Giurisprudenza di merito

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine65-78

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@CORTE DI APPELLO DI VENEZIA Sez. II, 9 ottobre 2001. Pres. Contini - Est. Pietrogrande - P.M. Ferrari (conf.) - Ric. P.M. in proc. D.Z.

Pena - Sospensione condizionale - Revoca - Successiva condanna per altro reato - Sussistenza.

È revocabile ai sensi dell'art. 168, comma 3, c.p., così come aggiunto dalla L. 26 marzo 2001, n. 128, la sospensione condizionale della pena concessa in violazione dell'art. 164, comma 4, c.p., in presenza di cause ostative. (C.p., art. 164; c.p., art. 168).

(Omissis). - Letta la richiesta del Procuratore Generale in data 12 luglio 2001 di revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena e non menzione concesso a:

Z.B.

Con la sentenza 4 luglio 1995 del Tribunale di Treviso, parzialmente riformata da questa Corte in data 23 marzo 2001; sentite le parti all'udienza del 5 ottobre 2001; constatato che con sentenza 23 marzo 2001 questa Corte, sull'accordo delle parti, in parziale riforma della sentenza 4 luglio 1995, ritenuto il vincolo della continuazione tra i fatti oggetto del giudizio e quelli di cui alla sentenza del Gip del Tribunale di Treviso del 28 ottobre 1993, come modificata dalla sentenza 6 febbraio 1996 di questa Corte (pena finale anni 3 mesi 6 e giorni 20 di reclusione e lire 22.220.000 di multa), ha rideterminato la pena in mesi 4 di reclusione lire 1.000.000 di multa in aumento sulla pena inflitta dal Gip, confermando «nel resto» e, quindi, anche la pena per quanto concerne i benefici di legge riconosciuti con la sentenza 4 luglio 1995 del Tribunale; rilevato che la legge 26 marzo 2001 n. 128 all'art. 1 ha aggiunto, dopo il secondo comma dell'art. 168 c.p., che «la sospensione condizionale della pena è altresì revocata quando è stata concessa in violazione dell'art. 164.4 in presenza di cause ostative» e dopo il comma primo dell'art. 674 c.p.p. che «il giudice dell'esecuzione provvede altresì alla revoca della sospensione condizionale della pena quando rileva l'esistenza delle condizioni di cui al terzo comma dell'art. 168 c.p.»; ritenuto che, per effetto della ricordata novella, debbono essere revocati i benefici erroneamente confermati con la sentenza 23 marzo 2001 di questa Corte in presenza di cause ostative (precedente condanna alla reclusione per un tempo superiore a due anni);

P.Q.M.

Visti gli artt. 168 c.p. e 674 c.p.p. revoca i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione concessi a Z.D. con la sentenza 23 marzo 2001 di questa Corte.

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@CORTE DI APPELLO DI PERUGIA 16 gennaio 2001. Pres. Amato - Est. Cartoni - Imp. Pistoia.

Circolazione stradale - Norme di comportamento in genere - Condizioni della strada - Macchie oleose sull'asfalto - Caso fortuito - Circostanza non assolutamente imprevedibile - Sussistenza - Configurabilità.

La presenza di macchie oleose o scivolose sull'asfalto non è circostanza assolutamente imprevedibile, tuttavia va considerato che pur sempre occorre che la presenza delle stesse sia in concreto percepibile con l'uso di normali criteri di attenzione, diligenza e prudenza, in modo tale che il conducente, il quale abbia già adeguato la velocità del proprio veicolo alle condizioni strutturali della strada percorsa e delle condizioni meteorologiche in atto, sia effettivamente in grado di valutare la necessità di moderare ulteriormente la velocità prudente già tenuta, in rapporto all'ulteriore insidia venutasi a manifetare sul manto stradale. (C.p., art. 589; nuovo c.s., art. 141; nuovo c.s., art. 143) (1).

    (1) Sulla responsabilità per danni a terzi derivati da modifiche prevedibili intervenute nell'ambiente, come sdrucciolevolezza della carreggiata per la presenza di fango, ghiaccio o macchie d'olio, v. Cass. civ. 20 febbraio 1984, n. 1214, in Arch. giur. circ. 1984, 523. Cfr., inoltre, Cass. pen., sez. IV, 24 luglio 1987, Bramieri, ivi 1988, 29 e Cass. pen., sez. IV, 1 settembre 1986, Bianchi, ivi 1987, 634 entrambe nel senso di non r itenere evento non imprevedibile la strada resa sdrucciolevole dalla pioggia, dal ghiaccio o da terriccio umido. In dottrina, v. A. ALIBRANDI, In tema di caso fortuito negli incidenti stradali, in Riv. giur. circ. e trasp. 2000, 441.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Tratto a giudizio per rispondere del delitto di omicidio colposo di cui in epigrafe, Pistoia Remo, con sentenza del Pretore di Terni in data 16 aprile 1998 veniva mandato assolto ai sensi dell'art. 530 cpv. c.p.p. «per non aver commesso il fatto». Riteneva, infatti, quel giudice che nei confronti del Pistoia fossero emersi soltanto degli indizi, privi però dei requisiti richiesti dall'art. 192, secondo comma, c.p.p., atteso che, se da un lato la pioggia in atto doveva certamente consigliare velocità moderatissima, tuttavia dall'istruttoria dibattimentale era emersa la presenza, sul manto stradale, di una chiazza oleosa che poteva aver avuto ruolo di forza estranea nel far «pattinare» il veicolo dell'imputato, verso l'opposta corsia di marcia, «in modo irreversibile ed automatico». Avverso tale decisione proponeva appello il procuratore generale, chiedendo che, in riforma della impugnata sentenza, il Pistoia fosse dichiarato colpevole del reato ascrittogli, con condanna alla pena di giudizio.

