n. 272 SENTENZA 22 novembre - 18 dicembre 2017 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 263 del codice civile, promosso dalla Corte d'appello di Milano nel procedimento civile vertente tra A.L. C. ed il curatore speciale di L.F. Z., con ordinanza del 25 luglio 2016, iscritta al n. 273 del registro ordinanze del 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4, prima serie speciale, dell'anno 2017. Visti gli atti di costituzione di A.L. C. e del curatore speciale di L.F. Z., nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella udienza pubblica del 21 novembre 2017 il Giudice relatore Giuliano Amato;

uditi gli avvocati Grazia Ofelia Cesaro, nella qualita' di curatore speciale di L.F. Z., e Francesca Maria Zanasi per A.L. C. e l'avvocato dello Stato Chiarina Aiello per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto 1.- Nel corso di un procedimento di impugnazione del riconoscimento di figlio naturale per difetto di veridicita', la Corte d'appello di Milano ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 263 del codice civile, in riferimento agli artt. 2, 3, 30, 31 e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (d'ora in avanti: CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848. La disposizione e' censurata nella parte in cui non prevede che l'impugnazione del riconoscimento del figlio minore per difetto di veridicita' possa essere accolta solo quando sia rispondente all'interesse dello stesso. 2.- Il giudizio a quo ha ad oggetto l'appello avverso la sentenza con cui il Tribunale ordinario di Milano - in accoglimento della domanda proposta ai sensi dell'art. 263 cod. civ. dal curatore speciale di un minore, nominato dal Tribunale per i minorenni - ha dichiarato che lo stesso minore non e' figlio della donna che lo ha riconosciuto. La vicenda sottoposta all'esame della Corte d'appello di Milano trae origine dalla trascrizione del certificato di nascita formato all'estero, relativo alla nascita di un bambino, riconosciuto come figlio naturale di una coppia di cittadini italiani, i quali - nell'ambito delle indagini avviate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni - avrebbero ammesso il ricorso alla surrogazione di maternita', realizzata attraverso ovodonazione. Il giudice a quo riferisce che, pertanto, su iniziativa della stessa Procura della Repubblica, e' stato avviato il procedimento per la dichiarazione dello stato di adottabilita', il quale si e' concluso con dichiarazione di non luogo a provvedere, avendo i genitori contratto matrimonio ed essendo risultata certa, in base al test eseguito sul DNA, la paternita' biologica di colui che ha effettuato il riconoscimento. Riferisce il giudice rimettente che, su richiesta del pubblico ministero, il Tribunale per i minorenni di Milano ha autorizzato, ai sensi dell'art. 264, secondo comma, cod. civ., l'impugnazione del riconoscimento del figlio naturale effettuato da A.L. C., nominando a tal fine un curatore speciale del minore. In accoglimento di tale impugnazione, il Tribunale ordinario di Milano ha dichiarato che il minore non e' figlio di A.L. C., disponendo le conseguenti annotazioni a cura dell'ufficiale di stato civile. Il giudice a quo riferisce che la decisione di primo grado si e' fondata sulla disposizione di cui all'art. 269, terzo comma, cod. civ., e sulla considerazione che, nel caso in esame, il rapporto di filiazione dal lato materno non potrebbe essere dedotto dal contratto per la fecondazione eterologa con maternita' surrogata, da ritenersi invalido per contrarieta' della legge straniera all'ordine pubblico, ai sensi dell'art. 16 della legge 31 maggio 1995, n. 218 (Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato). 2.1.- Cio' premesso, la Corte d'appello evidenzia che nel caso in esame l'atto di nascita comprovante la genitorialita' del minore e' gia' stato trascritto in Italia e che, pertanto, e' estranea al thema decidendum la questione della trascrivibilita' in Italia di atti di nascita formati nei paesi che consentono la maternita' surrogata. Nel caso in esame, infatti, non e' richiesta la trascrizione di uno status filiationis riconosciuto all'estero, bensi' la rimozione di uno status gia' attribuito, in considerazione della sua non veridicita'. 2.1.1.- Quanto al divieto di maternita' surrogata previsto dall'art. 12 della legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita), il giudice a quo ritiene che lo stesso potrebbe porsi in contrasto con i principi costituzionali, laddove riferito ad ipotesi di gestazione "relazionali" o "solidaristiche", non lesive della dignita' della donna, ne' riducibili alla logica di uno scambio mercantile, ma caratterizzate da intenti di pura solidarieta'. Tuttavia, osserva il rimettente, anche tale questione risulta estranea alla vicenda in esame, in quanto la surrogazione di maternita' e' avvenuta al di fuori di un contesto relazionale e non sarebbe ravvisabile una condizione di liberta' della donna che ha portato a termine la gravidanza. 2.2.- La Corte d'appello prospetta, invece, una diversa questione di legittimita' costituzionale, che pone al centro l'interesse del bambino, nato a seguito di surrogazione di maternita' realizzata all'estero, a vedersi riconosciuto e mantenuto uno stato di filiazione quanto piu' rispondente alle sue esigenze di vita. Il dubbio di costituzionalita' sollevato dal rimettente attiene, in particolare, all'art. 263 cod. civ., nella parte in cui non prevede che l'impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicita' possa essere accolta solo laddove sia ritenuta rispondente all'interesse del minore. 2.2.1.- Rammenta il giudice a quo che la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 263 cod. civ. e' gia' stata ritenuta non fondata dalla sentenza n. 112 del 1997, sull'assunto che l'impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicita' sia ispirata al «principio di ordine superiore che ogni falsa apparenza di stato deve cadere». In quella occasione, asserisce il rimettente, la Corte ha individuato nella verita' del rapporto di filiazione un valore necessariamente da tutelare, con la precisazione che la finalita' perseguita dal legislatore consisterebbe proprio nell'attuazione del diritto del minore all'acquisizione di uno stato corrispondente alla realta' biologica. Analoghi principi sarebbero stati ribaditi dalle sentenze n. 170 del 1999 e n. 216 del 1997, nonche' dall'ordinanza n. 7 del 2012. Alla stregua di tali rilievi, il giudice a quo esclude soluzioni ermeneutiche che consentano di considerare, nella cornice dell'art. 263 cod. civ., la specifica situazione del minore al fine di privilegiare una soluzione che realizzi il suo concreto ed effettivo interesse. La mancanza di un riferimento normativo all'interesse del minore, nel richiamato indirizzo interpretativo da considerare quale "diritto vivente", si porrebbe in contrasto con i principi di particolare tutela che la Costituzione e la CEDU assicurano ai minori. 2.3.- La questione avrebbe incidenza attuale nel giudizio di impugnazione promosso dal curatore speciale ai sensi dell'art. 263 cod. civ. Infatti, nel caso in esame, le norme inderogabili che definiscono e disciplinano la genitorialita', ed in particolare la maternita', non consentirebbero a madre e figlio di vedersi riconosciuto tale legame giuridico, se non per il tramite dell'adozione in casi particolari, nel presupposto che l'interesse del minore, di cui lo stesso curatore e' portatore, debba identificarsi nel favor veritatis. Viceversa, ove fosse consentita una valutazione in concreto dell'interesse del minore, non coincidente col favor veritatis, esso potrebbe essere misurato anche alla stregua di altri profili, riguardanti le particolari modalita' della nascita, la possibilita' di altro legame giuridico, certo e ugualmente tutelante, con la madre intenzionale, e tutte le circostanze, anche relative al rapporto con la madre intenzionale, emerse nella fattispecie in esame. 2.4.- Il giudice rimettente richiama i principi enunciati dalla Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176;

