Brevi note sulla competenza per il reato di lesioni colpose gravi e gravissime, commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale

AutoreStefano Fratucello
CaricaAvvocato - Dottore di ricerca in procedura penale presso l'Università di Ferrara
Pagine49-51

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La sentenza annotata si segnala per essere la prima pronuncia di legittimità che tenta di dare risposta ad uno dei molti dubbi interpretativi suscitati dalla legge 21 febbraio 2006, n. 102: quale sia il giudice competente per il reato di lesioni colpose gravi e gravissime, commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, dopo che l'art. 2 comma 2 della novella legislativa, modificando il terzo comma dell'art. 590 c.p., ha inasprito il trattamento sanzionatorio dell'illecito in questione.

Dobbiamo, infatti, ricordare che, per il reato in questione, l'art. 4 lett. a) del D.L.vo n. 274/2000 aveva attribuito la competenza ratione materiae al giudice di pace.

Più in generale, l'attribuzione della competenza al giudice di pace in materia penale collegata anche all'introduzione di una nuova tipologia di sanzioni, del tutto peculiare; una tipologia dalla quale era espunta la pena detentiva 1.

L'art. 16 della L. delega n. 468/1999 prevedeva, infatti, che l'apparato sanzionatorio relativo ai reati devoluti alla competenza del giudice di pace fosse modificato con la previsione, in luogo delle vigenti pene detentive, della sola pena pecuniaria ovvero, nei casi di maggiore gravità o di recidiva, di sanzioni alternative alla detenzione, quali, in particolare, la prestazione di attività non retribuita a favore della collettività e l'obbligo di permanenza in casa, la cui misura o il cui tempo dovevano essere determinati indipendentemente dalla commisurazione con le pene edittali vigenti.

Nell'art. 52 del D.L.vo n. 274/2000 il legislatore ha recepito le direttive della legge delega ed ha sostituito la pena detentiva originariamente prevista con la nuova tipologia di sanzioni. Tuttavia, in questa operazione di "maquillage", non sono state toccate le singole norme del codice al fine di evitare pericolose ricadute sistematiche 2. Sarebbe stato, infatti, oltremodo difficoltoso inserire nelle norme sostanziali le nuove pene paradetentive che non trovavano riscontro nella parte generale del codice. Si pensi, solo per esemplificare, ai problemi ermeneutici creati dalla legge n. 251/2005 sulla prescrizione (c.d. ex-Cirielli) laddove passim, nell'art. 157 comma 5 c.p. si è fatto riferimento per la prima volta a «pene diverse da quella detentiva e da quella pecuniaria».

La scelta del legislatore era, quindi, senz'altro da avallarsi per i motivi sopra esposti.

La pena detentiva, per i reati di competenza del giudice di pace è, dunque, cessata di esistere con l'introduzione del nuovo apparato sanzionatorio 3.

L'art. 2 comma 2 della legge n. 102/2006, come si è detto, ha però ripristinato la pena detentiva per le ipotesi di reato previste dall'art. 590 comma 3 c.p., poste in essere con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, ponendo il problema degli effetti dello ius superveniens sulla competenza.

Com'era prevedibile, della questione è stata immediatamente investita la Suprema Corte. Purtroppo, nonostante la rilevanza del tema stante l'innumerevole mole di notizie di reato per fatti attinenti a sinistri stradali, la Corte non pare averlo affrontato con la dovuta attenzione ed anzi, si ha l'impressione che, nella decisione, si sia tenuto conto più dell'effetto pratico dello spostamento di competenza (intasamento del tribunale per una tipologia di reati che si era volutamente sottratta al giudice ordinario) che della coerenza intrinseca della motivazione.

La sentenza n. 1294/2007 4 che si annota ha risolto il conflitto di competenza sollevato dal Tribunale cui erano stati trasmessi gli atti da parte del Giudice di pace ritenutosi appunto, incompetente a decidere del reato di cui all'art. 590 comma 3 c.p.

La Cassazione ha liquidato la questione in termini fin troppo sbrigativi. In poche e laconiche battute, ha sentenziato, infatti, che «nulla, nella legge 102/2006 autorizza a ritenere che detto intervento abbia influito sulla competenza per materia» stabilita dall'art. 4 lett. a) D.L.vo n. 274/2000, perché, pur essendo l'inasprimento della pena voluto dal legislatore un «argomento Page 50 rilevante», non è di per sé «decisivo» per stabilire la competenza del Giudice di pace che «era ed è radicata soltanto ratione materiae».

Forse per non apparire troppo lapidaria, la Suprema Corte ha tentato - ad onor del vero - di dare una giustificazione alla presenza di altre disposizioni contenute nella legge n. 102/2006 che contrastavano con questa conclusione. La Corte non cela che una lettura sistematica delle norme de quibus possa lasciar pensare ad «una esclusione surrettizia» della competenza del Giudice di pace, ma, rileva (ancora una volta in poche battute) che le modifiche apportate - nonostante la «non limpida tecnica di produzione normativa» - avranno efficacia solamente per le ipotesi di cui all'art. 590 comma 2 c.p. già escluse dall'alveo della competenza del giudice onorario.

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