Corte di Cassazione Penale sez. V, 21 aprile 2016, n. 16735 (c.c. 18 dicembre 2015)

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6/2016 Rivista penale
LEGITTIMITÀ
composizione e consistenza del patrimonio del soggetto
“pericoloso” (in rapporto al pericolo di illiceità delle sue
fonti patrimoniali). È, quindi, stato più volte ribadito che
la fattispecie incriminatrice sanziona la condotta omissi-
va in quanto diretta a prevenire il pericolo di utilizzo di
fonti patrimoniali illecite (così, in motivazione, sez. II, 18
maggio 2010, n. 27196; sez. I, 26 novembre 2009, n. 12433.)
3. Nella specie, oggetto di contestazione sono le somme
ricavate dall’imputato a titolo di canone di aff‌itto di terre-
ni di sua proprietà, considerate come fruttif‌icazione del
suo patrimonio immobiliare.
4. Ritiene la Corte che - a prescindere dalla natura mobi-
liare o immobiliare del bene che fa ingresso nel patrimonio
del condannato per maf‌ia - non ogni elemento positivo che
entra a far parte di detto patrimonio costituisce variazione
patrimoniale rilevante ai f‌ini della comunicazione. Essa,
invero, si individua in quegli incrementi - che incidono sul-
la composizione o sulla entità del patrimonio oltre il limite
previsto - la cui acquisizione abbia comportato un impiego
di fonti patrimoniali - o assunzione di corrispondenti obbli-
ghi - da parte del condannato. Non rientrano, quindi, tra le
variazioni patrimoniali le acquisizioni di somme costituenti
rendite provenienti da beni già di proprietà del condannato,
quindi, rispetto alle quali questi non ha impiegato fonti pa-
trimoniali o assunto corrispondenti obblighi - in relazione ai
quali si giustif‌icano le verif‌iche che la norma incriminatrice
intende assicurare, imponendo gli obblighi di comunicazione.
5. Ne consegue che l’importo degli aff‌itti in questione -
o il credito relativo - , non essendo acquisizioni conseguen-
ti all’impiego di fonti patrimoniali in capo al condannato,
non erano soggette alla comunicazione, la cui omissione è
sanzionata dalla norma incriminatrice in questione.
6. La sentenza impugnata, deve, pertanto, essere an-
nullata senza rinvio perché il fatto non sussiste. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. V, 21 APRILE 2016, N. 16735
(C.C. 18 DICEMBRE 2015)
PRES. NAPPI – EST. DE GREGORIO – P.M. FIMIANI (CONF.) – RIC. DI MEO
Schiavitù y Intermediazione illecita e sfruttamen-
to del lavoro y Elementi costitutivi y Individuazione
y Violenza, minaccia o intimidazione y Sussistenza y
Necessità.
. In tema di intermediazione illecita e sfruttamento
del lavoro (art. 603 bis c.p.) deve ritenersi carente la
motivazione sulla base della quale si affermi la conf‌igu-
rabilità di detto reato avendo riguardo soltanto agli ele-
menti indicativi dello sfruttamento (quali, nella specie
– trattandosi di operai distaccati da altre imprese – un
orario di lavoro largamente superiore alla regola delle
otto ore giornaliere, la corresponsione di metà della
retribuzione dovuta, essendo l’altra metà destinata ai
titolari delle imprese distaccanti, il mancato riconosci-
mento del diritto alle ferie ed alle assenze per malat-
tia), senza che risulti dimostrata la sussistenza anche
dell’altro necessario elemento, costituito dall’impiego
di violenza, minaccia o intimidazione. (Mass. Redaz.)
(c.p., art. 603 bis) (1)
(1) Nello stesso senso, per un inquadramento del reato in oggetto,
si veda Cass. pen., sez. V, 27 marzo 2014, n. 14591, in questa Rivi-
sta 2015, 920. Sull’argomento, in dottrina v. P. SCEVI, Il delitto di
intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro: alcuni spunti di
rif‌lessione, ivi 2012, 1059.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale del Riesame
di L’Aquila ha confermato il provvedimento cautelare di
custodia in carcere nei confronti del ricorrente Di Meo,
imprenditore edile impegnato nella ricostruzione dell’A-
quila, per i delitti ex art. 603 bis e 416 c.p.
1. Il Collegio del riesame ha rigettato alcune questioni di
rito ed ha ritenuto esistenti i gravi indizi di colpevolezza per
il delitto ex art 603 bis c.p., desunti in prevalenza da conver-
sazioni intercettate. Da queste si evinceva che i lavoratori
distaccati erano retribuiti in misura largamente minore ri-
spetto al previsto, che non avevano diritto a ferie o malattie,
che svolgevano orari di lavoro f‌ino a 13 ore giornaliere. La
situazione emergente dagli atti induceva il riesame a re-
spingere le deduzioni difensive tendenti ad evidenziare la
regolarità formale della costituzione dei rapporti di distac-
co, sulla quale la difesa produceva idonea documentazio-
ne. Dalle intercettazioni si desumeva, altresì, il bisogno di
lavorare degli addetti e minacce di mandarli via. (Omissis)
Avverso il provvedimento ha proposto ricorso la difesa,
i cui motivi sono enunciati nei limiti strettamente neces-
sari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 comma 1 disp.
att. c.p.p. (Omissis)
3.1 Col quarto motivo, riguardante la gravità indiziaria
e le esigenze cautelari, si censura il provvedimento per vizi
di motivazione e violazione di legge in relazione all’art 273
e 274 c.p.p.. Secondo il ricorrente, infatti, mancherebbero
gli stessi elementi costitutivi del delitto ex art 603 bis c.p.,
non essendo emersi né la violenza, né la minaccia nei con-
fronti dei lavoratori, né il loro stato di bisogno; in proposito
erano citate anche alcune conversazioni con i dipendenti,
secondo la difesa interpretabili come semplici richiami
agli stessi; si è sottolineato che in ogni caso l’indagato non
avrebbe mai direttamente interloquito con i lavoratori.
Il provvedimento, inoltre, non avrebbe tenuto in conto
le deduzioni ed allegazioni difensive, dalle quali era desu-
mibile la regolarità dei distacchi dei lavoratori, essendo
inconsistente l’accusa di un uso distorto dell’istituto. Per il
delitto ex art. 416 c.p. la motivazione sarebbe carente con
particolare riguardo all’esistenza del vincolo associativo.
Quanto alle esigenze cautelari i Giudici avrebbero con-
fermato la misura per evitare la reiterazione dei reati ma
l’ordinanza genetica faceva solo riferimento al pericolo di
inquinamento probatorio; inoltre la decisione non sarebbe
conforme alla nuova legge 47/2015 che impone un obbligo
di motivazione più stringente circa l’effettiva pericolosità
dell’indagato che, nel caso concreto, è soggetto incensura-
to, da oltre trenta anni dedito ad attività imprenditoriale
senza violare precetti penali. (Omissis)

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