Problemi applicativi e prassi giurisprudenziali sulla motivazione dell'ordine del questore di lasciare il territorio dello stato ad un cittadino extracomunitario non in regola con il permesso di soggiorno

AutoreMassimiliano Calderani
Pagine587-590

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Tra i molti argomenti che segnano la travagliata applicazione delle norme penali in tema di immigrazione e permesso di soggiorno quello che recentemente si è manifestato in maniera più intensa, tanto da costituire oramai un radicato contrasto giurisprudenziale, è quello in merito alla motivazione dell'ordine del Questore di lasciare il territorio dello Stato all'immigrato non in regola con il permesso di soggiorno.

È noto che in base all'attuale normativa sull'immigrazione - frutto delle modifiche apportate dalla legge 30 luglio 2002 n. 189 e dalla legge 12 novembre 2004 n. 271 (di conversione, con modificazioni, del D.L. 14 settembre 2004 n. 241) al T.U. introdotto con il D.L.vo 25 luglio 1998/286 - l'espulsione dello straniero, una volta decretata dal prefetto, dovrebbe essere eseguita immediatamente, mediante l'accompagnamento alla frontiera per mezzo della forza pubblica. Quando ciò non fosse possibile - sempre per i motivi tassativamente indicati dallo stesso articolo e cioè quando occorra procedere al soccorso dello straniero, quando occorra procedere alla sua completa identificazione e quando non venga reperito il mezzo idoneo a provvedere all'allontanamento dello straniero - l'interessato dovrebbe essere trattenuto, il tempo necessario, all'interno di un centro di permanenza (art. 14 del D.L.vo n. 286/1998).

Lo stesso art. 14 del D.L.vo n. 286/1998 al quinto comma bis prevede come ipotesi alternativa, ma subordinata e quindi residuale all'impossibilità di trattenere lo straniero presso un centro di permanenza, l'ordine del questore, territorialmente competente, di lasciare il territorio dello Stato entro il termine perentorio di cinque giorni decorrenti dalla notifica del provvedimento stesso. Al fine di assicurare l'effettività di tale provvedimento amministrativo di natura precettiva-ordinatoria è stata configurata una fattispecie delittuosa penalmente sanzionata, ossia l'art. 14 comma 5 ter, posta a carico di chi «senza giustificato motivo si trattiene nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine impartito dal questore» 1.

Prima di affrontare la problematica sottesa alla motivazione dell'ordine del questore appare necessario evidenziare che il presupposto preliminare della sussistenza di tale fattispecie delittuosa è la legittimità del provvedimento amministrativo. Infatti, l'eventuale condanna di «disobbedienza» all'ordine impartito dal questore ha come presupposto indefettibile che tale ordine sia legittimo e quindi lecito. A conferma di quanto affermato si richiama la giurisprudenza prevalente che, a chiare lettere, ha statuito che l'art. 14 comma 5 ter sia considerato una sorta di species all'interno dei comportamenti che in generale disattendono un precetto di comando di natura amministrativa e che sono, quindi, riconducibili all'interno del genus dell'art. 650 c.p. Pertanto, appare doveroso per il giudice penale «verificare la legittimità del provvedimento amministrativo presupposto del reato, sia sotto il profilo sostanziale, sia sotto quello formale, con riferimento a tutti e tre i vizi tipici che possono determinare l'illegittimità degli atti amministrativi e cioè violazione di legge, incompetenza ed eccesso di potere» 2.

Pertanto il giudice penale deve controllare ex officio la legittimità dell'atto presupposto del reato (rectius: precetto extrapenale integrativo della fattispecie incriminatrice) a prescindere dalla circostanza che l'interesse ad impugnare il provvedimento amministrativo non coincida con quello ad impugnare la sentenza penale.

La questione che si pone con maggiore frequenza, nella pratica giudiziaria, in riferimento al principio generale sopra evidenziato, riguarda la problematica della legittimità del provvedimento adottato dal questore sotto il profilo dell'adeguatezza della motivazione. In particolare si chiede quale sia il contenuto minimo della motivazione e quali siano gli elementi sufficienti ad integrarla.

Secondo il contenuto letterale dell'articolo 14 del D.L.vo n. 286/1998 l'ordine del questore dovrebbe essere impartito sul doppio presupposto dell'inattuabilità di un accompagnamento immediato alla frontiera e dell'impossibilità di un trattenimento presso un centro temporaneo di accoglienza. In sostanza si discute se sia sufficiente - ai fini della legittimità dell'atto amministrativo sotto il profilo della sufficienza e dell'adeguatezza della motivazione - la mera enunciazione dei criteri che in astratto dovrebbero governare l'esercizio della Page 588 potestà amministrativa o se piuttosto siano necessari elementi aggiuntivi, che valgono in qualche modo a dare conto delle circostanze effettivamente apprezzate nel caso concreto, in modo tale da costituire una eterogenea motivazione sotto il profilo formale e sostanziale.

Esiste un primo orientamento di larga tolleranza nei confronti di prassi motivazionali approssimative e, quindi, di estremo rigore nei confronti degli stranieri che disobbediscano alle relative intimazioni. Si è osservato, a giustificazione di questa prassi restrittiva, come il questore non eserciterebbe una propria e autonoma discrezionalità amministrativa, ma sarebbe una sorta di longa manus del prefetto, in quanto si limiterebbe ad adottare un provvedimento per lui inevitabile, una volta constatata l'oggettiva impossibilità di trattenere lo straniero o di espellerlo manu militari. Non vi sarebbe, di conseguenza, alcuna necessità di una motivazione che ecceda i presupposti che in astratto rendano impossibile l'accompagnamento coattivo alla frontiera o il trattenimento forzato in un centro di permanenza 3, in quanto solo il provvedimento espulsivo prefettizio deve essere corredato da un'adeguata motivazione circa i presupposti applicativi.

In sostanza si è negato che il questore debba dare conto, nel proprio provvedimento, delle verifiche concretamente compiute per escludere la possibilità di soluzioni alternative come, a puro titolo esemplificativo, i contatti con i centri di permanenza temporanea: ciò perché «tali indagini sono demandate all'autorità amministrativa, che potrà svolgerle con le modalità più appropriate» 4.

In altre sentenze, sempre della prima sezione della Corte di cassazione, ancora si ritiene che sia solo necessario che l'autorità enunci la ricorrenza dei presupposti per il provvedimento adottato, senza che sia richiesta una descrizione dell'attività compiuta per verificarla 5.

Tali decisioni si segnalano anche per ulteriori argomenti di volta in volta richiamati a supporto di tale orientamento restrittivo. Invero, per talune pronunce 6 l'ordine questorio di lasciare il territorio dello Stato italiano costituirebbe, per lo straniero, una modalità meno gravosa e allo stesso tempo maggiormente rispettosa del suo diritto di libertà rispetto all'accompagnamento coattivo o al trattenimento presso un centro di permanenza temporanea. Infatti tutte queste pronunce, a prescindere dalla specificità di ciascuna di essa, hanno una medesima ratio sottesa, in quanto tutte tendono a mettere in risalto un presunto disinteresse dello straniero a sindacare sulla motivazione del questore...

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