La guida in stato di ebbrezza e il rifiuto di sottoporsi all'alcoltest possono andare esenti da pena per 'particolare tenuità del fatto'?

AutorePaolo Diglio
Pagine37-39
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Rivista penale 9/2016
CONTRASTI
LA GUIDA IN STATO
DI EBBREZZA E IL RIFIUTO
DI SOTTOPORSI ALL’ALCOLTEST
POSSONO ANDARE ESENTI
DA PENA PER “PARTICOLARE
TENUITÀ DEL FATTO”?
di Paolo Diglio
Il 2 aprile dello scorso anno è approdata sullo scenario
penale la causa di non punibilità della “particolare tenu-
ità del fatto”, disciplinata dal nuovo art. 131-bis c.p. (1).
Quest’istituto, introdotto dal D.L.vo 16 marzo 2015, n. 28,
recante “Disposizioni in materia di non punibilità per par-
ticolare tenuità del fatto, a norma dell’articolo 1, comma 1,
lettera m), della legge 28 aprile 2014, n. 67”, rappresenta
uno dei tanti tasselli dell’articolato piano, messo a punto
negli ultimi anni dal nostro legislatore, per fronteggiare
l’intasamento giudiziario e il sovraffollamento carcerario.
Si tratta, in realtà, di uno strumento def‌lattivo non del
tutto inedito, in quanto legato da vincoli di parentela ad
altre f‌igure già vigenti, riferibili, però, ad un diverso ceppo
dogmatico. Stiamo parlando di due distinte cause di non
procedibilità sperimentate da tempo rispettivamente nel
procedimento penale davanti al giudice di pace (art. 34
D.L.vo n. 274/00, dove pure si parla di “particolare tenuità
del fatto”) e in quello davanti al tribunale dei minori (art.
27 D.P.R. n. 448/88, dove si fa, invece, riferimento all’ “irri-
levanza del fatto”).
Su impulso della Quarta Sezione penale (2), l’Aeropago
ha vagliato la compatibilità della recente causa di esenzio-
ne dalla pena con degli illeciti penali contemplati dal co-
dice della strada. In particolare, con la sentenza n. 13681
emanata il 25 febbraio di quest’anno, ha affermato la con-
f‌igurabilità del fatto particolarmente tenue anche nell’am-
bito dei reati caratterizzati dalla presenza di soglie di puni-
bilità, tra cui la guida in stato di ebbrezza, sulla quale si è
soffermato. Tale violazione è prevista e punita dall’art. 186,
comma 2, c.d.s., che contempla tre fasce di tasso alcolemi-
co progressivamente crescenti corredate di differenti san-
zioni: la lettera a) del predetto alinea prevede un illecito di
carattere amministrativo, mentre le lettere b) e c) due re-
ati di natura contravvenzionale (3), sussumibili nell’alveo
delle fattispecie di pericolo astratto o presunto (4). Si trat-
ta, cioè, di f‌igure criminose dove l’insidiosità della condot-
ta tipica è sancita una volta per tutte dal legislatore che,
sulla scorta di regole scientif‌iche o massime di comune
esperienza, individua i comportamenti potenzialmente
pregiudizievoli per i beni giuridici tutelati. L’artef‌ice delle
leggi delinea, quindi, l’atteggiamento interdetto attraverso
un giudizio di pericolosità imperniato su dati consolidati,
che nell’ipotesi in commento sono spiccatamente tecnici
in quanto costituiti dal tasso alcolemico. Il giudice sarà,
pertanto, esentato dal dover accertare la concreta perni-
ciosità del contegno tipizzato; tuttavia, una volta che abbia
appurato la sussistenza di tutti gli elementi richiesti dalla
disposizione incriminatrice, dovrà, ai f‌ini dell’applicabilità
dell’art. 131-bis c.p. (e non solo (5)), comunque vagliare lo
“sfondo fattuale” che ha fatto da cornice alla condotta. Tale
analisi sarà necessaria per ponderare l’effettiva gravità del
fatto, ossia per determinare se l’azione posta in essere si
sia tradotta in una reale e tangibile insidia per l’oggetto
giuridico della norma.
A conforto di queste asserzioni il Collegio “a nove te-
ste” ha richiamato alcuni casi pratici. Ha fatto, ad esempio,
notare come uno scarico industriale irregolare abbia una
valenza antisociale ben diversa a seconda che contamini le
fonti di approvvigionamento idrico di una zona densamen-
te popolata oppure sia scevro di apprezzabili ripercussioni
sulla salute dei cittadini e sull’ambiente. Analogamente,
con specif‌ico riguardo alla guida in stato di ebbrezza, ha
evidenziato come la conduzione di un veicolo per un breve
tratto all’interno di un isolato parcheggio, priva di effetti
pregiudizievoli per persone o cose, non possa essere consi-
derata alla stessa stregua di una folle corsa in una strada
traff‌icata, conclusasi con una grave una collisione; ciò a
prescindere dal grado di alterazione alcolica dell’agente,
il quale, anche laddove sia molto elevato, non comporta
l’estromissione de plano dal perimetro applicativo dell’art.
131-bis c.p. A prescindere dal grado di ebbrezza, l’organo
giudicante, al f‌ine di assodare la necessarietà e l’utilità
della pena con riferimento alla regiudicanda, dovrà sem-
pre esaminare tutte le peculiarità della vicenda concreta.
Solo in questo modo potrà, infatti, determinare la reale gra-
vità dell’illecito commesso, in quanto emergerà l’effettivo
livello di compromissione dei beni protetti (6). Tale modus
operandi risponde a quell’idea beccariana di diritto penale
come extrema ratio, a cui è informato il nostro sistema
giuridico. Vale la pena, tuttavia, di rilevare che in tale
contesto, però, il principio di sussidiarietà pertiene alla
latitudine applicativa e ad ipostatizzarlo è il giudice, anzi-
ché il legislatore in sede di opzioni di politica criminale (la
dottrina parla, infatti, di sussidiarietà “in concreto” (7)).
Il Consesso “a pieni ranghi”, suggellando quanto già
sostenuto in altre occasioni dalla Quarta Sezione (8), ha
rimarcato che la strutturazione della fattispecie in fasce
progressive di illiceità, la presenza di valori-soglia e, più in
generale, la conf‌igurabilità di reati di pericolo astratto o
presunto non sono di per sé preclusive di una graduabilità
offensiva della situazione, commisurata al disvalore dell’a-
zione, all’evento giuridico prodotto e all’intensità della
colpevolezza. Le evocate tecniche incriminatrici assolvo-

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