I tentativi di conciliazione

AutoreSilvia Izzo
Pagine373-392
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I tentativi di conciliazione
SILVIA IZZO
SOMMARIO: 1. Le linee di fondo della nuova disciplina del tentativo di conciliazione. - 2. La concilia-
zione presso la Direzione provinciale del lavoro. - 3. Le conciliazioni in sede sindacale. - 4. La
conciliazione dinanzi al collegio di conciliazione e arbitrato: cenni e rinvio. - 5. La conciliazione
raggiunta in sede di accertamento ispettivo. - 6. Esecutività e regime di impugnazione dei verba-
li di conciliazione stragiudiziale. - 7. La conciliazione in sede giudiziale.
1. Le linee di fondo della nuova disciplina del tentativo di conciliazione
La disciplina del tentativo di conciliazione nelle controversie di lavoro in-
trodotta dall’art. 31 l. 4 novembre 2010, n. 183 si caratterizza per due dati im-
mediatamente evidenti. Da un lato si assiste all’elezione delle previsioni del
codice di rito a normativa generale applicabile anche ai rapporti di lavoro alle
dipendenze delle pubbliche amministrazioni attribuiti alla giurisdizione ordina-
ria1; dall’altro si consegna alla libera volontà dei litiganti la valutazione del-
l’opportunità di tentare la strada conciliativa che, pertanto, smette di costituire
condizione di procedibilità della domanda giudiziale nella quasi totalità delle
controversie de qua. Al contrario, il giudice continuerà a dovervi provvedere in
limine dell’udienza di discussione con poteri più penetranti che in passato.
Più in dettaglio e per ordine, il 9° comma del citato art. 31 abroga gli artt.
65 e 66 del d.leg. 30 marzo 2001, n. 1652 disponendo nel senso dell’appli-
cazione degli artt. 410, 411, nonché 412, 412 ter, e 412 quater c.p.c. così come
novellati alle controversie di lavoro pubblico contrattualizzato. La riconduzione
ad unità è senz’altro apprezzabile pur se la Corte costituzionale ha più volte ri-
tenuto possibile il mantenimento di «una disciplina differenziata» del lavoro pub-
blico rispetto a quello privato visto che «il processo di omogeneizzazione incontra
il limite “della specialità del rapporto e delle esigenze del perseguimento degli
interessi generali”»3. Tale specialità giustifica, per esempio, la disposizione
1 Ossia, a norma dell’art. 63, 1° comma, «tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle
dipendenze delle pubbliche amministrazioni […]» ad eccezione di quelle relative al lavoro c.d. non
contrattualizzato che rimangono affidate alla giurisdizione esclusiva.
2 Rispettivamente rubricati «Tentativo obbligatorio di conciliazione nelle controversie indivi-
duali» e «Collegio di conciliazione».
3 Corte cost., 16 maggio 2008, n. 146, Giur. costit., 2008, 1790, con nota di G. PISTORIO; Riv. it.
dir. lav., 2009, II, 939, con nota di R. DIAMANTI, che prosegue nel senso che «la pubblica amministra-
zione “conserva pur sempre – anche in presenza di un rapporto di lavoro ormai contrattualizzato – una
connotazione peculiare”, essendo tenuta “al rispetto dei principi costituzionali di legalità, imparzialità
e buon andamento cui è estranea ogni logica speculativa”»; cfr., altresì Corte cost., 23 luglio 2001, n.
27, Foro it., 2002, I, 2965, con nota di G. D’AURIA; 27 marzo 2003, n. 82, Mass. giur. lav., 2003,
459, annotata da E. BOGHETICH. G. TRISORIO LIUZZI, La conciliazione obbligatoria e l’arbitrato nelle
controversie di lavoro privato, in Riv. dir. proc., 2001,951 già reputava la «differenziazione» «diffi-
cilmente comprensibile».
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dell’ultimo comma dell’art. 410 che prevede che la conciliazione anche giudi-
ziale della lite da parte di chi rappresenta la pubblica amministrazione non pos-
sa dare luogo a responsabilità salvi i casi di dolo o colpa grave4. La soluzione
codicistica è più ampia rispetto alla previsione originaria del d.leg. n. 65/2001
ove non limita l’applicabilità dell’esimente agli accordi conclusi «in adesione
alla proposta» del conciliatore né alla sola «responsabilità amministrativa»5 ed
è, al contrario, più angusta allorché lascia residuare la responsabilità per le ipo-
tesi di dolo e colpa grave6.
