Prime osservazioni sul delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2 d.l.vo 10 marzo 2000 n. 74)

AutoreCosimo M. Pricolo
Pagine651-655

    Il presente articolo è tratto da una relazione tenuta al Convegno su «La riforma del diritto penale tributario» organizzato dall'Accademia della Guardia di Finanza e svoltosi a Bergamo il 30 marzo di quest'anno.


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@La riforma del sistema penale tributario.

Il 15 aprile di quest'anno è entrata in vigore la tanto annunciata e attesa riforma del diritto penale tributario, con l'emanazione del decreto legislativo 10 marzo 2000 n. 74, in attuazione dell'art. 9 della legge delega 25 giugno 1999 n. 205 1.

Esce quindi di scena, anche per la contemporanea abolizione del principio di ultrattività della norma penale finanziaria (disposta dall'art. 24 del D.L.vo 30 dicembre 1999 n. 507, in attuazione della stessa legge delega n. 205 del 1998), la c.d. legge delle manette agli evasori, legge n. 516 del 1982 2. Il bilancio di congedo può definirsi fallimentare: la tecnica, da quella legge introdotta, dell'incriminazione delle c.d. condotte prodromiche, violazioni formali spesso di modesta gravità e di natura contravvenzionale ritenute propedeutiche all'evasione fiscale, non è infatti assolutamente riuscita ad arginare il fenomeno dell'evasione fiscale. Si è così assistito soltanto ad un enorme proliferare di processi per reati tributari, ad un pesante ingolfamento dei carichi giudiziari, e nella rete del processo o della sanzione penale sono finiti, per lo più, contribuenti di modesta pericolosità, distratti, sprovveduti o, più semplicemente, sfortunati.

Così dopo anni di auspici, di critiche, di contrasti interpretativi, di proposte di riforma annunciate o non attuate, o attuate in modo difforme rispetto alle aspettative, di inasprimenti sanzionatori e di modeste depenalizzazioni, di sanatorie di svariata foggia e tipologia si è arrivati a quella che appare una svolta fondamentale.

Le nuove fattispecie (invero non senza eccezioni) paiono ora riferirsi all'evasione come momento essenziale del disvalore penale, con l'abbandono del modello contravvenzionale e la previsione di poche ipotesi delittuose a dolo specifico di evasione o indebito rimborso; con l'individuazione, nella maggioranza dei casi, di soglie di punibilità, di misura anche considerevole, correlate all'imposta evasa e lasciate all'accertamento del giudice penale.

Nella prospettiva della nuova affermata dimensione di offensività le ipotesi di delitto introdotte dalle riforme sono divise in due distinte categorie: la prima, con fattispecie incentrate sulla dichiarazione annuale in materia di imposte sui redditi o dell'imposta sul valore aggiunto, con una inedita apertura alle valutazioni; la seconda, con fattispecie, definite dalla Relazione governativa «collaterali», caratterizzate da tipologie di condotte comunque all'evasione fiscale collegate, se non altro in una prospettiva teleologica.

Seguono quindi ulteriori disposizioni a carattere generale che regolano istituti sostanziali e processuali di vario tipo che, come si legge in relazione: «percorrono trasversalmente il campo di intervento» (pene accessorie, istituti premiali, interpretazione delle norme tributarie, adeguamento al parere del Ministero delle Finanze o del Comitato per l'applicazione delle norme antielusive, prescrizione, competenza territoriale). Con riferimento a tali ultimi due aspetti, la prospettiva seguita è stata, in genere, quella di avvicinare il diritto penale tributario alle regole generali del diritto penale.

Infine, la riforma delinea e precisa i rapporti tra il sistema penale e il sistema sanzionatorio tributario e tra il procedimento penale, il procedimento amministrativo di accertamento e il processo tributario.

In materia di dichiarazione sono previste quattro distinte ipotesi delittuose, suddivise, secondo le indicazioni della legge delega, in due delitti di dichiarazioni fraudolente, caratterizzate da un impianto artificioso rappresentato rispettivamente dall'uso di fatture (o altri documenti) per operazioni inesistenti e da altri strumenti decettivi in contabilità; in un delitto di dichiarazione infedele e in un delitto di omessa dichiarazione.

@Dal delitto di utilizzazione al delitto di dichiarazione.

Il primo delitto relativo alle dichiarazioni, nell'ordine predisposto dalla riforma e anche in un'ottica di gravità, è previsto dall'art. 2 e riguarda la dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

La norma incriminatrice punisce chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi passivi fittizi.

