Giurisprudenza di merito

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine83-86

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@TRIBUNALE DI MASSA Sez. dist. di Carrara, 3 ottobre 2002. Est. Ferri - Imp. Barsanti e altro.

Produzione, commercio e consumo - Prodotti alimentari - Reati alimentari - Cattivo stato di conservazione.

Il reato contravvenzionale previsto dall'art. 5 lett. b) legge 30 aprile 1962 n. 283 è reato di pericolo presunto, ma la valutazione legale di pericolosità deve essere fatta in riferimento allo stato del prodotto e non alle modalità di conservazione. Il giudice perciò deve accertare che il prodotto sia effettivamente in cattivo stato di conservazione poiché la norma non impone particolari o generali modalità di conservazione delle sostanze alimentari. Modalità contrarie a norme, prescrizioni o principi d'esperienza possono costituire indizio del cattivo stato di conservazione del prodotto, ma esso dovrà essere suffragato, per fondare la responsabilità, da altri precisi e concordanti elementi di prova. (L. 30 aprile 1962, n. 283, art. 5) (1).

    (1) In argomento si vedano anche Cass. pen., sez. VI, 25 gennaio 1993, P.M. in proc. Tinca, in questa Rivista 1994, 102, secondo cui la contravvenzione prevista dall'art. 5, lett. b), della L. 30 aprile 1962, n. 283, costituisce una fattispecie di reato di pericolo, nel senso che essa si realizza mediante la condotta di conservazione del prodotto inidonea ad evitare possibili condizioni di «alterazione» la cui effettiva realizzazione comporta la presenza di distinte ipotesi di reato. Cosicché l'inosservanza delle prescrizioni igienico-sanitarie intese a garantire la buona conservazione del prodotto è già di per sé sufficiente per integrare gli estremi della detta contravvenzione. (Nella fattispecie, relativa a conservazione per la vendita di dolci alla crema a temperatura non consentita dall'art. 31 del D.L.vo 26 marzo 1980, n. 327, la Corte ha ritenuto la sussistenza del reato di cui all'art. 5, lett. b, della legge n. 283, anche se il prodotto offerto in vendita non risultava alterato); Cass. pen., sez. VI, 10 luglio 1990, Di Nome, ivi 1991, 558, secondo cui la norma di cui all'art. 5, lett.b) L. 30 aprile 1962, n. 283, nel vietare la detenzione per la vendita di sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione, ipotizza un reato di pericolo, per la cui configurabilità non è necessaria l'effettiva alterazione o nocività delle sostanze alimentari. Di conseguenza, la conservazione per la vendita di dolci alla crema a temperatura non consentita dal D.P.R. 26 marzo 1980, n. 327 integra il reato in esame, anche se i prodotti offerti in vendita non risultano alterati.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. - Doriano Barsanti e Daniele Bertola sono stati citati a giudizio per rispondere del reato di cui all'art. 5 lett. b), L. 283/62, perché, nelle rispettive qualità di vicedirettore della filiale Esselunga, Barsanti e di caporeparto del settore latticini e salumi, il Bertola, detenevano per la vendita prodotti caseari denominati «fiocchi di latte» in cattivo stato di conservazione in quanto la temperatura del prodotto era di +9º, mentre la ditta produttrice indicava un valore di temperatura non eccedente i +4º come il più idoneo per la corretta conservazione del prodotto.

Nell'istruttoria dibattimentale è stato escusso il teste dell'accusa Fabio Ratti, in servizio presso l'A.S.L. (Dipartimento della prevenzione) di Massa Carrara.

Sono stati, inoltre, acquisiti, su accordo delle parti, i verbali di sopralluogo redatti dal teste in data 20 giugno 2001, 11 luglio 2001.

Venivano, infine, effettuati gli esami degli imputati. All'esito le parti concludevano come in epigrafe. Emergono seri dubbi sull'ascrivibilità dell'addebito ai prevenuti, in quanto pur trattandosi di una contravvenzione, l'accusa non può esimersi, vista la natura del reato, dal provare la colpa dei prevenuti.

Due aspetti significativi portano a ritenere che non sussista con certezza la prova dell'elemento psicologico.

Il primo è relativo all'indicazione del termometro del bancone frigo che, durante il sopralluogo, si attestava a +4º, ed era, quindi, in regola con quanto statuito per la conservazione dei prodotti alimentari in questione. Il secondo si riferisce alla possibilità che la temperatura interna, per quegli stessi prodotti, possa fluttuare fino a 14º (cfr. allegato C del D.P.R. 327/80).

Secondo il teste Ratti questi due dati non devono, però, essere considerati ed assumerebbe, invece, rilevanza la circostanza che la temperatura interna dei prodotti fosse, al momento del sopralluogo del 20 giugno 2001, di +9º e, pertanto, inferiore a +14º.

A parere di questo giudicante, in realtà, nella condotta posta in essere dai prevenuti non si ravvisano negligenza, imprudenza ed imperizia.

La prova della colpa deve essere fornita dall'accusa e, nel caso di specie, non è stata raggiunta.

Sono emerse, infatti, alcune perplessità che rilevano la buona fede dei prevenuti che correttamente avevano posto in vendita i fiocchi di latte ad una temperatura di +1º (segnata sul termometro del bancone frigo).

Sul punto il teste ha precisato che la temperatura interna dei prodotti deve essere distinta da quella indicata sul termometro del bancone frigo. Quella interna, infatti, era stata appositamente misurata posizionando all'interno dei prodotti una sonda termometrica, che riportava, appunto, +9º. La fluttuazione della temperatura fino a +14º deve tener conto solo del momento in cui i prodotti vengono...

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