Crisi di liquidità dell'impresa e responsabilità penale: considerazioni sull'elemento soggettivo
Autore | Enrico Fassi |
Pagine | 16-21 |
204
dott
3/2016 Rivista penale
DOTTRINA
CRISI DI LIQUIDITÀ
DELL’IMPRESA
E RESPONSABILITÀ
PENALE: CONSIDERAZIONI
SULL’ELEMENTO SOGGETTIVO
di Enrico Fassi
I. Nonostante la pluralità di spunti dottrinali sul
tema, particolarmente in auge in questo periodo storico-
economico data anche l’attesa novità legislativa sul pun-
to – intervenuta con il Decreto Legislativo 24 settembre
2015, n. 158, in attuazione della c.d. “Delega Fiscale” – con
il presente contributo si intende volgere nuovamente lo
sguardo al tema della rilevanza sul perimetro soggettivo
della crisi di liquidità di una impresa quale causa di esclu-
sione della penale responsabilità per i reati di omesso
versamento IVA ovvero di ritenute certificate, come noto
previsti e puniti rispettivamente dagli artt. 10 ter e 10 bis
del D.L.vo n. 74/2000 (1).
Tali disposizioni, così come le altre fattispecie incrimi-
natrici previste dal decreto legislativo de quo, sono state
oggetto di incisiva modifica da parte della citata novella
legislativa (che pur riferendosi ad una revisione del si-
stema penale tributario ha comportato una complessa
riforma), la quale ha altresì provveduto alla introduzione
di nuovi articoli (si pensi all’art. 12 bis, relativo alla con-
fisca), andando così a ridisegnare il sistema penale tribu-
tario a breve distanza dall’ultimo intervento legislativo in
materia, risalente alla L. n. 148/2011 (2).
Ciò premesso, con riguardo alla questione afferente l’e-
lemento soggettivo dei reati sopra menzionati, particolare
attenzione deve essere posta, alla luce di una interessante
decisione assunta da un Giudice di merito in adesione alla
richiesta presentata da un Ufficio del Pubblico Ministero,
con riguardo alla motivazione utilizzata per la archiviazio-
ne di un procedimento, incentrata sulla valenza - quanto-
meno dal punto di vista della riflessione teorica - di inter-
venuti “accordi” deflattivi del debito erariale intercorsi tra
il contribuente-indagato e l’Amministrazione Finanziaria,
rispetto alle soglie di punibilità fissate dalle disposizioni
sopra menzionate.
II. In via generale, la Giurisprudenza di legittimità è
infatti rimasta ferma - seppur con timide aperture, che
si dettaglieranno nel prosieguo - nell’escludere l’interfe-
renza del movente delle omissioni erariali e conseguen-
temente nel ritenere non rilevante la crisi di liquidità di
un’impresa quale causa di esclusione della penale respon-
sabilità dei reati omissivi previsti dal D.L.vo n. 74/2000
(3), conformando rigidamente il proprio pensiero ad una
costante interpretazione restrittiva delle disposizioni di
cui si discetta.
Particolare menzione merita, al fine di inquadrare pre-
liminarmente la problematica di fondo sottesa al presente
scritto, la pronunzia n. 52038 del 15 dicembre 2014 con cui
la sezione III della Corte di Cassazione ha nei fatti escluso
un qualsivoglia rilievo della condizione di crisi economi-
ca in cui versa un imprenditore quale giustificazione alla
concessione della esimente della causa di forza maggiore.
Sul punto, infatti, è affermazione costante della Supre-
ma Corte quella per cui le condotte omissive penalmente
sanzionate dal Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, ri-
chiedono per la propria integrazione l’elemento soggettivo
del dolo generico, rappresentato dalla coscienza e volontà
di non versare all’Erario le ritenute o l’IVA dovuta per il
periodo considerato, precisando come tale requisito psico-
logico debba sussistere anche con riguardo alla soglia pre-
vista rispettivamente in centocinquantamila Euro (per la
fattispecie di cui all’art. 10 bis) ed in duecentocinquanta-
mila Euro (per la fattispecie di cui all’art. 10 ter), essendo
questo elemento costitutivo del fatto che contribuirebbe a
definirne il disvalore (4).
La prova del dolo sarebbe pertanto insita nella circo-
stanza della presentazione della dichiarazione annuale,
dalla quale emergerebbe quanto dovuto a titolo di impo-
sta, e che quindi dovrebbe essere saldato o contenuto en-
tro la soglia prevista dalle disposizioni di cui agli artt. 10
bis e 10 ter, entro il termine previsto (5).
La condotta omissiva del soggetto attivo viene ritenuta
dalla Corte, di regola, quale cosciente e volontaria, arti-
colandosi progressivamente, dapprima con il mancato ac-
cantonamento delle somme trattenute, e successivamente
con l’omesso versamento delle stesse secondo le cadenze
previste dalla normativa tributaria, estrinsecandosi infine
con la prosecuzione della condotta medesima fino al ter-
mine ultimo fissato dalla normativa penale.
Per questo, la precisione della formulazione normativa,
che non richiede il fine specifico della evasione delle im-
poste, sembra lasciare margini interpretativi ridotti in
ordine alla possibilità di distinguere la situazione o posi-
zione di coloro i quali omettono i versamenti dovuti con
il proposito di non adempiere alle obbligazioni erariali
insorte, da quelle di coloro i quali invece vi sono costretti
a causa della situazione di crisi economica e conseguente
carenza di risorse finanziarie.
La assoluta impermeabilità all’ingresso nella valutazio-
ne da compiere da parte del Giudicante riguardo ai motivi
soggettivi che possono aver indotto alla violazione, ha di
fatto portato a numerosi arresti della Giurisprudenza di
merito che, in molteplici occasioni, hanno censurato la
rigidità del sistema, fondando le proprie decisioni sull’as-
sunto per il quale la assoluta e incolpevole indisponibilità
di risorse finanziarie potrebbe essere considerata quale
causa di esclusione della antigiuridicità (6).
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