Giurisprudenza di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine105-144

Page 105

@CORTE DI CASSAZIONE Sez. VI, 27 novembre 2002, n. 40145 (ud. 8 ottobre 2002). Pres. Sansone - Est. Ambrosini - P.M. Iadecola (conf.) - Ric. P.G. in proc. Beriachetto ed altri.

Abuso d'ufficio - Estremi - Fattispecie - Rifusione delle spese - Attività giudiziaria del sindaco - Difesa personale contro accusa di corruzione - Rifiuto da parte della giunta comunale di rifonderle - ConfigurabilitàEsclusione - Fondamento - Differenza tra pubblico impiegato e amministratore.

È legittimo - e non può, pertanto, dar luogo alla configurabilità del reato di abuso d'ufficio - il rifiuto, da parte dei componenti di una giunta comunale, di deliberare la rifusione, ai sensi dell'art. 67 del D.P.R. n. 268/1987, in favore di un ex sindaco, delle spese da questi sostenute per difendersi da un addebito penale di corruzione, atteso che la norma anzidetta riguarda soltanto i «dipendenti» di enti pubblici, tra i quali il sindaco, nella sua diversa qualità di «amministratore», non può essere annoverato. (Mass. Redaz.). (C.p., art. 323) (1).

    (1) Non si riscontrano precedenti sull'esatta questione. In senso più generale, si veda in dottrina, FERDINANDO ESPOSITOAbuso d'ufficio : volontà riformatrice, finalità conservatrice, in questa Rivista 2000, 861.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - La Corte d'appello di Torino con sentenza 3 maggio 2001 confermava la sentenza 26 aprile 2000 del Tribunale di Saluzzo di assoluzione perché il fatto non sussiste di Beriachetto Francesco, Badariotti Fulvio, De Petris Vittorio, Bonelli Vincenzo e Agù Pietro dal reato di cui all'art. 323 c.p.

L'imputazione ha per oggetto il diniego da parte dei componenti la giunta del Comune di Bagnolo Piemonte - con delibera 11 aprile 1997 assunta all'unanimità - di rifondere all'ex sindaco Ribotta Elio le spese sostenute per la difesa in un procedimento penale che lo vedeva imputato del reato di cui all'art. 319 c.p. per avere rilasciato a terzi l'autorizzazione all'apertura di un ristorante, ricevendo per sè illegittimamente la somma di lire 3.000.000.

Ritiene la sentenza impugnata, conformemente a quanto deciso dal primo giudice, la legittimità della delibera comunale, in quanto l'art. 67 D.P.R. 268/87 pone a carico dell'ente pubblico ogni onere difensivo in favore dei dipendenti pubblici «per fatti o atti direttamente connessi nell'espletamento del servizio e all'adempimento dei compiti d'ufficio», salvo il caso di conflitto di interessi o di condanna esecutiva per fatti commessi con dolo o colpa grave.

Nel caso in questione non si trattava di «dipendente» comunale, tale non potendosi considerare il sindaco, e l'eventuale interpretazione analogica della norma anche a favore degli amministratori, non poteva integrare la «violazione di legge» richiesta dall'art. 323 c.p.

Al proposito richiamava la sentenza 197/2000 della Corte costituzionale relativa all'art. 39 della legge 145/80 della Regione Sicilia.

Ricorre il P.G. presso la Corte d'appello di Torino per violazione di legge, assumendo che l'art. 323 c.p. non è «norma penale in bianco» e che l'interpretazione analogica dell'art. 67 D.P.R. 268/87 non ha alcuna incidenza sull'interpretazione dell'art. 323 c.p.

Ricorre altresì la difesa della parte civile Ribotta Elio con analoghe argomentazioni.

La difesa degli imputati resistenti, con memoria tempestivamente depositata, contrasta la tesi dei ricorrenti, assumendo che nessuna norma impone ai comuni di rifondere agli amministratori elettivi le spese legali sostenute nei precedenti penali relativi a fatti commessi nell'esercizio delle loro pubbliche funzioni e che l'art. 323 c.p. non è norma «autosufficiente» ma richiede una integrazione da parte di altre norme, penali o extrapenali.

In sede di discussione la stessa difesa introduceva un tema nuovo, sulla scorta di una decisione di questa Suprema Corte (sez. I civ., 23 aprile 2002, n. 5914, Farinato c. Com. Molfetta) in cui si afferma che i decreti presidenziali (tra cui il n. 268/87 che qui interessa) i quali prevedono, in presenza di determinate condizioni, l'assunzione a carico dell'ente le spese processuali relative ai giudizi di responsabilità civile o penale promossi nei confronti dei dipendenti, si limitano ad approvare il trattamento economico e normativo del personale degli enti locali concordato con appositi accordi collettivi dal Governo e dalle rappresentanze sindacali, rendendolo esecutivo per tutto il territorio nazionale, con la conseguenza che, non essendo stati adottati nell'esercizio della funzione legislativa delegata, sono privi di forza di legge, ma hanno natura regolamentare.

MOTIVI DELLA DECISIONE. 1. - L'art. 323 c.p., a differenza di quanto sostenuto dai ricorrenti, è norma che deve necessariamente essere integrata con il riferimento ad altra norma legislativa (o di regolamento in senso stretto), la cui violazione è presupposto necessario per la verifica dell'abuso, da parte del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio, finalizzato a procurare a sè o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale.

