n. 38 SENTENZA 23 gennaio - 6 marzo 2019 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 2, della legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l'attuazione dell'articolo 68 della Costituzione nonche' in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato), promosso dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Bologna, nel procedimento penale a carico di C.A. G. e altri, con ordinanza del 3 maggio 2017, iscritta al n. 162 del registro ordinanze 2017 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell'anno 2017. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 23 gennaio 2019 il Giudice relatore Nicolo' Zanon. Ritenuto in fatto 1.- Con ordinanza del 3 maggio 2017, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Bologna ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 2, della legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l'attuazione dell'articolo 68 della Costituzione nonche' in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato), per violazione dell'art. 68, terzo comma, della Costituzione, nella parte in cui prevede che il giudice chieda alla Camera, alla quale il parlamentare appartiene o apparteneva, l'autorizzazione anche all'utilizzo dei tabulati telefonici acquisiti a carico di terzi. 1.1.- Riferisce il rimettente che, nel corso del procedimento penale nei confronti, tra gli altri, del senatore C.A. G., il pubblico ministero ha chiesto la fissazione dell'udienza prevista dall'art. 6 della legge n. 140 del 2003, affinche' il GIP, valutata la necessita', richieda al Senato della Repubblica l'autorizzazione, tra l'altro, all'utilizzo dei tabulati del traffico telefonico delle utenze in uso ad alcuni indagati, nei quali compaiono contatti con il senatore C.A. G. Premette ancora il rimettente che il pubblico ministero ipotizza a carico del senatore C.A. G. i reati di cui agli artt. 338, 336 e 326 del codice penale, aggravati dall'art. 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152 (Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalita' organizzata e di trasparenza e buon andamento dell'attivita' amministrativa), convertito, con modificazioni, in legge 12 luglio 1991, n. 203, che si assumono commessi in concorso con funzionari della Prefettura di Modena e di altre pubbliche amministrazioni, diversi soggetti privati, e A. B., imputato del reato di cui agli artt. 110 e 416-bis cod. pen. in altro procedimento. Secondo l'accusa, il senatore C.A. G. si sarebbe avvalso della propria influenza politica e delle sue conoscenze all'interno della Prefettura di Modena, al fine di condizionare l'attivita' del Gruppo Interforze Ricostruzione Emilia Romagna (d'ora in avanti: GIRER), organo incaricato di svolgere l'istruttoria preordinata alla formulazione dell'elenco degli appaltatori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa, per le opere di ricostruzione nelle zone colpite dal sisma del 20 e 29 maggio 2012 (cosiddetta white list). In particolare - sempre secondo l'accusa - egli avrebbe svolto illecite pressioni perche' tale organo modificasse gli orientamenti negativi gia' espressi nei confronti della B. C. srl e della ditta individuale di A. B., pur conoscendo i rapporti di quest'ultimo con M. B., esponente di spicco di un'associazione criminale. Riferisce ancora il rimettente che l'attivita' di indagine e' stata condotta, tra l'altro, attraverso operazioni di intercettazione telefonica e di acquisizione dei dati del traffico telefonico di diversi soggetti, alcuni dei quali in servizio presso la Prefettura di Modena, in base all'ipotesi che questi ultimi operassero come trait d'union tra i B. e il GIRER, per tentare di condizionarne l'azione. Alcuni di tali soggetti sarebbero risultati in contatto con il senatore C.A. G. Ritenendo di poter acquisire da questi riscontri documentali elementi di prova a sostegno dell'accusa, il pubblico ministero ha chiesto al GIP di valutarne la «necessita'», ai fini della richiesta di autorizzazione all'utilizzo secondo quando disposto dall'art. 6, comma 2, della legge n. 140 del 2003. 1.2.- Nell'argomentare in punto di rilevanza, ricorda il rimettente che la disposizione censurata prevede che il GIP chieda l'autorizzazione all'utilizzo di intercettazioni o tabulati nei confronti del parlamentare qualora lo «ritenga necessario»;

che, secondo la giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 74 del 2013 e n. 188 del 2010), il criterio della «necessita'» impone di indicare, «da un lato, le specifiche emergenze probatorie fino a quel momento disponibili e, dall'altro, la loro attitudine a fare sorgere la "necessita'" di quanto si chiede di autorizzare»;

che tale necessita' deve essere «motivata in termini di non implausibilita'», ossia di coerenza con l'impianto probatorio acquisito nel corso delle indagini. Tanto premesso, ritiene il giudice a quo che le informazioni acquisite dall'esame dei tabulati dispieghino una indubbia coerenza funzionale rispetto all'ipotesi di accusa, secondo la quale il senatore C.A. G. avrebbe indebitamente speso la propria influenza per ottenere provvedimenti favorevoli all'impresa B. C. srl e all'impresa I., che della prima sarebbe mera replica, cosi' turbando la regolare attivita' dell'organo collegiale. Poiche' sulla base di tale indagine, sarebbero stati accertati plurimi rapporti tra A. B., il viceprefetto M. V. e il senatore C.A. G., il rimettente conclude di dover chiedere al Senato della Repubblica l'autorizzazione all'utilizzo dei dati contenuti nei tabulati acquisiti. 1.3.- Ritiene, tuttavia, il GIP del Tribunale di Bologna che l'art. 6, comma 2, della legge n. 140 del 2003 si ponga in contrasto con l'art. 68, terzo comma, Cost. Quest'ultima disposizione - ricorda il rimettente - e' volta a proteggere il parlamentare «da illegittime interferenze giudiziarie sull'esercizio del suo mandato rappresentativo» al fine di garantire la piena autonomia decisionale dell'assemblea legislativa, non, invece, l'interesse del singolo parlamentare in ipotesi pregiudicato dal compimento dell'atto, interesse che potra' trovare tutela in altre disposizioni di rango costituzionale (sul punto, sono menzionate le sentenze n. 74 del 2013 e n. 390 del 2007). Nel contempo, esso introduce un regime differenziato di acquisizione della prova in ragione dello status di parlamentare, cosi' derogando al principio di parita' di trattamento rispetto alla giurisdizione, ossia a un principio che si colloca «alle origini della formazione dello Stato di diritto» (sentenza n. 24 del 2004). Ne dovrebbe logicamente conseguire - ad avviso del rimettente - che nella disciplina delle prerogative parlamentari il legislatore ordinario e' «vincolato ad attuare il dettato costituzionale», restandogli invece «preclusa ogni eventuale integrazione o estensione» (sentenza n. 262 del 2009), dovendo l'art. 68 Cost. essere interpretato «nel senso piu' aderente al testo normativo» (cosi', ancora, sentenze n. 74 del 2013 e n. 390 del 2007). Ricorda ancora sul punto il giudice a quo che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 262 del 2009, ha specificamente affermato che «la disciplina delle prerogative contenuta nel testo della Costituzione de(ve) essere intesa come uno specifico sistema normativo, frutto di un particolare bilanciamento e assetto di interessi costituzionali;

sistema che non e' consentito al legislatore ordinario alterare ne' in peius ne' in melius». L'art. 6, comma 2, della legge n. 140 del 2003, invece, la cui applicazione e' richiesta dal pubblico ministero...

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