L'evoluzione della Consuetudo Delinquendi

AutoreIvan Borasi
Pagine103-108

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@1. Premessa

Il presente lavoro è animato dall'intenzione di effettuare un excursus evolutivo della disciplina della recidiva1, approfondendo alcuni spunti critici attuali della disciplina apportata dalla legge n. 251 del 20052, cercando di affrontare la questione con una prospettiva di sistema con particolare riferimento agli istituti di pericolosità sociale qualificata3 anche in chiave prospettica.

@2. Excursus storico

Il sistema penale conosce, ai fini della determinazione in concreto della pena, lo status di delinquente primario e lo status di recidivo4.

Storicamente il recidivo è colui che, dopo essere stato condannato per un reato con sentenza passata in giudicato, ne commette un altro ("ricaduta" nel reato) 5. Ciò valeva prima del revirement del 2005 indifferentemente per i delitti dolosi e colposi e per le contravvenzioni penali.

Nel diritto romano classico la recidiva generica non era una vera e propria circostanza aggravante, bensì eliminava certi benefìci. La nozione di recidiva specifica era presente anche ai romani come aggravante discrezionale ma era spesso confusa con il concetto generico di reiterazione. Anche nelle leggi penali barbariche, nonché nel diritto canonico antico, non era chiara la nozione generale di recidiva che si riferiva solo ad alcuni reati e nella forma specifica, così come anche avveniva nel diritto italiano intermedio. Tale situazione ebbe fino agli ultimi anni del XVIII secolo pochi progressi6.

Il codice Zanardelli individuava due limiti temporali, a decorrere dal momento in cui la pena era stata scontata o la condanna estinta e diversi a seconda della pena comminata in concreto, entro i quali doveva essere contestata larecidiva7.

L'originaria concezione del codice Rocco in ordine all'istituto de quo, prendendo in considerazione le istanze della concezione retribuzionistica e di quella special-preventiva, era arrivata alla sintesi, ad una mediazione che vedeva la recidiva come generica, perpetua ed obbligatoria8.

La novella del 1974 ha rivoluzionato la recidiva trasformandola da obbligatoria a facoltativa, richiedendo per l'applicazione in concreto non più solamente il precedente sul casellario giudiziale ma onerando il giudice di un giudizio prognostico in ordine alla futura commissione di reati da parte delreo9.

La legge n. 251 del 2005 è orientata ad un diritto penale dell'autore più che ad un diritto penale del fatto10, prevedendo la recidiva solo per i delitti non colposi, rein-troducendo un caso di recidiva obbligatoria nell'an (id est senza discrezionalità del giudice in ordine all'applicabilità in concreto) e creando casi di obbligatorietà nel quantum (cioè con aumenti di pena in misura fissa).

@3. Natura giuridica

La recidiva è una figura controversa osteggiata dalla concezione classica retribuzionistica del diritto penale strettamente legata alla gravità del fatto sul piano og-gettivo, mentre è "cavalcata" dalla concezione soggettivistica del diritto penale legata all'idea dell'inclinazione a delinquere e alla maggiore pericolosità sociale del colpe-vole11.

È chiara in campo penalistico una netta divergenza tra un diritto sostanziale orientato verso l'autore, che richiede sovente giudizi sulla personalità come quello previsto al-l'art. 133 comma 2 c.p., e un diritto processuale incentrato sul fatto12, che non è dotato di strumenti che permettano tali valutazioni quali il giudizio sulla personalità del reo, salvo quanto previsto all'art. 220 comma 2 c.p.p.13.

La consuetudo delinquendi per la dottrina dominan-te14 e la giurisprudenza15 è una circostanza aggravante inerente alla persona del colpevole sulla base del combinato disposto degli artt. 69 comma 4, 70 comma 2 e 118 c.p., mentre per alcuni autori trattasi di un mero elemento di commisurazione della pena analogo a quelli di cui all'art. 133 c.p.16. Tale distinzione non è fine a se stessa bensì porta a radicali conseguenze sul piano sostanziale e processuale.

La recidiva ha natura mista, vale a dire produce effetti sostanziali, ove vige il principio di irretroattività, ed effetti processuali, ove vige il principio del tempus regit actum.Page 105

In generale, infatti, le norme penali possono avere effetti sostanziali diretti, quando operano e vengono applicate come tali, ed effetti processuali indiretti, quando vengono assunte a presupposto di una norma processuale direttamente applicata17.

La giurisprudenza18precisa che trattasi di circostanza aggravante sui generis in quanto estranea alla "quantità" del fatto-reato, non rientrando quindi nella categoria degli accidentalia delicti, e non incidendo sul regime di procedibilità dei reati19.

Corollario è rappresentato dal fatto che la recidiva, quando prevede un aumento della pena maggiore di un terzo, non viene considerata ad effetto speciale20 per la disciplina di cui agli artt. 4, 278, 379 c.p.p., rispettivamente in tema di competenza per materia, applicazione di misure cautelari e pre-cautelari.