La disposizione assume quindi un ruolo, al tempo, di introduzione e di simbolo della filosofia riformatrice, con l'abbandono dell'illecito c.d. prodromico e con lo spostamento dell'attenzione sulla dichiarazione rilevante ai fini fiscali. Infatti la nuova fattispecie assorbe, privandolo di per sè di significato penale - come vedremo anche a livello di tentativo - uno dei reati più gravi e più ricorrenti, un «classico» dell'abrogata legge n. 516 del 1982: la frode fiscale per utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti 3.

Ora infatti la condotta di utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti acquisirà significato penale solo quando sia di supporto ad una condotta di dichiarazione fiscale, in relazione agli elementi passivi, mendace, e dunque fraudolenta perché fondata su tale documentazione falsa.

Il delitto si connota per la maggiore gravità rispetto al delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici previsto dall'art. 3: di fronte ad una identica pena edittale (da un anno e sei mesi a sei anni di reclusione), la fattispecie in esame non prevede alcuna soglia quantitativa di imposta evasa per la rilevanza penale. Il delitto potrà quindi ricorrere anche in presenza di una dichiarazione basata su fatture per operazioni inesistenti di importi assai modesti (il classico esempio delle mille lire) 4.

La scelta legislativa è il risultato di una precisa indicazione della legge delega che all'art. 9 lett. b) ha fissato il criterio della previsione di soglie di punibilità, «salvo che per le fattispecie concernenti l'emissione o l'utilizzazione di documentazione falsa e l'occultamento o la distruzione di documenti contabili»: c'è da ritenere che, nell'opinione del legislatore, l'apparato fraudolento costituito dalle fatture, o documenti equiparati, fittizi racchiuda una maggiore portata decettiva rispetto agli altri artifici previsti dall'art. 3 5.

Si può riflettere se tale ipotesi di reato realmente tuteli, in concreto, interessi direttamente ancorati alla percezione dei tributi da parte dello Stato.

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In realtà non può negarsi che la norma assegni pur sempre un ruolo centrale alla fedeltà e alla correttezza della contabilità fiscale e, in specie, della dichiarazione. Infatti l'ottica punitiva è certamente diretta alla dichiarazione come momento culminante e decisivo di disvalore; ma è innegabile che l'evasione è riservata all'ambito (pur importante) del dolo specifico, è quindi il fine che ispira la condotta; in quanto tale, però, non dovrà necessariamente verificarsi per l'integrazione del reato e non rappresenta un elemento costitutivo del fatto di reato 6.

In tale prospettiva, mancando oltretutto nella previsione normativa ogni riferimento ad una imposta effettivamente evasa, se si volesse individuare l'interesse tutelato nel prelievo fiscale dello Stato, ci si troverebbe probabilmente di fronte, ancora una volta, una fattispecie non di danno, ma di pericolo (concreto), seppur con dolo (specifico) di danno.

@La condotta.

La condotta tipica è costituita dall'indicazione, in una delle dichiarazioni annuali relative alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, di elementi passivi fittizi, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

Vi è, allora, una condotta di base strumentale che consiste nell'utilizzazione di una certa documentazione fittizia, e una correlativa successiva condotta - agganciata alla precedente - di indicazione in una dichiarazione fiscale di elementi passivi fittizi 7.

Il secondo comma precisa quando il fatto sia commesso «avvalendosi» dei documenti predetti, chiarendo che tale condotta ricorre quando vi sia la registrazione nelle scritture contabili obbligatorie o la detenzione a fine di prova nei confronti dell'amministrazione finanziaria.

Come nota la Relazione governativa, la precisazione è parsa opportuna ad evitare incertezze sul piano ermeneutico: infatti ora, alla dichiarazione fiscale, in base alla vigente normativa tributaria, non deve essere più allegata alcuna documentazione probatoria, per cui l'ampia elaborazione giurisprudenziale e dottrinale sul concetto di utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti non può essere tout court recuperata.

Si deve precisare che il riferimento non solo alla condotta di registrazione ma anche a quella di detenzione ai fini di prova, cioè ad una conservazione svincolata dalla necessaria presenza di una contabilità, determina che anche il contribuente non obbligato alle scritture contabili può commettere il reato.

Soggetti attivi possono essere pertanto tutti i soggetti che presentano una dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi o dell'imposta sul valore aggiunto.

Il delitto deve considerarsi istantaneo e si consuma con la presentazione della dichiarazione fiscale, rivestendo la condotta di registrazione o detenzione un semplice ruolo strumentale.

In tale prospettiva, a nostro avviso, si deve osservare che eventuali condotte di registrazione o detenzione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, poste in essere successivamente alla presentazione della dichiarazione, e riferibili allo stesso periodo d'imposta per cui questa è predisposta, siano irrilevanti ai fini della configurazione del delitto in esame. Tale soluzione potrebbe lasciare impuniti una serie di comportamenti particolarmente...

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