L'appellante - osservato che il consulente tecnico della pubblica accusa aveva puntualizzato tutte le circostanze del sinistro, con elaborato immune da vizi logici od errori tecnici, indicando la velocità tenuta dal veicolo dell'imputato, prima del sinistro, in circa 48 Km. orari - censurava la decisione pretorile laddove attribuiva l'invasione dell'opposta corsia di marcia a sbandamento conseguente al passaggio su macchia oleosa lasciata sull'asfalto dai veicoli precedentemente transitati, senza considerare non soltanto che trattavasi di circostanza sprovvista di prova certa, ma altresì omettendo l'analisi delle condizioni di tempo e di luogo che imponevano al Pistoia di mantenere una andatura particolarmente prudente, trovandosi egli alla guida di un veicolo pesante (autocarro), su strada in discesa e con asfalto reso viscido dalla pioggia.

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Tali ultimi elementi, infatti, avrebbero dovuto indurre il Pistoia a tenere velocità moderatissima, essendo chiaro che l'autocarro, nell'affrontare la curva destrorsa, avrebbe avuto forte spinta centrifuga, tale da forzarlo verso l'invasione della carreggiata opposta, mentre il peso e le caratteristiche del veicolo e l'asfalto bagnato erano destinati a riflettersi in modo negativo circa qualsiasi manovra correttiva attuata per mantenere il veicolo stesso nella propria corsia di marcia.

L'appellante osservava che il primo giudice aveva completamente omesso, nella motivazione, l'analisi di tali elementi obiettivi, assegnando decisivo rilievo ad una fantomatica chiazza oleosa, che, peraltro, doveva reputarsi circostanza non occasionale nelle nostre strade.

Da ultimo, l'appellante richiamava la giurisprudenza di legittimità secondo cui, nel valutare la velocità di un veicolo, non è fondamentale il preciso accertamento dell'entità della stessa, bensì il rapporto tra la stessa e le circostanze di fatto, sì da poterla affermare adeguata o meno in relazione allo stato dei luoghi, degli agenti atmosferici, del mezzo condotto, del traffico e di quant'altro rilevi nel caso corretto.

In data 1 gennaio 2001, il difensore dell'imputato depositava note difensive, con le quali chiedeva la conferma della sentenza appellata. All'udienza odierna, dopo la prescritta relazione, P.G. e difensore dell'imputato concludevano come in atti.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - Ritiene la Corte che l'appello proposto dal P.G. in sede non sia meritevole di accoglimento.

Punto nodale del processo - come sottolinea esattamente l'appellante - è se la velocità tenuta dal Pistoia al momento dell'incidente fosse idonea ed adeguata alle caratteristiche del tratto stradale percorso e alle condizioni meteorologiche in atto.

In ordine alla quantificazione della velocità tenuta dal Pistoia, l'appellante richiama la consulenza tecnica espletata, su incarico del P.M., dal dott. ing. Maurizio Tarchi.

Quest'ultimo - come emerge alle pagine 8 e 9 della relazione in atti - nella dichiarata impossibilità di ricorrere ad un preciso calcolo «con metodi di bilancio energetico» (stante il mancato rilevamento di tracce di frenatura ed il diverso grado di assorbimento dell'energia di urto presentato dalle carrozzerie dei due veicoli coinvolti nell'incidente) si è limitato a calcolare, in relazione ai diversi fattori in considerazione (accelerazione di gravità, raggio della curva in esame, coefficiente di aderenza trasversale tra pneumatico e strada asfaltata bagnata, pendenza della strada), la velocità limite alla quale il veicolo poteva procedere lungo la curva in esame, senza sbandare in virtù della forza centrifuga, determinandola in 48,2 Kmh.

Ne deduceva, dando per scontato che l'autocarro avesse perso aderenza trasversale per forza centrifuga, che la velocità tenuta dal Pistoia doveva essere necessariamente superiore, anche di poco, al valore come sopra calcolato.

Sennonché, le presunzioni e deduzioni del C.T. della pubblica accusa trovano smentita nelle altre risultanze processuali.

Il teste M.llo CC. Giuliani Nicola ha confermato al dibattimento che il furgone Fiat Iveco condotto dal Pistoia fu trovato, dopo l'incidente, con la seconda marcia innestata (al pari della Fiat Panda della vittima): il che indica, secondo quanto emerge dalla relativa scheda tecnica allegata alla relazione, che la velocità non poteva essere superiore a quella di 34,2 Kmh., consentita da tale rapporto al massimo dei numeri di giri del motore.

A fronte di questa osservazione - sottolineata dalla difesa durante l'esame del consulente - l'ing. Tarchi, facendo riferimento ad una sorta di «primina» (di cui non v'è traccia nella scheda tecnica), ha adombrato l'ipotesi di un errore dei carabinieri (presso i quali se era informato prima di stendere la relazione), probabilmente causato dal fatto che, in tale furgone, la...

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