le norme processuali di cui al libro II, titolo IV, capo I del codice di procedura civile», pone all'interprete rilevanti problemi di determinazione sia di diritto intertemporale, sia dell'ambito applicativo della suddetta norma.

@@1.1. Questioni di diritto intertemporale;

La prima evidenza è la mancanza di una norma transitoria concernente i giudizi di risarcimento danni già pendenti al primo aprile 2006, vale a dire alla data di entrata in vigore della legge. Tali sono quelli nei quali la citazione sia stata notificata entro il 31 marzo 2006 (ovvero il ricorso sia stato depositato entro la detta data). Invero, secondo la dottrina (Rossetti) la dissociazione degli effetti della notificazione per il notificante ed il destinatario non trova applicazione in questa sede ove si tratta di individuare unicamente la pendenza della lite, la quale dipende unicamente dal momento in cui il procedimento notificatorio si è perfezionato per il destinatario.

Nel caso di litisconsorzio passivo, ai fini dell'individuazione della data di pendenza della lite, occorre aver riguardo alla data di perfezionamento della prima notifica in ordine di tempo, ragion per cui non rileva ai fini che occupano la mera circostanza per cui ad uno o più degli ulteriori litisconsorti la notifica risulti nulla o addirittura inesistente.

Nell'ipotesi, poi, di nullità della notificazione di un atto di citazione, effettuata prima della entrata in vigore della L. 102/2006 e rinnovata, ex art. 291 c.p.c., successivamente a tale epoca, sulla scorta di Cass. 24 gennaio 1977, n. 341; Cass. 9 ottobre 1998, n. 10008, secondo cui il rapporto processuale si instaura con una valida notifica e pertanto, nel caso sia rinnovata, gli effetti processuali non retroagiscono alla prima notifica, sì che, per stabilire qual è il giudice preventivamente adito ai fini dell'art. 39 c.p.c., occorre aver riguardo alla data della notifica rinnovata, non rilevando l'utilizzabilità dell'iscrizione a ruolo avvenuta con la prima notifica, deve ritenersi che il processo sia stato instaurato successivamente al 31 marzo 2006 e, quindi, assoggettato sicuramente alla nuova disciplina.

Si pone allora il problema di determinare la regola processuale che disciplini i giudizi già pendenti all'entrata in vigore della L. 102/2006, ovvero a partire dal primo aprile 2006, quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della norma in discorso, evento avvenuto il 17 marzo 2006.

@@1.2. Tempus regit actum;

Alcuni interpreti (Rossetti), in applicazione coerente e letterale del principio tempus regit actum, sostengono che la nuova legge processuale si applichi anche ai giudizi in corso, o, per meglio dire, a tutti gli atti del procedimento successivi alla sua entrata in vigore. In altri termini, avuto riguardo al tradizionale principio secondo cui le norme processuali sono immediatamente applicabili, il giudice sia di primo grado che di appello dovrebbe disporre, rispettivamente ai sensi degli artt. 426 e 439 c.p.c., il mutamento di rito.

Ovviamente se si sposa tale opzione ermeneutica i provvedimenti di mutamento del rito devono essere notificati alle parti contumaci (ipotesi piuttosto frequente nei procedimenti aventi ad oggetto controversie relative alla circolazione stradale con riferimento al responsabile civile) e comunque il detto mutamento non deve comportare la rimessione in termini delle parti in ordine a preclusioni già maturate ai sensi del rito sino a quel momento seguito (di modo che a preclusioni istruttorie già maturate esso si sostanzierebbe unicamente nell'adozione di un diverso modello decisorio, vale a dire la lettura del dispositivo in udienza). Se il processo si trova nella fase conclusiva, essendo già stata fissata l'udienza per la precisazione delle conclusioni, il mutamento del rito comporterà quindi soltanto l'adozione di una diversa modalità decisoria: la lettura del dispositivo in udienza, di seguito alla discussione orale, anziché lo scambio delle comparse conclusionali e delle memorie di replica. Naturalmente anche in questa ipotesi, ove vi sia almeno una parte contumace, l'ordinanza di mutamento del rito dovrà essere alla stessa notificata.

@@1.3. Tempus regit processum;

La tesi che, invece, è prevalsa in quasi tutti gli uffici giudiziari sulla scorta del principio tempus regit processum,Page 494 sostenuto con ricchezza di argomentazioni da parte della dottrina (Caponi), è quella secondo cui il nuovo rito trova applicazione solo ai procedimenti introdotti (con notifica della citazione, ovvero con deposito del ricorso) dopo il 31 marzo 2006.

