L'evento del reato

AutoreMaria Grazia Maglio/Fernando Giannelli
Pagine125-128

Page 125

@1. La natura dell'evento.

La parola "evento", variamente usata in molte disposizioni del codice, ha dato luogo ad una delle più accese dispute tra i dottori del diritto penale.

Ci si chiede, in concreto, se, con l'espressione "evento", debba intendersi la lesione del bene giuridico che le norme, volta a volta, intendono tutelare, o se, invece, debba intendersi, l'evento, come una modificazione del mondo naturale, del circostante.

L'una e l'altra tesi sono sostenute da valenti autori.

Tende, oggi, a prevalere la tesi dell'evento inteso in senso naturalistico. E non mancano tesi eclettiche.

Dopo questo minimum di esposizione introduttiva, diamoci carico, ora, di affrontare seriamente il problema, molto gravido di pratiche conseguenze, di non scarso rilievo, come emergerà in corso di trattazione.

L'art. 40 c.p. recita, al comma primo: «Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato se l'evento dannoso o pericoloso, da cui dipende l'esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione od omissione».

L'art. 43, 1° comma, alinea 1, c.p. nel definire il delitto doloso, usa l'espressione «evento dannoso o pericoloso, che è il risultato dell'azione ed omissione e da cui la legge fa dipendere la esistenza del delitto».

L'art. 41, 2° comma, c.p. reca: «Se l'azione od omissione precedentemente commessa costituisce per sé un reato».

Ancora, l'art. 42, 1° comma, c.p. parla di «azione od omissione preveduta dalla legge come reato».

Orbene, chi assegni all'evento natura prettamente giuridica, affermerà la sua coessenziale indefettibilità: presenteranno l'evento tutti i reati, compresi quelli omissivi "proprii" e quelli misti di azione e di omissione, che presenteranno il momento della completa integrazione come caratterizzato dal fenomeno omissivo puro, e, quindi, per definizione, senza evento inteso in senso naturalistico (si tratta dei delitti di cui agli artt. 388, 1° comma, 388 ter, 641, 1° comma, c.p., 174, 1° comma, n. 2, c.p.m.p., 73, 1° comma, n. 1, della legge 1 aprile 1981, n. 121, norma applicabile, oggi, anche al Corpo di Polizia Penitenziaria ex art. 20 L. 15 dicembre 1990, n. 395).

È ovvio che le espressioni usate dal legislatore agli artt. 41, 2° comma, e 42, 1° comma, c.p. "faranno comodo" alla dottrina sostenitrice della natura fenomenologica dell'evento (Antolisei, Grispigni, Santoro, Ranieri, Musotto, Dall'Ora, Pisapia, Azzali, Boscarelli, Bettiol, Fiandaca, Musco, Mantovani), e l'opposto dovrà dirsi per le espressioni usate agli artt. 40, 1° comma, e 43, 1° comma, 1° alinea, c.p., che porteranno acqua al mulino della tesi della natura essenzialmente giuridica dell'evento (Pannain, Maggiore, Vannini, De Marsico, Santamaria, Gallo M., Leone, Saltelli, Romano Di Falco, Jannitti, Battaglini, Galiani, Sabatini, Massari, Fiore, Delitala, Angioni, Paoli, Cecchi).

Secondo il Prosdocimi tutti i reati presentano un evento, inteso in senso giuridico, tranne i reati omissivi proprii; secondo lo Spasari ed il Morselli, tutti i reati presentano un evento in senso naturalistico.

Orbene, i sostenitori della prima della or dette teorie non si avvedono del fatto che proprio la disposizione dell'art. 41, 2° comma, c.p. è uno dei più pugnaci avversari della loro bandiera: l'applicazione più frequente della disposizione è quella che vede l'imputato assolto dall'accusa di omicidio, e responsabile di lesioni personali, nel caso di imperizia medica che cagioni la morte. Ma il delitto di lesioni personali non si potrà mai qualificare alla stregua di un'azione od omissione costituente di per sé reato nel senso del difetto di evento naturalistico, che esso di certo possiede (Pannain, Santamaria).

D'altra parte, una volta che il legislatore ha sostenuto che dall'evento dipende l'esistenza del reato, questa diventa una verità incontestabile, un inescalzabile dogma.

Ma non è solo su questa base che poggia il fondamento della tesi della natura essenzialmente giuridica dell'evento.

Il primo rilievo che ci viene in mente si basa sul sistema costituzionale: parlare di una sostanza, solo, naturale dell'evento, e, quindi, di una sua possibile mancanza, riesce ad una costruzione in netto contrasto con l'esigenza di non sacrificare "ultra modum" la libertà di una persona: scegliere la "extrema ratio" sanzionatoria per tutelare un bene che non c'è, visto che la condotta, accompagnata dall'elemento psicologico, non produce la lesione giuridica, è l'assurdo degli assurdi, il colmo delle mostruosità (Gallo M.).

Altro argomento, di "stretto" diritto penale, stavolta, è la disposizione dell'art. 6, 2° comma, c.p. ("il reato si considera commesso nel territorio dello Stato quando l'azione o l'omissione, che lo costituisce, è ivi avvenuta in tutto o in parte, ovvero si è ivi verificato l'evento che è la conseguenza dell'azione od omissione").

Ora, non si vorrà dire che la sola azione od omissione basti ad integrare, sotto il profilo oggettivo, il reato, poiché il fatto che conseguenza di essa debba essere l'evento è detto con esplicito, chiaro, richiamo dell'esigenza del nesso di causalità, ed, all'art. 40, 1° comma, c.p., che pone l'esigenza di tale nesso, è detto, anche, che dall'evento dipende l'esistenza del reato.

Allora, all'art. 6 c.p., mentre si parla di una condotta che può verificarsi "ultro citroque", questa possibilità non si ammette per l'evento. Ma, se l'evento fosse quello naturale, non si potrebbe negare la sua eventuale frazionabilità nello spazio: il deterioramento di una cosa, evento naturalistico, può cominciare a verificarsi nello Stato, e compiersi definitivamente all'estero o viceversa, così come potrebbe accadere per il propagarsi di un incendio. E il nostro discorso appare ancor più chiaro per i reati permanenti con evento naturalistico (si noti che, quanto al sequestro di persona, il Marini...

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