N. 43 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 dicembre 2010

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 9920 del 2007, proposto da: Francesco Bellomo,

Roberto Giovagnoli, rappresentati e difesi dagli avv. Sergio Fidanzia, Angelo Gigliola, con domicilio eletto presso Sergio Fidanzia in Roma, viale Bruno Buozzi, 109; contro Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, rappresentato e difeso dall'Avvocatura, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; Presidenza del Consiglio dei Ministri; nei confronti di Giambartolomei Giancarlo, Carena Vito, Atzeni Manfredo; per l'annullamentodella deliberazione Consiglio di Presidenza della Giustizia amministrativa del 15 giugno 2007 con cui si riconosce l'anzianita' di cinque anni nella qualifica di Consigliere di TAR ai controinteressati; di tutti gli altri antecedenti, preordinati e connessi;

Visto il ricorso coni relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Consiglio di Presidenza della Giustizia amministrativa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 giugno 2010 il cons.

Cecilia Altavista e uditiper le parti i difensori come specificato nel verbale;

Con istanza del 6 marzo 2007 i consiglieri di Stato Giancarlo Giambartolomei, Vito Carella e Manfredo Atzeni, nominati con decreto del Presidente della Repubblica del 20 luglio 2006, chiedevano al Consiglio di Presidenza il riconoscimento della anzianita' maturata quali consiglieri di Tribunale amministrativo regionale o, in subordine, il riconoscimento dell'anzianita' di cinque anni, ai sensi dell'art. 23, comma 5 della legge n. 186 del 27 aprile 1982, come gia' fatto dal Consiglio con delibera del 3 novembre 2004, peri consiglieri di Stato Giancarlo Tavarnelli, Bruno Rosario Polito,

Carlo Visciola, Eugenio Mele nominati con d.P.R. del 23 giugno 2003.

Con delibera del 15 giugno 2007 il Consiglio di Presidenza accoglieva la richiesta nel limite del riconoscimento dei cinque anni di anzianita';

Avverso tale delibera e' stato proposto il presente ricorso n.

9920 del 2007 da consiglieri di Stato, entrati in servizio con decorrenza 31-12-2005 formulando le seguenti censure:

violazione e falsa applicazione dell'art. 23 comma 5 della legge n. 186 del 27 aprile 1982; violazione dei principi generali che presiedono alla interpretazione degli atti normativi;

eccesso di potere per difetto di istruttoria; travisamento di fatti; difetto di motivazione; violazione e falsa applicazione dell'art. 3 della legge n. 241 del 1990; contraddittorieta' manifesta; illogicita';

violazione dei principi generali che presiedono alla votazione segreta degli organi collegiali; eccesso di potere;

All'udienza pubblica del 16 giugno 2010, il ricorso e' stato trattenuto in decisione.

La delibera impugnata e' basata sulla norma dell'art. 23 comma 5 della legge n. 186 del 1982, che riconosce l'anzianita' nella qualifica di consigliere maturata nei ruoli dei tribunali amministrativi regionali nel limite di cinque anni. Tale norma prevede:'salvo quanto previsto nel quarto comma del precedente articolo 21 (ovvero per l'anzianita' maturata ai fini della nomina a presidente di sezione di Tar), i primi referendari e referendari dei tribunali amministrativi regionali in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge conservano, all'atto della nomina a consigliere di Stato, l'anzianita' acquisita nella qualifica di consigliere di tribunale amministrativo regionale nel limite di cinque anni, fatta salva la valutazione degli effetti economici e prendono posto nel ruolo secondo la predetta anzianita''.

La lettera della norma e', pertanto, riferita esclusivamente ai referendari e primi referendari in servizio alla data di' entrata in vigore della legge, per il che , il sindacato di questo giudice non potrebbe ad altro concludere, in stretta applicazione della legge, se non nel senso di una pronunzia di annullamento della delibera impugnata.

Essendo, infatti, stabilita una precisa del imitazione di data per l'operativita' del riconoscimento di anzianita' di cui in oggetto, non sussiste alcuna possibile interpretazione estensiva, ne' alcuna ipotizzabile lettura costituzionalmente orientata, che conduca ad evitare l'annullamento della delibera impugnata, con attribuzione del beneficio richiesto.

Il Collegio ritiene, dunque, necessario, ai fini del decidere, sollevare la questione di' legittimita' costituzionale dell'art. 23 comma 5 della legge n. 186 del 27 aprile 1982.

La questione si presenta, infatti, rilevante, nel caso di specie.

La questione e', altresi', non manifestamente infondata.

Si deve considerare che il sistema complessivo di organizzazione della Giustizia amministrativa, a causa di varie stratificazioni normative, prive di razionale coordinamento, comporta, in ordine alla strutturazione della carriera dei magistrati amministrativi, la illogicita' del costrutto generale risultante dall'attuale apparato legislativo.

In esso si configura una singolare ed inusitata fisionomia della carriera di' magistratura che prospetta, nella disorganica successione delle leggi, seri problemi di compatibilita' degli assetti venuti in essere, rispetto alla funzione esercitata ed, altresi', rispetto alle norme costituzionali.

Cio' deriva da fattori genetici dei Tribunali amministrativi, in quanto, al tempo della Legge 1034 del 6 dicembre 1971, istitutiva degli organi di primo grado, il modello organizzatorio adottato, comportava una difficile trasferibilitadel modulo Consiglio di Stato ai nuovi organi, posto che ivi sussisteva una struttura articolata su magistrati di nomina governativa e magistrati di carriera, entrambi chiamati all'esercizio di funzioni consultive e giurisdizionali profili questi che invece non esistevano presso i Tribunali di primo grado.

La ricerca di un criterio di armonizzazione tra le due componenti, sicuramente eterogenee, si era concretata in uno schema che rifletteva il fattore differenziale tra i due plessi di magistratura,ed aveva pur tentato di contemperare tale differenziazione, attraverso strumenti di salvaguardia, che tuttavia potevano riguardare essenzialmente la prima fase della vita dei nuovi organi , ma non potevano prevedere le future sopravvenienze legislative e le profonde innovazioni nella strutturazione delle carriera, successivamente introdotte.

Prima fra tutte, l'abolizione del referendariato presso il Consiglio di Stato, cio' che avrebbe comportato rilevanti squilibri nei rapporti tra Tar e Consiglio di Stato, secondo quanto verra' in prosieguo esammato.

A seguito della emanazione della Legge 27 aprile 1982, n. 186, con gli artt. 6, 19, 23, 50, sono state introdotte rilevanti innovazioni nelle carriere, sia presso il Tar che presso il Consiglio di Stato, ma che, tuttavia , non sembrano essere state coerenti con una organica armonizzazione rispetto al pregresso portato normativo della legge n. 1034/71, che conservava pressoche' integrale vigenza, nonostante talune contraddizioni con le nuove norme.

Itribunali amministrativi regionali, in base all'art. 6 della legge n. 186 del 1982 , restano, come per il passato , composti da:

presidenti di tribunale, consiglieri, primi referendari e referendari ma, nel contempo sono state abolite le corrispondenti qualifiche di referendario e primo referendario presso il Consiglio di Stato, composto, quindi, dopo il 1982, di soli consiglieri. Ai sensi dell'art. 19 della legge n. 186 ,un quarto delle disponibilita' e' riservato alle nomine governative ed un ulteriore quarto alla copertura mediante concorso pubblico per titoli ed esami teorico-pratici. Gli ulteriori posti che si rendono vacanti nella qualifica di consigliere di Stato sono conferiti, in ragione della meta', ai consiglieri di tribunale amministrativo regionale con almeno quattro anni di effettivo servizio nella qualifica.

I magistrati dichiarati idonei assumono la qualifica di consigliere di Stato, conservando, unicamente agli effetti del quarto comma dell'articolo 21 (quindi, ai fini della nomina a presidente di Tar), l'intera anzianita' maturata nella qualifica di consigliere di tribunale amministrativo regionale.

In base all'art. 21 della legge 1034 i consiglieri, sia dei Trlunali che del Consiglio di Stato, conseguono la nomina alle qualifiche direttive, al compimento di otto anni nella qualifica, essendo precisato che la anzianita' maturata dai suddetti Consiglieri presso i Tribunali viene valutata, come detto, nella sua interezza unicamente ai fini dell'accesso alla Presidenza dei Tribunali amministrativi regionali, ma non per la nomina a Presidente di Sezione del Consiglio di Stato.

Si e' introdotta, pertanto, una divaricazione di carriera che considera la anzianita' maturata presso i Tar come parametro differenziale, a seconda che si debbano coprire posti direttivi presso i Tar ovvero presso il Consiglio di Stato e che , pur essendo comunque considerati equivalenti, attraverso il richiamo all'art. 14 n. 2 della medesima legge n. 186 (che appunto stabilisce che 'sono magistrati con funzioni direttive' sia i Presidenti di sezione presso il Consiglio di Stato, sia i Presidenti di Tar') configurano un regime di accesso che penalizza gli uni nel trasferimento alle qualifiche direttive presso il Consiglio di Stato e gli altri nella assunzione delle presidenze presso i Tar.

E' evidente che tale singolare struttura delle carriere, attualmente in atto, comporta conseguenze non solo nel momento della assunzione di incarichi direttivi, ma e' causa, a monte, di' squilibri nelle inferiori qualifiche che, quindi, si riverberano, in prosieguo di carriera, e proprio nella prospettiva del passaggio alle funzioni direttive, ovunque esercitate.

Ed e' in questo senso che l'art. 23, per cui e' causa, determina una evidente disparita' di trattamento al momento dell'accesso al Consiglio di Stato tra quanti si sono avvalsi del beneficio recato dalla norma e quanti altri non possono avvalersene per mero fattore...

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