Nondimeno molte delle soluzioni inizialmente coniate per il pubblico im-
piego contrattualizzato sono state recepite dalla riforma: vengono mutuati
dall’art. 66 del d.leg. n. 65/2001 la dettagliata indicazione del contenuto del-
l’atto introduttivo7, la regolamentazione analitica dei tempi e delle modalità del
procedimento, il regime del verbale di conciliazione.
La disciplina di nuovo continua a non applicarsi alle controversie di lavoro
relative al c.d. personale non contrattualizzato rientranti nella giurisdizione
amministrativa8 per le quali non è contemplata nessuna forma di tentativo di
conciliazione9. Il differente trattamento rispetto ai rapporti affidati al giudice
ordinario è, tuttavia, meno evidente che in passato in forza della scelta di facol-
tizzarne l’esperimento.
4 Riproducendo quasi testualmente il contenuto dell’art. 66, 8° comma, d.leg. n. 165/200. La li-
mitazione è stata definita «essenziale» da F.P. LUISO, La conciliazione giudiziale. La conciliazione
stragiudiziale delle controversie agrarie e di lavoro, in I contratti di composizione delle liti, a cura di
Gabrielli e Luiso, Milano, 1995, 375, «perché altrimenti ben difficilmente il rappresentante della p.a.
è disposto a conciliare, sapendo di poter essere chiamato a rispondere della propria decisione». Sulla
disposizione cfr. altresì R. TISCINI, Il tentativo obbligatorio di conciliazione, in Processo del lavoro e
rapporto alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni. Il decreto legislativo n. 80 del 1998, a cura
di Perone e Sassani, Padova 1999, 23 ss., spec. 29
5 Come invece in precedenti versioni del disegno di legge (cfr. A.C. 1441-quater) e già ai sensi
dell’art. 66, dleg. n. 165/2001. La formulazione attuale lascia intendere, in ragione di un’interpre-
tazione sistematica, la volontà di non limitare l’esimente ai soli danni (erariali diretti o indiretti) nor-
malmente assoggettati alla giurisdizione della Corte dei Conti bensì altresì alle ipotesi di responsabili-
tà nei confronti del terzo danneggiato.
6 In linea con le previsioni generali relative alla responsabilità del pubblico dipendente verso i
terzi (art. 23 r.d. n. 3/1957, T.U. delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili) e alla
giurisdizione della Corte dei conti in materia di responsabilità amministrativa (art. 1, l. n. 20/1994).
Cfr. C. conti, sez. giur. reg. Lombardia, 29 settembre 2006, n. 521, Riv. corte conti, 2006, 65; Corte
conti, sez. giur. reg. Sicilia, 24 giugno 2002, n. 1278, id., 2002, 176, che sottolineano il differente
criterio di imputazione della responsabilità contabile.
7 La Corte costituzionale con la sentenza n. 276 del 13 luglio 2000 (Giust. civ. 2000, I, 2499 ss., con
nota di A. BRIGUGLIO; Riv. dir. proc. 2000, 1219 ss., con nota di R. CONTE; Mass. Giur. lav., 2000, 10,
1098 ss., con nota di R. TISCINI; Giur. it. 2001, 1094 ss., con nota di A. RONCO) aveva, peraltro, dichiarato
manifestamente inammissibile la censura sollevata in relazione all’art. 3 Cost. con riferimento al differente
grado di analiticità dell’istanza di conciliazione nelle due sedi, considerando implicita nell’art. 410 c.p.c. «la
previsione che la richiesta del tentativo di conciliazione debba indicare i termini della controversia in modo
non dissimile da quanto previsto nell’art. 69-bis» (poi art. 66, d.leg. 165/2001).
8 Ai sensi dell’art. 3 del d.leg. n. 16/2001 che contempla i magistrati ordinari, amministrativi e
contabili, gli avvocati e procuratori dello Stato, il personale militare e le Forze di polizia di Stato, il
personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia, il personale docente e ricercatore uni-
versitario. Per la competenza cfr., art. 13, 2° comma e art. 135 del d.leg. n. 104/2010.
9 Sono caduti, infine, nel vuoto gli auspici del Consiglio di Stato che, dapprima, nel 1992 poi nel
2002 aveva giudicato opportuna l’introduzione anche per tali controversie rispettivamente il tentativo
giudiziale e quello stragiudiziale di conciliazione, cfr. Cons. Stato, ad. gen., 31 agosto 1992, n.
146/92, Foro it., 1993, III, 4; Cons. Stato 5 febbraio 2002, n. 183, Cons. Stato, 2002, I, 1467.

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