Giurisprudenza di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine19-51

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@CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. II, 5 dicembre 2001, n. 43737 (ud. 16 novembre 2001). Pres. Cosentino - Est. Morgigni - P.M. Frasso (diff.) - Ric. Landi.

Deturpamento e imbrattamento di cose altrui - Elemento soggettivo - Dolo generico - Sufficienza - Fattispecie relativa ad animali domestici lasciati liberi nella proprietà altrui.

Ai fini del reato di imbrattamento di cosa altrui è sufficiente il dolo generico, anche nella forma di quello eventuale. Ne deriva che è tale non soltanto la coscienza e volontà di provocare l'evento attraverso un'azione compiuta direttamente dal soggetto attivo, ma anche quella posta in essere tramite un qualsiasi mezzo esterno, qual è il lasciare liberi animali domestici nella proprietà altrui, nella consapevolezza che questi potranno imbrattare con i loro escrementi i beni predetti ed accettando tale eventualità in modo pienamente cosciente. (C.p., art. 639) (1).

    (1) Fattispecie in ordine alla quale non constano editi precedenti in termini.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Il 5 ottobre 2000 il giudice monocratico del tribunale di Lucca sezione distaccata di Viareggio ha condannato alla pena di lire 400.000 di ammenda Luigi Landi, ritenuto colpevole dei seguenti reati: a) art. 639 c.p. - per avere imbrattato il giardino e l'abitazione di proprietà di Marcello Cantafino e Patrizia Baldini, che sporcava con gli escrementi dei suoi gatti e dei suoi cani; b) artt. 81 e 659 c.p. perché, producendo rumori molesti (nella specie rumori di passi a tarda notte, schiamazzi derivanti dal gioco di un bambino) disturbava il riposo e le occupazioni degli abitanti degli appartamenti sottostanti e vicini a quello di sua proprietà, in Querceta di Seravezza fino al 5 giugno 1999.

L'imputato ricorre, deducendo due motivi.

Con il primo motivo rappresenta che il delitto di cui all'art. 639 è punibile a titolo di dolo, insussistente nella specie, essendo al massimo configurabile un malgoverno degli animali.

Con il secondo motivo evidenzia la violazione dell'art. 659 c.p., poiché manca l'accertamento della possibilità di un disturbo ad un numero indeterminato di persone: quello arrecato soltanto ai vicini costituirebbe esclusivamente un illecito civile.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - Il ricorso è infondato. Ai fini della configurabilità del delitto d'imbrattamento di cosa altrui è sufficiente il dolo generico anche nella forma di quello eventuale. Ne deriva che è tale non soltanto la coscienza e volontà di provocare l'evento attraverso un'azione compiuta direttamente dal soggetto attivo ma anche quella posta in essere tramite un qualsiasi mezzo esterno, qual è il lasciare liberi animali domestici nella proprietà altrui, nella consapevolezza che questi potranno imbrattare con i loro escrementi i beni predetti ed accettando tale eventualità in modo pienamente cosciente.

Nella specie, i vicini avevano ripetutamente avvertito l'imputato delle conseguenze che derivavano dal consentire ai gatti di uscire dal luogo loro riservato; Landi, però, non ha adottato alcuna cautela, assumendo, anzi, che la specie non tollera limitazioni.

Parimenti infondato è il secondo motivo.

Il collegio condivide l'orientamento della giurisprudenza prevalente, secondo cui la contravvenzione di cui all'art. 659 c.p. è reato di pericolo, in quanto, per la sua configurabilità, è sufficiente che il rumore sia prodotto con modalità tali da arrecare disturbo il normale svolgimento delle attività umane, sia di quelle lavorative sia di quelle concernenti qualsiasi forma di riposo. Nell'ipotesi in cui l'azione compiuta non presenti il carattere della diffusività, sia pure meramente potenziale, ma arrechi fastidio ad unico soggetto o agli occupanti di un solo immobile, il danno prodotto è sanzionabile esclusivamente in sede civile.

Con riferimento al caso di specie, ne consegue che lo spostare mobili o lo scalpiccio non rientra nell'ambito della tutela accordata dalla previsione de qua, poiché normalmente arreca disturbo al singolo vicino, il televisore acceso in condizioni tali da essere ascoltato necessariamente anche da qualsiasi altra persona determina la sussistenza del reato, in quanto rende possibile il disturbo di un numero indeterminato di persone.

Consegue la condanna al pagamento delle spese processuali. (Omissis).

@CORTE DI CASSAZIONE Sez. V, 5 novembre 2001, n. 13665. Pres. Cantino - Est. Marziale - P.M. Abbritti (diff.) - Soc. A.I.T. Azienda Industriale Tiburtina (avv.ti Perrone e Tardella) c. Amministrazione delle Finanze dello Stato (Avv. gen. Stato).

Tributi erariali diretti - Imposta sul reddito delle persone fisiche - Detrazioni - Locazione di beni appartenenti alla società - Detrazione dal reddito imponibile - Misura - Diversità a seconda della destinazione dell'immobile locato - Pretesa dell'amministrazione finanziaria di un credito verso il contribuente derivante dalla minore detrazione conseguente alla asserita destinazione abitativa, anziché commerciale, dell'immobile locato - Onere della prova - Spettanza all'amministrazione.

