Massimario di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine393-429

    I testi dei documenti qui riprodotti sono desunti dagli Archivi del Centro elettronico di documentazione della Corte di cassazione. I titoli sono stati elaborati dalla redazione.


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@Abuso d'ufficio - Atti posti in essere dal commissario ad acta nominato dal giudice amministrativo - Sindacabilità da parte del giudice penale - Sussistenza

In tema di abuso di ufficio, gli atti posti in essere dal commissario ad acta nominato dal giudice amministrativo non si sottraggono al sindacato incidentale di legittimità del giudice penale, ben potendo il delitto in questione essere perpetrato attraverso la dolosa distorsione a fine di utilità privata della funzione giurisdizionale.

    Cass. pen., sez. VI, 7 luglio 1999, n. 8631 (ud. 26 marzo 1999), Palumbo ed altri. (C.p., art. 323). [RV214682]


@Abuso d'ufficio - Elemento psicologico - Altrui danno ingiusto - Assunzione della qualifica di persona offesa da parte del privato

Quando il reato di abuso di ufficio sia commesso per arrecare «ad altri un danno» è lesa oltre che la sfera giuridica della pubblica amministrazione anche quella del privato: in tal caso il reato è plurioffensivo, con la conseguenza che la persona offesa dal reato ha il diritto di ricevere l'avviso di richiesta di archiviazione.

    Cass. pen., sez. VI, 27 maggio 1999, n. 1147 (c.c. 31 marzo 1999), Testa G. e altri. (C.p., art. 323; c.p.p., art. 408). [RV214749]


@Abuso d'ufficio - Estremi - Amministratori comunali che acquisiscano un immobile alla mano pubblica mediante contratto di acquisto dal privato - Insussistenza del reato

Poiché in base all'art. 323 c.p. (nel testo introdotto dall'art. 1 della legge 16 luglio 1997, n. 234) si deve escludere rilevanza penale a quei comportamenti che non si concretino in violazioni di legge o di regolamento, non ricorrono gli estremi del reato nel comportamento di amministratori comunali i quali, al fine di evitare gli indugi della procedura espropriativa, acquisiscano un immobile scegliendo la procedura contrattuale con il privato. (Nella specie si era addivenuti alla stipulazione di un contratto in forza del quale si pattuiva l'acquisto dell'immobile dietro pagamento di un prezzo in misura corrispondente a quello di cui all'art. 17 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, nel testo sostituito dall'art. 14 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, pari al triplo della normale indennità di espropriazione - spettante, in sede espropriativa, solo a proprietari coltivatori diretti - pur nella consapevolezza da parte dei pubblici amministratori che i venditori non rivestivano tale qualità).

    Cass. pen., sez. VI, 24 giugno 1999, n. 8191 (ud. 26 aprile 1999), Negrato G. e altri. (C.p., art. 323). [RV214765]


@Abuso d'ufficio - Estremi - Rilascio di concessione edilizia in violazione degli strumenti urbanistici - Configurabilità

La normativa sulla costruzione di opere pubbliche in vista dei mondiali di calcio non deroga ai vincoli urbanistici relativamente alla realizzazione di strutture turistico-alberghiere a carattere privatistico. (Fattispecie in tema di abuso di ufficio concernente il rilascio di concessione edilizia per la ristrutturazione di un albergo in zona per la quale gli strumenti urbanistici prevedevano la possibilità di soli interventi di manutenzione e consolidamento).

    Cass. pen., sez. VI, 7 luglio 1999, n. 8631 (ud. 26 marzo 1999), Palumbo ed altri. (C.p., art. 323). [RV214683]


@Abuso d'ufficio - Estremi - Rilascio di concessione edilizia in violazione del piano regolatore - Configurabilità del reato

In tema di abuso di ufficio, il rinvio della legge 17 agosto 1942, n. 1150 agli strumenti urbanistici comporta che la condotta illecita del sindaco che rilasci una concessione edilizia contro le disposizioni del piano regolatore, si configuri come violazione di legge, senza che si possa ritenere violato il principio di stretta legalità vigente nella materia penale, il quale non è leso quando un provvedimento amministrativo svolga una funzione integrativa rispetto a elementi normativi del fatto né quando il precetto penale assuma una funzione sanzionatoria rispetto a detto provvedimento, sempre che sia la legge a indicare i presupposti, il contenuto, i caratteri e i limiti dello stesso.

    Cass. pen., sez. VI, 24 giugno 1999, n. 8194 (ud. 11 maggio 1999), Fravili M. (C.p.p., art. 323; L. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 10; L. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 31). [RV214767]


@Abuso d'ufficio - Nuova formulazione - Differenza rispetto alla disciplina previgente - Conseguenze

In tema di abuso d'ufficio, l'art. 1 della legge 16 luglio 1997, n. 234, che ha sostituito l'art. 323 c.p., ha ancorato la configurabilità della condotta materiale alla violazione di leggi o di regolamenti, così da circoscrivere univocamente in ambiti definiti i presupposti del comportamento punibile. Ne consegue che, mentre nel sistema previgente, nel silenzio della legge assumevano rilievo, ove la condotta si fosse estrinsecata nell'adozione di provvedimenti amministrativi illegittimi, sia l'incompetenza, sia l'eccesso di potere, sia la violazione di legge, nell'attuale sistema ai fini della condotta di abuso rilevano soltanto la violazione di norme di legge o di regolamento e l'inosservanza del dovere di astensione in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti (quindi, al di là della violazione di leggi o di regolamenti ora vigenti).

