Licenza temporanea di costituzionalità per la sospensione degli sfratti: un passato che non vuole passare

AutoreElena Bellandi
Pagine789-790

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La situazione la conosciamo tutti, ed è quella che è: la relativa liberalizzazione dei contratti di locazione abitativa disposta dalla legge n. 431/1998 ha rifondato il mercato delle locazioni anche nelle zone a maggiore tensione, ma i vincoli di durata tuttora esistenti anche nello schema contrattuale libero, sono causa innegabile di una certa tensione dei canoni che vengono spinti ad un livello che riesce ad essere a stento remunerativo per i proprietari-locatori, e nel contempo difficilmente accessibile per talune fasce della popolazione. Il cuneo fiscale pensa poi al resto. Per queste fasce disagiate che subiscono limitazioni alla accessibilità ad un bene primario quale l'abitazione, non ci sono efficienti strumenti di assistenza pubblica, come edilizia pubblica a canone politico o simbolico, e come il fondo di cui all'art. 13 della legge n. 431/1998 tuttora in carenza di finanziamenti: niente di meglio, allora, che, previa individuazione abbastanza cervellotica dei disagiati - dovrebbero valere il reddito del nucleo familiare diviso pro capite con operazione di splitting e la capacità lavorativa, mentre l'età non c'entra -, sospendere l'esecuzione degli sfratti nei confronti dei conduttori ultrasessantacinquenni o handicappati ed in difficile situazione economica, trasferendo a carico dei proprietari l'onere di assistere queste categorie di bisognosi quanto al soddisfacimento della specifica necessità abitativa. Meglio ancora se la sospensione viene disposta inizialmente per periodi brevi, e poi per periodi di maggior durata.

Ora, se la proprietà ha anche una funzione sociale (che non equivale ad assistenziale), una sospensione, anche dopo cinquanta anni di vincoli e di proroghe 1, non farebbe scandalo e potrebbe anche essere doverosa. Ma vediamo come stanno le cose realmente. La prima sospensione dei procedimenti esecutivi per rilascio di immobili abitativi, fu disposta dall'articolo 80, comma 22, della legge 23 dicembre 2000 n. 388 (legge finanziaria per il 2001) in favore dei conduttori ultrasessantacinquenni o handicappati ed in disagiate condizioni economiche, fino al 30 giugno 2001; termine prorogato, senza soluzione di continuità, al 31 dicembre 2001 dal D.L. 2 luglio 2001 n. 247 convertito con legge 4 agosto 2001 n. 332; ed al 30 giugno 2002 dall'art. 1 D.L. 27 dicembre 2001 n. 450 convertito con legge 27 febbraio 2002 n. 14; ed al 30 giugno 2003 (quindi non più di sei mesi, ma addirittura di un anno) dal D.L. 20 giugno 2002 n. 122, convertito dalla legge 1 agosto 2002, n. 185; in ultimo nuovo rinvio al 30 giugno 2004 disposto dal decreto legge 24 giugno 2003, n. 147, convertito dalla legge 1 agosto 2003, n. 200; fine, per ora.

È quindi accaduto che, con la sentenza che si annota, questa sequenza di proroghe è passata tra le maglie - sempre più larghe, quando si tratta di locazioni - della giustizia costituzionale che, con malcelato fastidio, ad otto mesi dalla discussione della questione, ha liquidato la questione sollevata dal Tribunale di Firenze, dando atto della oggettiva compressione dei diritti del locatore da parte delle leggi che impediscono l'attuazione di una pronuncia giudiziale e riconoscendo l'inadempienza dei pubblici poteri (sentenza, paragrafi 3 e 4) nella predisposizione di efficaci meccanismi assistenziali, ma giustificando tale compressione dei diritti di proprietà e di difesa in giudizio dei propri diritti, con la sua temporaneità ed eccezionalità.

Ora, il commentatore vorrebbe scacciare dalla mente l'immagine di una giustizia costituzionale minore rispetto a quella maggiore (alla quale il locatore - che, magari da anni, attende di disporre della casa per il figlio - non ha accesso) che si prodiga nello scrutinio immediato dei così detti «lodi» la cui attuazione coinvolge altissime autorità, ma che accantona e sbriga le questioni ritenute (a torto?) secondarie, con motivazioni apparenti di...

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