Tributi erariali diretti - Imposta sul reddito delle persone fisiche - Detrazioni - Costi non deducibili - Ambito - Spese generali di gestione della società - Esclusione.

Essendo l'amministrazione finanziaria tenuta a fornire, secondo le regole generali, la prova dei fatti costitutivi della propria pretesa verso il contribuente, spetta ad essa - allorché ritenga che sia applicabile la minore detrazione prevista per la locazione di case di civile abitazione rispetto a quella accordata per la locazione di fabbricati destinati ad attività com-Page 20merciali - dare la dimostrazione che l'immobile locato dal contribuente aveva destinazione abitativa e non commerciale. (C.c., art. 2697; D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 34; D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 88; D.P.R. 29 settembre 1973, n. 598, art. 5) (1).

In tema di determinazione del reddito d'impresa, i costi dichiarati indeducibili dall'art. 52 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 per i beni non strumentali per l'esercizio dell'impresa - che concorrono a formare il reddito d'impresa nell'ammontare determinato secondo le regole stabilite per la determinazione dei redditi fondiari - sono, non le spese generali di gestione della società, ma soltanto quelli, già considerati ai fini della determinazione del reddito fondiario, riguardanti le spese di manutenzione e riparazione e ogni altra spesa o perdita riferita a ciascuna unità immobiliare. (Principio espresso in fattispecie di società avente ad oggetto la sola gestione di immobili). (D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 34; D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 52; D.P.R. 29 settembre 1973, n. 598, art. 5) (2).

    (1, 2) Nel senso che l'amministrazione finanziaria che vanti un credito nei confronti del contribuente è tenuta a fornire, secondo le regole generali, la prova dei fatti costitutivi della propria pretesa, v. Cass. 4 ottobre 2000, n. 13180, il Il fisco 2001, 1880 e Cass. 7 febbraio 1984, n. 932, in Arch. civ. 1984, 974.


RITENUTO IN FATTO. - Che con due distinti avvisi di accertamento, notificati il 14 dicembre 1990, l'Ufficio distrettuale delle imposte dirette di Roma, rettificava le dichiarazioni dei redditi presentate e per gli anni 1984 e 1985 dalla Spa «A.IT. - Azienda Industriale Tiburtina» (d'ora innanzi: Società), sul rilievo: a) che sul reddito tratto dalla locazione di un complesso immobiliare era stata operata la detrazione di 1/3, anziché di 1/4 prevista per le case di civile abitazione; b) che erano state dedotte anche le spese generali di gestione della società, da ritenersi invece indeducibili perché inerenti agli immobili locati; c) che erano stati svalutati crediti fiscalmente indeducibili;

- che la società proponeva ricorso deducendo: a) che la detrazione di 1/3 era stata legittima, essendo il complesso immobiliare dato in locazione costituito da un opificio industriale, al quale una unità abitativa, destinata ad alloggio del portiere, e una tettoia, utilizzata per la copertura di un deposito di materiali; b) che le spese generali di gestione della società non potevano essere annoverate tra i «costi relativi agli immobili» dichiarati indeducibili dall'art. 52, D.P.R. 29 settembre 1972, n. 597 rispetto agli immobili che «non» costituiscono beni strumentali per l'esercizio dell'impresa; c) che gli accantonamenti effettuati nel fondo svalutazione crediti dovevano essere riconosciuti deducibili in conformità di quanto disposto dall'art. 66, D.P.R. 597/72;

- che il ricorso era riconosciuto fondato dalla commissione adita, la cui decisione era però riformata dalla commissione tributaria regionale che, accogliendo parzialmente l'appello dell'ufficio, affermava la legittimità delle riprese a tassazione di cui alle lettere a) e b) del precedente capoverso, sul duplice rilievo;

- che il reddito denunciato come canoni di locazione di fabbricati a destinazione industriale riguardavano, in realtà, fabbricati a destinazione abitative;

- che, avendo la società ad oggetto una mera attività di godimento degli immobili ricompresi nel patrimonio sociale, anche le spese generali di gestione andavano considerate, a tutti gli effetti, come «relative» agli immobili;

- che la Società chiede la cassazione di tale sentenza con tre motivi di ricorso, al cui accoglimento l'amministrazione delle finanze si oppone.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - Con il primo motivo la Società - denunziando violazione e falsa applicazione dell'art. 5, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 598, in relazione agli artt. 52 e 88, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, all'art. 2, legge 23 febbraio 1960, n. 131, all'art. 1, legge 4 novembre 1951, n. 1219, all'art. 75, D.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, all'art. 7, D.L.vo 31 dicembre 1992, n. 546; nonché vizio di motivazione - censura la sentenza impugnata per aver ritenuto applicabile, nella specie, la detrazione di 1/4 del reddito imponibile prevista per la locazione di case di civile abitazione, anziché quella di 1/3, accordata per la locazione di...

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