dalla Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli, fatta a Strasburgo il 25 gennaio 1996, ratificata e resa esecutiva con legge 20 marzo 2003, n. 77;

dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007, che all'art. 24, secondo comma, sancisce il principio della necessaria preminenza dell'interesse del minore. Dovrebbero considerarsi, inoltre, le Linee guida del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa per una giustizia a misura di minore, adottate il 17 novembre 2010, nella 1098ª riunione dei delegati dei ministri. Il riferimento, ivi contenuto, al superiore interesse del minore andrebbe inteso come ricerca di una soluzione che garantisca l'effettiva attuazione, non di un interesse astratto e preconcetto, bensi' del best interest, cioe' dell'interesse concreto di "quel" minore che, nel singolo caso sottoposto a valutazione, e' destinatario di un provvedimento. La Corte d'appello osserva che anche la recente giurisprudenza di merito attribuisce rilievo al concreto interesse del minore in tema di relazioni familiari. In particolare, sono richiamate quelle pronunce che hanno ammesso la trascrizione nei registri dello stato civile di atti stranieri attributivi della genitorialita' alla madre intenzionale, a seguito di accordi di maternita' surrogata (Corte d'appello di Bari, sentenza 13 febbraio 2009) o di un atto di nascita, formato all'estero, del figlio di una coppia di donne, nato con donazione del gamete maschile e trasferimento...

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