La sentenza che applica la recidiva ha natura costitutiva di tale status, in quanto il giudice non deve valutare solo per tabulas i precedenti penali, ma deve effettuare un di cui all'art. 133 c.p. teso a chiarire un legame di disvalore ulteriore rispetto al fatto concreto desumibile dai reati in esame21.

Mette conto osservare che il presupposto status di recidivo può essere ricavato per la prima volta per tabulas indipendentemente da una precedente pronuncia di un giudice in tal senso22, e che agli effetti dell'applicazione dell'istituto in questione si tiene conto anche delle condanne per le quali sia intervenuta una causa di estinzione del reato o della pena, salvo il caso di riabilitazione (art. 106 c.p.) . È chiaro che non rileva la morte del reo che omnia solvit nonché le cause di estinzione del reato prima della condanna irrevocabile23.

Interessante parallelo comparatistico è quello tra la disciplina approntata negli anni novanta in U.S.A., basata sul principio del "three strikes and you're out", e quella in tema di recidiva portata dalla legge n. 251 del 2005. Il principio americano succitato tendenzialmente prevede che alla terza condanna penale possa scattare l'ergastolo. La ratio essendi della ex Cirielli è anch'essa basata sulla volontà di colpire fortemente chi delinque almeno tre volte (commettendo delitti non colposi), anche se con conseguenze meno radicali, e frutto di un trend punitivo internazionale, anche se non unanime24.

@4. Effetti

L'effetto principale della recidiva è rappresentato dall'aumento di pena, variamente modulato a seconda della fattispecie di recidiva integrata, da computarsi in ordine al reato ad quem.

Secondo parte della dottrina il revirement del 1974 ha comportato il passaggio da una concezione di recidiva formale ad una sostanziale tesa a stabilire la meritevolezza in concreto dell'aumento di pena25.

La predetta trasformazione ha riacceso le discussioni in ordine alla natura giuridica dell'istituto in questione, in quanto l'applicazione facoltativa della fattispecie mal si concilia con la natura circostanziale normalmente caratterizzata dall'obbligatorietà nell'an26.

Questione dibattuta in tema di facoltatività riguarda il contenuto di tale valutazione: una visione parla solo dell'aumento della pena ritenendo il riconoscimento della recidiva come obbligatorio, mentre la tesi contraria propende per la discrezionalità del giudice in quest'ultima operazione. La seconda tesi è da ritenere la più coerente col sistema come disegnato dal legislatore, oltre che quella seguita dalla giurisprudenza maggioritaria27.

Un'altra innovazione del 1974 è stata l'inserimento all'interno del giudizio di bilanciamento ex art. 69 comma 4 c.p. della recidiva, sulla base del richiamo di cui all'art. 70 comma 2 c.p.. Tale novità ha pesantemente colpito i sostenitori della natura non circostanziale dell'istituto in questione, con avallo pressochè unanime della giurisprudenza.

Il giudizio di bilanciamento che attiene al momento commisurativo della pena28 rappresenta uno degli istituti processuali che maggiormente abbisognano di una rivisitazione da parte del legislatore. La struttura attuale porta a delle storture applicative notevoli, di cui lo stesso legislatore ha preso atto nel 2005 predisponendo dei limiti di prevalenza in taluni casi proprio in tema di recidiva ex art. 99 comma 4 c.p..

Vi è una incongruenza di sistema che si espande sino alla valutazione prevista per l'applicazione facoltativa della recidiva ex art. 99 c.p. e al giudizio di bilanciamento fra recidiva ed eventuali circostanze attenuanti concorrenti ex art. 69 comma 4 c.p.29. Si tratta di evidenti casi di duplicazione di una valutazione sulla base degli elementi sintomatici ex art. 133 comma 2 c.p. già effettuata in sede di commisurazione della pena in base allo stesso comma 2n. 2.

De iure condendo sarebbe utile eliminare l'istituto delle attenuanti generiche ex art. 62 bis c.p.30 e il giudizio di bilanciamento ex art. 69 c.p. 31 prevedendo un calcolo matematico di somma e sottrazione delle attenuanti riconosciute e delle aggravanti applicate, tra le quali anche la recidiva.

Auspicabile sarebbe anche l'eliminazione dei casi di recidiva obbligatoria nell'an e/o nel quantum in quanto limitativi del potere discrezionale del giudice, strumento indispensabile per la parametrazione in concreto della pena finale.

Vexata quaestio riguarda anche gli effetti che una recidiva, ritenuta ma giudicata equivalente o subvalente rispetto ad una o più attenuanti, possa produrre. La soluzione maggiormente coerente con l'impianto generale dell'istituto deve portare a ritenere che la recidiva in tale caso sia privata dell'effetto principale dell'aumento della pena base ma comunque, essendo stata ritenuta e applicata, debba portare tutti gli altri effetti che la contraddistinguono.Page 106

È assai ampio32, infatti, lo spettro degli effetti penali della recidiva diversi dall'aumento concreto della pena, tra i quali i più importanti riguardano: l'amnistia e l'indulto che non si...

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