Sul punto non possono sussistere dubbi, sia alla luce della stessa lettera della norma, sia sulla base della costante giurisprudenza di questa Suprema Corte.

  1. - Nel caso l'integrazione normativa è costituita dal D.P.R. 268/87, il cui tenore letterale non può prestarsi ad equivoci, posto che il riferimento normativo è relativo ai «dipendenti», ai quali in nessun caso sono assimilabili gli «amministratori», salve forzature interpretative inammissibili (tanto in via di interpretazione estensiva, quanto in via di interpretazione analogica) dato il contesto penale di cui si tratta.

  2. - Questo rilievo trova pieno riscontro nella decisione, menzionata dalla sentenza impugnata, della Corte costitu-Page 106zionale 197/2000 che, se pur riferita alla legislazione a statuto speciale della Regione Sicilia (del tutto equivalente a quella del D.P.R. 268/87), ha indubbiamente valore di carattere generale. In tale decisione si scandisce a chiare lettere la distinzione fra dipendente e amministratore, dove il primo conferisce all'ente di appartenenza «le proprie energie lavorative», il secondo si trova in una situazione di «immedesimazione organica con l'ente», basata su un rapporto che «comunque non è di lavoro subordinato». Dal che la decisione desume che «residua pur sempre un elemento differenziale (fra le due figure di dipendente e amministratore) sul quale è ben possibile al legislatore, senza superare i limiti della sua discrezionalità, costruire una disciplina diversificata in materia di indennizzabilità degli oneri di difesa sopportati dai dipendenti, per il caso in cui si trovino sottoposti ad un procedimento all'esito del quale siano dichiarati esenti da responsabilità».

  3. - Tanto è sufficiente per dichiarare infondati i ricorsi del P.G. e della parte civile.

    Per contro il tema nuovo introdotto nel corso della discussione davanti a questa Corte dalla difesa degli imputati resistenti - il cui rilievo appare di estremo interesse «culturale» - non può trovare ingresso, sia per la sua tardività (costituendo un motivo del tutto nuovo, come tale inammissibile), sia per la priorità logica della considerazione che il preteso riferimento normativo, eventualmente integratore della fattispecie di cui all'art. 323 c.p., non è idoneo a questo fine per essere relativo a una situazione (quella del dipendente dell'ente pubblico) del tutto estranea alla posizione dell'amministratore.

  4. - In questo quadro i ricorsi devono essere rigettati, con la conseguente condanna della parte civile al pagamento delle spese processuali. (Omissis).

    @CORTE DI CASSAZIONE Sez. VI, 23 novembre 2002, n. 39685 (ud. 22 ottobre 2002). Pres. Acquarone - Est. Ippolito - P.M. Meloni (diff.) - Ric. Argentini.

    Resistenza a pubblico ufficiale - Elemento oggettivo - Scriminanti - Reazione ad atto arbitrario del pubblico ufficiale.

    Deve ritenersi scriminato, ai sensi dell'art. 4 del D.L.vo Lgt. n. 288 del 1944, in quanto costituente reazione ad atto arbitrario del pubblico ufficiale, il reato di resistenza commesso da soggetto che abbia cercato di opporsi, con strattoni, ad agenti di polizia i quali pretendevano di trattenerlo nel loro ufficio, per quindi accompagnarlo in Questura, pur dopo aver provveduto alla sua compiuta e sicura identificazione, per l'effettuazione della quale, essendosi egli rifiutato di declinare le proprie generalità, lo avevano in precedenza condotto in detto ufficio, in applicazione di quanto previsto dall'art. 11 del D.L. 21 marzo 1978 n. 59, conv. con modif. in legge 18 maggio 1978 n. 191. (Mass. Redaz.). (C.p., art. 337; D.L.vo Lgt. 14 settembre 1944, n. 288, art. 4) (1).

      (1) Nello stesso senso Cass. pen., sez. VI, 14 gennaio 1999, Broccato L., in questa Rivista 1999, 924, per cui, qualora l'attività violenta o minacciosa sia posta in essere da un terzo che intenda contrastare l'accompagnamento coattivo di una persona (già identificata) da parte dei carabinieri in una caserma, assumendo l'illegittimità del comportamento dei pubblici ufficiali, non può, comunque, trovare applicazione la scriminante della reazione ad atti arbitrari, in quanto la locuzione usata dal legislatore nell'art. 4 del D.L.vo Lgt. 14 settembre 1944, n. 288, secondo la quale «Non si applicano le disposizioni degli artt. 336, 337, 339, 341, 342, 343 c.p. quando il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio ovvero il pubblico impiegato abbia dato causa al fatto preveduto negli stessi articoli, eccedendo con atti arbitrari, i limiti delle sue attribuzioni», determina una correlazione indefettibile tra persona che può invocare la scriminante e la vittima dell'arbitrio, nel senso che le due figure debbono essere necessariamente riconducibili al medesimo soggetto e presuppone un rigoroso rapporto causale fra la condotta arbitraria del pubblico ufficiale e la reazione da parte di colui che l'ha subita. Interessante anche Cass. pen., sez. VI, 26 luglio 1996, P.M. in proc. Pacifici, ivi 1997, 245,...

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT