Corte di Cassazione Penale sez. VI, 14 agosto 2018, n. 38606 (ud. 8 febbraio 2018)

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giur giur
Rivista penale 10/2018
LEGITTIMITÀ
un lato, il comportamento induttivo dell’indagato verso
la vittima e, dall’altro, il f‌ine patrimoniale cui questi ten-
deva, ossia, come correttamente evidenziato dai giudici
della cautela, proseguire per quanto possibile il rapporto
continuando a percepire il compenso derivante dalle pre-
stazioni f‌isioterapiche abusivamente svolte. Ancora una
volta, dunque, al cospetto di tale apparato argomentati-
vo, le censure difensive svolte nel motivo di ricorso non
hanno pregio, risolvendosi in una sterile manifestazione
di dissenso rispetto alla ricostruzione delle emergenze
processuali ed alla valutazione degli elementi indiziari
assunti dal tribunale, operazione inidonea ad inf‌iciare la
complessiva tenuta logico-giuridica sul punto della moti-
vazione dell’ordinanza impugnata. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. VI, 14 AGOSTO 2018, N. 38606
(UD. 8 FEBBRAIO 2018)
PRES. FIDELBO – EST. SILVESTRI – P.M. LORI (CONF.) – RIC. S.M. ED ALTRO
Stupefacenti y Attenuanti y Lieve entità del fatto
y Riconoscimento o diniego y Detenzione di sostan-
ze di natura diversa y Plurime condotte di spaccio
reiterate nel tempo y Rilevanza y Esclusione y Ade-
guata valutazione del giudice del fatto nella sua
complessità y Necessità.
. In tema di stupefacenti, ai f‌ini del riconoscimento o
del diniego della “lieve entità” del fatto, quale prevista
dell’art. 73, comma 5, del D.P.R. n. 309/1990, dovendosi
fare applicazione dei principi di offensività e di pro-
porzionalità della pena, quali richiamati, con specif‌i-
co riferimento alla materia in discorso, nella sentenza
merito deve operare una adeguata valutazione com-
plessiva del fatto, tenendo presente, tra l’altro, che,
per un verso, non possono, di per sé, costituire ragioni
suff‌icienti ad escludere la “lieve entità” né la diversa
tipologia delle sostanze stupefacenti oggetto della con-
dotta posta in essere dall’imputato né il carattere non
occasionale degli episodi di spaccio, per essere questi,
al contrario, inseriti in un’attività organizzata e profes-
sionale; per altro verso, può essere legittimo il mancato
riconoscimento della “ lieve entità” qualora la singola
cessione di una quantità anche modica, o non accerta-
ta, di droga costituisca manifestazione effettiva di una
più ampia e comprovata capacità dell’autore di diffon-
dere in modo non episodico, nè occasionale, sostanza
stupefacente, non potendo la valutazione della offensi-
vità della condotta essere ancorata al solo dato statico
della quantità volta per volta ceduta, ma dovendo es-
sere frutto di un giudizio più ampio che coinvolga ogni
aspetto del fatto nella sua dimensione oggettiva. (Nella
specie, in applicazione di tali principi, la Corte ha rite-
nuto motivazione coerente, puntuale, logica, quella con
la quale il giudice di merito aveva evidenziato come la
fattispecie meno grave prevista dall’art. 73, comma 5,
cit. non potesse essere comunque conf‌igurata, tenuto
conto del diverso tipo di sostanza stupefacente dete-
nuta illegalmente, del contesto in cui i fatti in esame
dovevano essere collocati, della sistematicità e conti-
nuità delle condotte illecite, dei prof‌ili di interferenza
tra la portata di tale attività e la necessaria esistenza
di rapporti con circuiti criminali più ampi ed organiz-
zati). (Mass. Redaz.) (d.p.r. 9 ottobre 1990, n. 309, art.
73) (1)
(1) Sulla bassa incidenza che le diverse tipologie di sostanze stupe-
facenti possono avere sull’esclusione delle ipotesi di lieve entità di
cui al all’art. 73, comma quinto, del D.P.R. n. 309 del 1990, si vedano
Cass. pen., sez. VI, 27 marzo 2017, n. 14882, in www.latribunaplus.it
e Cass. pen., sez. IV, 17 novembre 2016, n. 48850, ibidem. Nello stesso
senso, si veda Cass. pen., sez. III, 14 febbraio 2007, n. 6871, ibidem.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La Corte di appello di Firenze ha confermato la sen-
tenza, emessa all’esito del giudizio di primo grado cele-
brato nelle forme del rito abbreviato, con cui S.M. ed E.M.
sono stati rispettivamente condannati per il reato di cui
S. è stato condannato per ventinove dei trentadue capi
di imputazione a lui contestati - di cui ventotto a titolo di
responsabilità monosoggettiva ed uno a titolo di compar-
tecipazione con E. - tutti relativi alla violazione dell’art.
73 D.P.R. n. 309 del 1990; all’interno di molti dei capi di
imputazione sono contestati plurimi episodi di spaccio di
sostanza stupefacente, commessi in un periodo tra luglio
2013 e settembre 2015.
E. è stato condannato per sette capi di imputazione, di
cui uno in concorso con S. e sei a titolo monosoggettivo,
tutti commessi nel corso dell’anno 2015.
I due imputati avrebbero spacciato sistematicamente
cocaina; a S. è contestato di avere spacciato in alcune oc-
casioni anche hashish.
2. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore di S.
articolando quattro motivi di ricorso.
2.1. Con il primo si lamenta violazione di legge e vizio
di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della
fattispecie attenuata di cui al comma 5 dell’art. 73 D.P.R.
La sentenza sarebbe viziata nella parte in cui avreb-
be ingiustif‌icatamente valorizzato, per negare la conf‌igu-
rabilità della fattispecie meno grave, non il quantitativo
modesto di volta in volta detenuto, quanto, piuttosto, le
modalità della condotta, la reiterazione delle cessioni, la
intercambiabilità dei ruoli, facendo in particolare riferi-
mento alla esistenza di una sottostante organizzazione
della quale, a dire del ricorrente, non vi sarebbe invece
prova. (Omissis)
3. Ha proposto ricorso per cassazione anche E. arti-
colando un unico motivo con cui si deduce violazione di
legge e vizio di motivazione in ordine al mancato ricono-
scimento della fattispecie prevista dal comma 5 dell’art.
73 D.P.R. n. 309 del 1990. La sentenza non avrebbe tenuto
conto che i fatti addebitati all’imputato sono solo sette,
commessi in un ambito temporale ristretto tra novembre
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reo, essendo solita parlare sempre di lui al punto tale che
non condivideva l’idea dei f‌igli di cambiare f‌isioterapista,
aggiungendo però la f‌iglia della p.o. che l’uomo coltivava
ed alimentava la predisposizione della madre dei suoi con-
fronti approf‌ittando all’evidenza della vulnerabilità psico-
logica dell’anziana C. che soffriva di disturbo narcisistico
della personalità a tratti bipolare; le dichiarazioni della
f‌iglia della p.o., peraltro, sottolinea il tribunale avevano
trovato riscontro sia nell’analisi dei tabulati del traff‌ico
telefonico dell’utenza dell’indagato dal 1 gennaio 2016 al
7 maggio 2017, che avevano consentito di registrare ben
3864 contatti, voce ed sms, tra questi e l’anziana signo-
ra, anche in ora notturna, del tutto incompatibili con un
normale rapporto di prestazione d’opera professionale, sia
soprattutto avuto riguardo al tenore dei messaggi (v. nel
dettaglio quanto esposto a pag. 9 dell’ordinanza), che de-
notava l’intento dell’uomo di approf‌ittare della particolare
vulnerabilità dell’anziana signora, con messaggi nei quali
sovente professava amore verso l’anziana donna, messag-
gi del tutto incompatibili con un normale rapporto pro-
fessionale; che l’anziana donna fosse stata per così dire,
soggiogata, dall’uomo era stato poi riscontrato anche dalle
dichiarazioni della I., amica convivente della C., la quale
aveva non solo riferito che la p.o. non volesse cambiare
f‌isioterapista nonostante il suo comportamento, ma anche
che la p.o. si mostrava di pessimo umore da quando l’uomo
non era più venuto presso l’abitazione a farle i massaggi
(interruzione, si noti, provocata da un erroneo invio di un
sms da parte della f‌iglia della p.o. all’indagato ma che era
indirizzato alla PG operante, ciò che aveva messo in guar-
dia l’indagato circa l’esistenza di indagini sul suo conto),
non mancando peraltro la stessa p.o. di parlare dell’inda-
gato come di un bellissimo ragazzo, forte, simpatico ed
allegro che la ricopriva di attenzione e di complimenti, a
dimostrazione di come l’anziana fosse stata ormai sopraf-
fatta psicologicamente dall’uomo; ciò consentiva al tribu-
nale del riesame di ritenere che l’indagato, con la sua con-
dotta, avesse quindi circuito l’anziana signora, facendole
credere che si fosse instaurato tra i due un rapporto di tipo
sentimentale, così creando un legame di forte dipendenza
della vittima così da garantirsi il prolungamento della sua
permanenza in casa mediante l’effettuazione delle sedute
f‌isioterapiche (cui, si noti, l’uomo non era abilitato, essen-
do privo di qualsiasi titolo per svolgerle, essendogli stato
peraltro contestato anche il delitto di cui all’art. 348, c.p.)
a pagamento; i giudici del riesame, peraltro, indicano (v.
pagg. 9/10) gli elementi da cui traggono il convincimen-
to dell’esistenza del reato di cui all’art. 643 c.p. (il fatto
che l’uomo quando annullava le sedute con un’amica della
p.o., tale P., lo facesse tramite la C., consapevole del fatto
che quest’ultima lo avrebbe giustif‌icato con la P. che non
nutriva f‌iducia nei suoi confronti, tanto che a distanza di
qualche mese aveva troncato qualsiasi rapporto con l’in-
dagato per mancanza di professionalità; la circostanza
che l’indagato, intercettato mentre si trovava in questura
a colloquio con il padre, alla contestazione di quest’ultimo
che se un magistrato avesse visto quel f‌ilmato egli sarebbe
stato condannato, rispondeva dicendo che gli inquirenti
dovevano sentire la C., descrivendo al padre il “rapporto”
con l’anziana signora vantandosi del fatto che lei lo chia-
masse “amore”, dunque sapendo che la donna lo avrebbe
difeso proprio perchè ormai in stato di soggezione con
lui), precisando, in diritto, che il delitto doveva ritenersi
conf‌igurabile in quanto con la sua condotta l’uomo si ga-
rantiva la prosecuzione del rapporti di prestazione d’ope-
ra nel tempo con il relativo pagamento da parte della p.o.
della retribuzione per le prestazioni f‌isioterapiche svolte,
dunque così prolungando nel tempo il più a lungo possi-
bile l’erogazione di tali prestazioni al costo di 20/25 € per
ognuna delle tre sedute settimanali cui l’anziana signora
veniva sottoposta; i giudici del riesame, inf‌ine, ritengono
del tutto destituito di fondamento il rilievo emerso dalle
indagini difensive, ossia quanto dichiarato dai f‌igli di alcu-
ne “pazienti” dell’uomo, i quali avevano riferito di non aver
subito furti presso le abitazioni né che i loro anziani fami-
liari si fossero lamentati di condotte a sfondo sessuale del
reo, in particolare sottolineando come ciò non escludesse
che l’indagato avesse posto in essere i fatti verso la C., in
quanto era uso individuare le sue vittime nei soggetti più
deboli e fragili, cosa che non poteva dirsi per le tre donne
anziane i cui familiari erano stati sentiti in sede di inda-
gini difensive, in quanto le anziane signore non presenta-
vano un quadro patologico così complesso e deteriorato
come quello della C.
17. Trattasi di motivazione nel complesso del tutto
immune dai denunciati vizi, e del tutto corretta anche in
diritto, atteso che è pacif‌ico nella giurisprudenza di que-
sta Corte che nel reato di circonvenzione di incapaci, il
giudice, al f‌ine di accertare lo stato di def‌icienza psichica
del soggetto passivo può ben dare rilevanza alla passione
morbosa che il soggetto passivo (nella specie, una donna
di età avanzata) nutriva per l’agente (assai più giovane)
commista ad una costante esaltazione mistico-sentimen-
tale, poiché è noto che, al pari della carenza affettiva, la
tenace presenza di un’idea dominante, carica di conte-
nuto emotivo, unitamente ad una forte tensione affetti-
va possono, specie in persone anziane e in soggetti dalla
personalità debole, avere un effetto deviante del pensiero
critico ed un’azione nettamente inibitrice sulla volontà
(in termini: v., sez. V, n. 6782 del 14 dicembre 1977 - dep.
30 maggio 1978, Hennessy, Rv. 139192); a ciò va aggiunto
che, ai f‌ini della sussistenza dell’elemento dell’induzione,
la valutazione della condotta del reo non deve essere limi-
tata all’attività positiva posta in essere dall’imputato ma
deve essere rivolta anche alla valutazione dei risultati de-
gli atti di disposizione patrimoniale compiuti che possono
dimostrare indizi sul perpetra mento di una induzione in
termini di rafforzamento di una decisione in itinere (sez.
I, n. 16575 del 31 marzo 2005 - dep. 3 maggio 2005, P.G. in
proc. Siciliano ed altro, Rv. 231380), e, nel caso di specie,
era evidente che la complessiva condotta posta in essere,
il fatto di blandire e ricoprire di attenzioni la p.o., di far-
la “sentire” ancora piacevole e piacente, al punto tale da
creare nell’anziana signora di non poter fare a meno per le
prestazioni f‌isioterapiche dell’indagato, soggetto che non
era nemmeno abilitato ad eseguirle, rendeva evidente, da

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