Tale opinione trova conforto nelle seguenti argomentazioni:

- la novella non introduce modificazioni a singole disposizioni, bensì un nuovo archetipo processuale per l'epigrafata tipologia di controversie, dacché non è conforme al dettato costituzionale un mutamento radicale delle regole processuali in pendenza di giudizio che, appunto, in dispregio all'art. 111 Cost., produrrebbe inevitabili ritardi nella trattazione e definizione delle controversie già pendenti;

- gli artt. 426, 427 c.p.c. non sono disposizioni di diritto intertemporale, per essere esse unicamente volte a porre rimedio ad una errata individuazione del rito applicabile;

- l'art. 5 c.p.c. esprime un principio di ordine generale, nel senso della insensibilità del processo, inteso nella sua globalità, allo ius superveniens;

- l'art. 11 disp. prel. c.c., secondo un certo orientamento espresso anche dalla Corte di Cassazione, esprime il principio del c.d. affidamento legislativo;

- quando il legislatore ha inteso imporre l'applicabilità di nuove norme ai processi in corso lo ha disposto con norma transitoria, come avvenuto per il processo del lavoro, disciplinato dalla L. 533/73, il cui art. 20, primo comma, prevede che le norme previste dalla presente legge sono applicabili anche ai giudizi in corso al momento della sua entrata in vigore.

Merita, sotto questo profilo, menzione la pronuncia resa dalla Corte di Appello di Torino, Terza Sezione Civile in data 19 maggio 2006:

  1. - La Corte,esaminati gli atti, sciogliendo la riserva formulata, premesso che la difesa delle parti appellate, dopo aver ipotizzato a pagina 3 della sua comparsa costitutiva un mutamento di rito a cui il presente procedimento sarebbe soggetto per effetto dell'art. 3 della legge 21 febbraio 2006, n. 102, all'udienza di prima comparizione del 19 maggio 2006 ha ulteriormente insistito al riguardo; premesso che in data 1 aprile 2006 è entrata in vigore la legge 21 febbraio 2006, n. 102 (pubbl. su G.U. n. 64 del 17 marzo 2006) recante «Disposizioni in materia di conseguenze di incidenti stradali» il cui art. 3 recita testualmente: «Alle cause relative al risarcimento dei danni per morte o lesioni conseguenti ad incidenti stradali si applicano le norme processuali di cui al libro II, titolo IV, capo I del codice di procedura civile.»; premesso altresì che tale legge non contiene alcuna norma transitoria relativa all'applicabilità o meno delle sue disposizioni ai giudizi attualmente in corso, in primo o in secondo grado; considerato che tale circostanza ha innescato un ampio dibattito circa l'applicabilità del rito speciale così individuato per la materia del «risarcimento dei danni per morte o lesioni conseguenti ad incidenti stradali» ai giudizi già pendenti alla data dell'1 aprile 2006; rilevato, in particolare, che la presente causa risulta radicata sia in primo grado, sia in secondo grado, in data anteriore all'entrata in vigore della legge sopra citata; ritenuto che l'ambigua formulazione dell'art. 11 delle disposizioni preliminari al codice civile, che esclude l'efficacia retroattiva della legge, non contenga elementi certi a sostegno della tesi dell'operatività immediata delle norme processuali implicanti l'applicazione di un intero sistema di regole (id est: un rito) ai processi già instaurati al momento della sua entrata in vigore; ritenuto, per contro, che dall'art. 5 c.p.c., pur specificamente dettato solo in punto momento determinativo della competenza e della giurisdizione, sia lecito evincere un principio tendenzialmente generale nel senso della insensibilità del processo - globalmente inteso - allo jus superveniens; considerato inoltre che il Legislatore nelle precedenti occasioni in cui ha deciso di introdurre un rito speciale, fra l'altro caratterizzato da decadenze e preclusioni, ossia con la legge 11 luglio 1973, n. 533 in tema di controversie di lavoro e previdenziali e con la legge 26 novembre 1990, n. 353 introduttiva all'art. 74 dell'art. 447 bis c.p.c. in tema di controversie in materia di locazioni, affitto e comodato, ha dettato una specifica norma transitoria (l'art. 21 della legge 533/1973 e l'art. 90 della legge 353/1990) rivolta a sancire espressamente l'immediata applicabilità del nuovo rito speciale alle controversie in corso; considerato che la dichiarata intenzione del Legislatore del 2006 era quella di proteggere le vittime degli incidenti stradali, con l'introduzione di una tutela giurisdizionale più rapida ed efficiente dei loro diritti; rilevato, per contro, che secondo l'unanime opinione dei commentatori, sia in dottrina, sia nella società civile, l'applicazione del rito speciale ai giudizi in corso, con le inevitabili esigenze di conversione del rito e la necessità di complessi adempimenti burocratici e procedurali (si pensi alla necessità di notificazione ai soggetti rimasti contumaci scaturente dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 14 del 4 gennaio 1977), lungi dal contribuire al perseguimento dei citati obiettivi, non farebbe che ritardare e complicare l'iter...

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