Primi quesiti interpretativi in merito al sistema sanzionatorio del c.d. Decreto «ronchi»

AutoreGiuseppe Moscatt
Pagine898-903

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@1. Il caso di specie, nel quadro del rinnovato apparato sanzionatorio

Sul finire dello scorso decennio, le rotte del Mediterraneo erano attraversate da una flotta di navi che la stampa definì «navi dei veleni», portatrici di un volume non indifferente di scorie industriali, anche radioattive, in cerca di siti, non di meno d'area marina, ove scaricare, oppure stoccare merci altamente inquinanti; situazione che mise ben presto in allarme l'opinione pubblica europea 1.

Sembrava, così, che fosse giunto al capolinea il faticoso cammino del trattamento dei rifiuti varato con il D.P.R. n. 915/82, normato a seguito di svariate direttive comunitarie emanate a cavallo degli anni '70 2.

In via di urgenza, si assistette al classico profluvio normativo che abbondantemente segue ogni evento preoccupante in materia di ambiente: qui, basta citare, limitatamente ai profili penali di cui ci occupiamo in questa sede, il sistema sanzionatorio previsto dal D.L. 9 settembre 1988, n. 397, convertito con modifiche nella L. 9 novembre 1988, n. 475, in materia di smaltimento di rifiuti industriali, regolato dall'art. 9 octies, dove la fattispecie criminosa riguardava la mancata denuncia annuale di detti rifiuti e la loro importazione, l'immissione di contenitori e imballaggi privi di requisiti previsti dal Ministero dell'ambiente nel mercato interno, nonché la mancata ottemperanza agli obblighi relativi al registro di carico e scarico, menzionati nello stesso decreto, ma derivati dall'art. 19 del D.P.R. 915/82. La caratteristica, però, comune a tutte le fattispecie criminose ivi descritte, consisteva nella natura contravvenzionale, la quale si affiancava alla già collaudata disciplina di natura delittuosa cui si rifaceva il sistema penale annesso alle norme racchiuse nelle disposizioni del D.P.R. n. 915 più volte citato 3.

Com'è noto, il D.P.R. n. 22/97, peraltro revisionato dal D.P.R. n. 389/97 e, più di recente, dalla legge 9 dicembre 1998, ha rinnovato l'intero apparato sanzionatorio connesso alla gestione di tutti i rifiuti, introducendo un regime san-Page 899zionatorio a base amministrativa e riducendo non pochi delitti al rango di contravvenzioni, annettendo precipuo rilievo alla legge 689 del 1981, che riconfigurò il sistema penale anche dal punto di vista dell'illecito amministrativo 4.

Prima, però, di fornire un quadro d'insieme del nuovo apparato sanzionatorio, ci preme ricostruire i termini della vicenda processuale premessa, anche per poi meglio comprendere le linee guida apportate dalla riforma «Ronchi» - dal nome del Ministro dell'ambiente che era in carica al momento della pubblicazione dei vari provvedimenti or ora menzionati - dei notevoli quesiti che esso pone e che hanno imposto, finora, ben due interventi rivolti a modificare la stesura originale 5.

Orbene, il piccolo imprenditore incorso nell'accertamento del nucleo operativo ecologico dei carabinieri, opponeva al pretore alcune eccezioni fondate, principalmente, sull'erronea applicazione di un comma rispetto ad un altro dell'art. 52 del decreto Ronchi, la cui stesura subirà un profondo rimaneggiamento col D.P.R. n. 389, ma che nella formulazione del decreto n. 22/97 preludeva ai drammatici quesiti ancora pendenti. Infatti, se il comma secondo sanzionava - come ancora sanziona - colui che ometteva, o sostanzialmente annotava in modo incompleto il movimento dei rifiuti nel registro di carico e scarico, con sanzioni pecuniarie differenziate a seconda della natura pericolosa o non pericolosa dei rifiuti prodotti; il comma quarto, con formula più ambigua, riduceva grandemente le sanzioni pecuniarie, qualora le indicazioni previste nel modello di registro o di formulario, fossero «formalmente incomplete o inesatte, ma contenessero tutti gli elementi indispensabili per ricostruire le informazioni dovute per legge» 6.

In sede amministrativa, la tesi dell'applicazione di quest'ultimo comma è stata respinta, poiché alcuni documenti cartacei ed informatici - dischetto presentato alla camera di commercio, per effetto della legge n. 70/94 7 e i vari formulari di identificazione del trasporto di detti rifiuti 8 - non vennero ritenuti sufficienti per ricostruire i dati mancanti del registro. Ma di diverso parere è stato il pretore, il quale ha accolto l'opposizione e di conseguenza ha ridotto la sanzione amministrativa, poi definitivamente adempiuta.

Qui cogliamo uno dei punti critici dell'articolo sanzionatorio, che riprenderemo in seguito. Intanto, è opportuno ritornare sul tessuto normativo, frutto dell'intrecciarsi e del sovrapporsi di regole sostanziali e processuali e il cui continuo arricchimento non può non comportare numerosi dubbi interpretativi 9. Senza dubbio, la disposizione più complessa è quella dell'art. 52: rubricato con l'indicazione «violazione degli obblighi di comunicazione e di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari»; distingue quattro categorie di illecito, con la relativa sanzione pecuniaria, introduce non poche deroghe all'elemento oggettivo dell'illecito; dispone una considerevole diminuente in presenza di elementi connessi alla situazione dell'impresa coinvolta, riduce gradualmente la sanzione al quarto comma, nei limiti di quanto sopra anticipato.

Il primo comma: il soggetto attivo è lo stesso che ha l'obbligo annuale della dichiarazione dei rifiuti prevista dall'art. 11, comma terzo - vale a dire, i produttori di rifiuti, i gestori (vettori e raccoglitori), i commercianti e gli intermediari; nonché i recuperatori e gli smaltitori - l'attività illecita, invece, consiste nella presentazione incompleta od inesatta, dal punto di vista però sostanziale, vale a dire priva dei requisiti di obiettiva qualificazione e quantificazione del genere di rifiuto, sia pericoloso o meno. La sanzione oscilla da un minimo di 5 milioni, ad un massimo di 10 milioni. Con integrazione dovuta al decreto 389, si è sanzionato più blandamente - da lire 50.000 a lire 300.000 - la presentazione del modello unico di dichiarazione effettuata in ritardo, e cioè entro 60 giorni dalla scadenza fissata dalla legge n. 70 del 1994, il 30 giugno di ogni anno, considerato che il termine di legge è il 30 aprile e che il 1° maggio è giorno festivo iniziale che non va computato.

Il secondo comma: rappresenta il comma più controverso per il volume di prescrizioni, per l'ampio spettro di elementi costitutivi del precetto, per la presenza di una consistente diminuente, per la menzione di una notevole misura interdittiva e per sanzioni amministrative elevate, sia che si tratti di rifiuti pericolosi che di rifiuti non pericolosi. Iniziando dal soggetto attivo, non possiamo che ribadire le categorie indicate in occasione dell'esame del primo comma, anche se non emerge con chiarezza se le esenzioni di cui all'art. 11, comma terzo - imprenditori agricoli con un giro di affari annuo non superiore ai 15 milioni e piccoli imprenditori commerciali ex art. 2083 c.c., per i rifiuti non pericolosi, con non più di tre dipendenti - si estendono alla tenuta del registro di cui all'art. 12, tema oggetto di successive riflessioni.

La condotta criminosa, invece, si esplica in due modalità operative: l'omissione di tenuta, ovvero la tenuta in modo incompleto, del registro di carico e scarico di tutti i rifiuti prodotti, fattispecie da tenere ben distinta dalle figure delineate nel successivo quarto comma, il quale, come vedremo, disegna incompletezze od inesattezze di natura meramente formale. Esaminando, poi, la sanzione, diversificata per l'entità e la banda di oscillazione in ragione dell'oggetto movimentato nel registro - da 30 milioni a 180 milioni se rifiuti pericolosi, da 5 milioni a 30 milioni se non pericolosi - va rilevato che il D.L.vo n. 389, intervenuto ad integrazione del D.L.vo n. 22/97, ha introdotto una consistente diminuente obbligatoria: invero, le sanzioni predette subiscono una cospicua riduzione se le imprese sanzionate occupano un numero di dipendenti occupati inferiore alle 15 unità - da lire 2 a 12 milioni per i rifiuti non pericolosi e da lire 4 milioni a 24 milioni per i rifiuti pericolosi - calcolati «con riferimento al numero di dipendenti occupati a tempo pieno durante un anno, mentre i lavoratori a tempo parziale e quelli stagionali rappresentano frazioni di unità lavorative annue; ai fini predetti l'anno da prendere in considerazione è quello dell'ultimo esercizio contabile approvato», formulazione fra le più complesse ed ambigue dell'intero decreto.

Nondimeno, il secondo comma dispone come sanzione accessoria amministrativa la sospensione da un mese ad un anno dalla carica rivestita dal soggetto responsabile dell'infrazione e dell'amministratore - rectius, dalla carica di amministratore - sanzione evidentemente assai gravosa per gli effetti concreti che può ben produrre e sulla cui automaticità ritorneremo in sede critica.

Il terzo comma: il soggetto attivo è il vettore di rifiuti senza il formulario di identificazione di cui all'art. 15 del decreto, ovvero indica nel formulario medesimo dati sostanzialmente incompleti od inesatti. Peraltro, che la disposizione riguardasse i rifiuti non pericolosi si evince dal prosieguo della norma, quando si assoggetta alla pena prevista per il delitto di cui all'art. 483 del codice penale - falsità ideologica dal privato in atto pubblico - il caso del vettore privo di formulari o con dati incompleti ed inesatti, nonché al caso di chi, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione, e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti, alla stessa pena soggiace chi fa usi di un certificato falso durante il trasporto; ma se ne fa uso quando il mezzo Page 900 è fermo, quid iuris? (sanzione amministrativa pecuniaria da lire 3 milioni a lire 18 milioni).

Il quarto comma: la disposizione posta a chiusura dell'art. 52 non è meno articolata e priva di profili critici. Infatti, si afferma che se le indicazioni previste nei documenti di...

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