Massimario
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I testi dei documenti qui riprodotti sono desunti dagli Archivi del Centro elettronico di documentazione della Corte di cassazione. I titoli sono stati elaborati dalla redazione
Rivista penale 3/2018
Massimario
Abusivo esercizio di una professione
■ Professione sanitaria – Attività di psicoterapeuta – Im-
piego di metodologie diverse da quelle proprie della pro-
fessione.
Integra il reato di esercizio abusivo della professione di psico-
terapeuta qualunque attività, svolta da un soggetto non qualifi-
cato, che, a prescindere dall’impiego di una delle metodologie
proprie di tale professione, abbia come presupposto la diagnosi
di disturbi psichici del paziente e come obbiettivo la loro cura. F
Cass. pen., sez. VI, 22 agosto 2017, n. 39339 (ud. 28 giugno 2017),
Moccia (c.p., art. 348). [RV271083]
Abuso d’ufcio
■ Estremi – Abuso d’ufficio commesso mediante falso
ideologico in atto pubblico – Assorbimento del reato di
abuso in quello di falso.
Sussiste concorso materiale, e non assorbimento, tra il reato di
falso in atto pubblico e quello di abuso d’ufficio nel caso in cui
la condotta di abuso non si esaurisce nella falsificazione, e la
falsità in atti è strumentale alla realizzazione del reato di cui
all’art. 323 cod. pen., di cui costituisce una parte della più ampia
condotta. F Cass. pen., sez. V, 6 ottobre 2017, n. 45992 (ud. 7
luglio 2017), Jelen (c.p., art. 323; c.p., art. 479). [RV271073]
Appropriazione indebita
■ Circostanze aggravanti – Abuso di prestazione d’opera
– Appropriazione indebita di bene noleggiato.
Non è configurabile la circostanza aggravante dell’abuso di pre-
stazione d’opera in relazione all’appropriazione indebita di un
bene noleggiato, in quanto a tal fine deve sussistere un rapporto
negoziale che sia caratterizzato dall’attività prestata da un sog-
getto a favore dell’altro e in ragione del quale si crei fra le parti
un rapporto di fiducia che abbia facilitato la commissione del
reato. F Cass. pen., sez. II, 21 luglio 2017, n. 36113 (ud. 27 giugno
2017), Secci (c.p., art. 61; c.p., art. 646). [RV271003]
Armi e munizioni
■ Armi clandestine – Detenzione e porto di arma clande-
stina – Concorso di reati.
I reati di detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubbli-
co di un’arma clandestina - in virtù dell’operatività del principio
di specialità - non possono concorrere, rispettivamente, con i
reati di detenzione e porto illegale, in luogo pubblico o aperto al
pubblico, della medesima arma comune da sparo. (La Suprema
Corte, in motivazione, ha precisato che l’operatività del princi-
pio di specialità presuppone l’unità naturalistica del fatto e che,
pertanto, resta impregiudicata la possibilità del concorso tra i
suddetti reati qualora l’agente ponga in essere una pluralità di
condotte nell’ambito di una progressione criminosa, nella quale,
alla detenzione o al porto illegale di un’arma comune da sparo,
segua, in un secondo momento, la fisica alterazione dell’arma
medesima). F Cass. pen., sez. un., 12 settembre 2017, n. 41588
(ud. 22 giugno 2017), La Marca (l. 2 ottobre 1967, n. 895, art. 2;
l. 2 ottobre 1967, n. 895, art. 4; l. 2 ottobre 1967, n. 895, art.
7; l. 18 aprile 1975, n. 110, art. 23; c.p., art. 15). [RV270902]
Associazione per delinquere
■ Associazione di tipo mafioso – Circostanza aggravante
di cui all’art. 7, D.L. 13 maggio 1991, n. 152 – Rilevanza.
In tema di associazione di tipo mafioso, non è esclusa la respon-
sabilità per tale reato nell’ipotesi in cui - nei confronti dello stes-
so imputato - non sia stata raggiunta la prova della configurabi-
lità dell’aggravante di cui all’art. 7, D.L. 13 maggio 1991, n. 152 in
relazione alla commissione di reati - fine, dal momento che non
ogni reato commesso dai partecipanti al sodalizio criminoso è
necessariamente compiuto con l’impiego del metodo mafioso o
per agevolare l’organizzazione medesima. F Cass. pen., sez. II, 21
luglio 2017, n. 36107 (ud. 16 maggio 2017), Ciccia ed altri (c.p.,
art. 416 bis; d.l. 13 maggio 1991, n. 152, art. 7). [RV271030]
■ Associazione di tipo mafioso – Circostanza aggravante
di cui all’art. 7, D.L. n. 152 del 1991 – Disciplina della pre-
scrizione prevista per i reati di cui all’art. 51, comma 3 bis
e 3 quater c.p.p., dall’art. 160, comma 3, c.p.
In materia di reati aggravati ex art. 7 D.L. n. 152 del 1991, conv. in
legge n. 203 del 1991, trova applicazione la disciplina della pre-
scrizione disposta dall’art. 160, comma terzo, cod. pen., che per
i reati di cui all’art. 51, comma 3-bis e 3-quater, cod. proc. pen.,
non prevede un termine massimo di prescrizione; ne consegue
che in questi casi la prescrizione matura soltanto se, da ciascun
atto interruttivo, sia decorso il termine (minimo) di prescrizione
fissato dall’art. 157, cod. pen., e, pertanto, in presenza di plurimi
atti interruttivi, è potenzialmente suscettibile di ricominciare a
decorrere all’infinito. F Cass. pen., sez. II, 7 settembre 2017, n.
40855 (ud. 19 aprile 2017), P.G. in proc. Giampà e altri (c.p., art.
157; c.p., art. 160; c.p.p., art. 51; d.l. 13 maggio 1991, n. 152,
art. 7). [RV271164]
■ Associazione di tipo mafioso – Partecipazione – Assun-
zione della qualifica di "uomo d’onore".
Il reato di partecipazione ad associazione di tipo mafioso si con-
suma nel momento in cui il soggetto entra a far parte dell’orga-
nizzazione criminale, senza che sia necessario il compimento,
da parte dello stesso, di specifici atti esecutivi della condotta il-
lecita programmata, poichè, trattandosi di reato di pericolo pre-
sunto, per integrare l’offesa all’ordine pubblico è sufficiente la
dichiarata adesione al sodalizio con la c.d. «messa a disposizio-
ne», in quanto idonea ad accrescere, per ciò solo, la potenziale
capacità operativa ed intimidatoria dell’associazione criminale.
F Cass. pen., sez. II, 31 maggio 2017, n. 27394 (ud. 10 maggio
2017), Pontari e altri (c.p., art. 416 bis). [RV271169]
■ Estremi – Compimento di atti violenti e di minaccia –
Integrazione del metodo mafioso.
Ai fini della configurabilità del reato di associazione di tipo
mafioso è necessario che l’associazione abbia già conseguito,
nell’ambiente in cui opera, un’effettiva capacità di intimidazio-
ne esteriormente riconoscibile, che può discendere dal compi-
mento di atti anche non violenti e non di minaccia, che, tuttavia,
richiamino e siano espressione del prestigio criminale del sodali-
zio. (In motivazione, la Corte ha precisato che gli eventuali atti di
violenza e minaccia posti in essere da un’associazione di nuova
formazione al fine di acquisire sul territorio la capacità di inti-
midazione, in quanto precedenti all’assoggettamento omertoso
della popolazione e strumentali a strutturare il prestigio crimina-
le del gruppo, sono atti esterni ed antecedenti rispetto alla confi-
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