    Cass. pen., sez. III, 15 ottobre 1999, n. 11831 (ud. 1 settembre 1999), Todaro ed altri. (C.p., art. 323; L. 16 luglio 1997, n. 234, art. 1). [RV214554]


@Acque pubbliche e private - Inquinamento - Insediamenti civili o produttivi - Autolavaggio

L'attività di autolavaggio non può considerarsi insediamento civile, ma va considerata attività industriale, siccome attività di esecuzione di un servizio in forma professionale ed organizzata, atta a scaricare rifiuti liquidi di natura inquinante.

    Cass. pen., sez. III, 1 ottobre 1999, n. 11295 (ud. 25 giugno 1999), Zompa M. ed altro. (L. 10 maggio 1976, n. 319, art. 21; D.L.vo 11 maggio 1999, n. 152). [RV214632]


@Acque pubbliche e private - Inquinamento - Scarichi - Autorizzazione

Lo scarico di reflui nel comprensorio lagunare veneto, effettuato dopo avere presentato la domanda di autorizzazione, ma prima di averla ottenuta, deve ritenersi penalmente sanzionato dall'art. 9, comma sesto, della legge 16 aprile 1973 n. 171.

    Cass. pen., sez. III, 8 settembre 1999, n. 2504 (c.c. 8 luglio 1999), P.M. in proc. Aidone A. (L. 16 aprile 1973, n. 171, art. 9). [RV214446]


@Acque pubbliche e private - Inquinamento - Scarichi - Impianto di depurazione

In materia di tutela delle acque dall'inquinamento, anche la normativa di cui al decreto legislativo 11 maggio 1999 n. 152, conferma che l'impianto di depurazione comunale deve essere autorizzato, che deve rispettare determinati valori limite delle emissioni, che esso è equiparato ad un impianto industriale.

    Cass. pen., sez. III, 1 ottobre 1999, n. 11301 (ud. 25 giugno 1999), Ferraris F. (D.L.vo 11 maggio 1999, n. 152). [RV214462]


@Acque pubbliche e private - Inquinamento - Scarichi - Scarico da depuratore comunale

In materia di tutela delle acque dall'inquinamento l'equiparazione del depuratore comunale ad uno scarico produttivo agli effetti dell'art. 21 della legge 10 maggio 1976 n. 319 non si giustifica né sul piano formale, perché l'art. 6, comma 2, del D.L. 17 marzo 1995 n. 79, convertito con legge 17 maggio 1995 n. 172, aggiungendo un ultimo comma al citato art. 21, ha equiparato, assoggettandoli a sanzione amministrativa, gli scarichi civili e quelli delle pubbliche fognature (equiparazione cui fa riscontro la contrapposizione, sotto il profilo dell'inosservanza dei limiti di accettabilità, con gli scarichi produttivi, per i quali soltanto è comminata la sanzione penale); né su quello sostanziale, in quanto ai fini della distinzione tra un tipo e l'altro di scarico non rileva il modo di gestione, ma la natura di esso, che ne giustifica l'assimilabilità, stante la circostanza che lo scarico fognario convoglia abitualmente scarichi civili.

    Cass. pen., sez. III, 1 ottobre 1999, n. 11273 (ud. 24 maggio 1999), D'Ambrosio G. (L. 10 maggio 1976, n. 319, art. 21; D.L. 17 marzo 1995 n. 79 art. 6). [RV214459]


@Appello penale - Cognizione del giudice di appello - Capi della sentenza e punti della decisione - Nozione

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In tema di cognizione del giudice di appello, nella locuzione «punti della decisione ai quali si riferiscono i motivi proposti» di cui all'art. 597 primo comma c.p.p. debbono ricomprendersi non solo i «punti della decisione» in senso stretto, e cioè le statuizioni suscettibili di autonoma considerazione nell'ambito della decisione relativa ad un determinato reato, ma anche quelle riguardanti capi della sentenza che sebbene non investiti in via diretta con i motivi - che riguardano altro reato - risultino tuttavia legati con i primi da un vincolo di connessione essenziale logico-giuridica. (Nella fattispecie la Corte ha ritenuto esistente la connessione logico-giuridica tra la statuizione di responsabilità impugnata con l'appello e riguardante il delitto di uso di patente falsificata, e il punto relativo alla contravvenzione di guida senza patente; ha pertanto ritenuto la Corte che l'imputato, contestando la responsabilità in ordine al primo reato sotto il profilo dell'insussistenza del fatto, necessariamente contestava anche di aver guidato sprovvisto di valida patente di guida. Conseguentemente, risultando implicitamente investita anche in relazione alla contravvenzione, la corte di appello avrebbe dovuto dichiarare l'estinzione del reato per prescrizione).

    Cass. pen., sez. V, 17 novembre 1999, n. 13281 (ud. 27 ottobre 1999), Kardhigi. (C.p.p., art. 59). [RV214719]


@Appello penale - Cognizione del giudice di appello - Reformatio in peius - Ambito di applicazione

Il divieto della reformatio in peius che, nel caso di imputazione...

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