Corte di appello penale di Napoli sez. II, ord. 3 gennaio 2014
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Rivista penale 9/2014
Merito
coRte di appello penale di napoli
sez. ii, oRd. 3 gennaio 2014
pRes. Maddalena – est. giannelli – iMp. n.
Associazione per delinquere y Associazione di
tipo mafioso y Continuzione y Tra il delitto di cui al-
l’art. 416 bis c.p. ed i reati-fine y Ammissibilità y Ag-
gravanti y Aggravante di cui all’art. 7 L. n. 203/1991
in ordine ai reati-fine y Vincolo della continuazione
y Sussistenza.
. Ben può ravvisarsi il vincolo della continuazione tra il
delitto associativo di cui all’art. 416 bis c.p. ed i reati-
fine che vengono commessi nel perseguimento delle
finalità del sodalizio criminale - sebbene le finalità in
parola siano contemplate solo in via eventuale dal legi-
slatore - in considerazione della natura permanente di
ogni reato associativo e dell’unitaria programmazione
criminosa relativa sia all’adesione al sodalizio, sia alla
commissione dei singoli reati-fine. Tale continuazione
si verifica specialmente quando venga contestata in
ordine ai reati-fine la circostanza aggravante di cui
all’art. 7 L. n. 203/1991 (di conversione del D.L. 13
maggio 1991, n. 152), sotto il profilo dell’intento di
agevolazione delle mire egemonico-territoriali del clan
di appartenenza dell’agente. (c.p., art. 416 bis; d.l. 13
maggio 1991, n. 152, art. 7) (1)
(1) Sulla configurabilità del nesso di continuazione fra delitto di as-
sociazione mafiosa e reati-fine, si veda la giurisprudenza di legittimi-
tà a commento dell’art. 416 bis contenuta nel Codice penale, a cura
di L. ALIBRANDI, ed. La Tribuna, Piacenza 2014, pp. 1213 e ss., giuri-
sprudenza che sembra attestata nel senso di ritenere sussistente la
continuazione suddetta esclusivamente qualora i reati-fine siano
stati programmati nelle loro linee essenziali sin dal momento della
costituzione del sodalizio criminoso. Sulle condizioni che rendono
sussistente l’aggravante di cui all’art. 7 L. n. 203/1991, utile è sempre
la consultazione di L. ALIBRANDI, op. cit., pp. 1204 e ss.
svolgiMento del pRocesso e Motivi della decisione
La Corte, quale giudice di rinvio a’ sensi dell’art. 623
c.p.p., è chiamata a decidere sulla unificabilità in conti-
nuazione dei fatti per i quali il N. ha subìto condanna per
effetto delle surrichiamate sentenze.
Va, pertanto, affrontato il delicato problema della pos-
sibilità del cumulo giuridico di cui al secondo comma del-
l’articolo 81 c.p. tra i reati associativi - nella specie, quello
contemplato dall’articolo 416 bis c.p. - e quelli che, nel
perseguimento delle finalità di consolidamento egemonico
del sodalizio criminale, vengano commessi.
Orbene, mentre i criteri adottandi per valutare la pos-
sibilità di unificazione in continuazione attengono, di
regola, all’identità, o, quanto meno, all’affinità dei beni
giuridici lesi con le plurime violazioni, al lasso temporale
intercorso tra la commissione delle stesse, al dato territo-
riale nonché delle persone eventualmente concorrenti con
il richiedente, qualora si tratti del rapporto tra i reati plu-
risoggettivi di matrice associativa (es.: artt. 306, 416, 416
bis c.p.; 74 T.U. 9 ottobre 1990, n. 309, e succ. modd.; 291
quater D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, introdotto dall’artico-
lo 1, comma 1, lettera a), della legge 19 marzo 2001, n. 92)
e i delitti che vengano posti in essere nell’attuazione delle
finalità contemplate nelle norme incriminatrici dei fatti di
associazione (invero, quanto al delitto di cui all’articolo
416 bis c.p., la finalità è posta solo in via di eventualità, ma
è ben difficile concepirne il difetto), il criterio informatore
in tema di ravvisabilità del medesimo disegno criminoso,
nei sensi suesposti, diviene quello della riconducibilità
dei reati fine all’intrinsecazione “in mundo” delle mire
di stabilità, serietà e consolidamento della struttura del
sodalizio criminale.
In ben numerosi pronunciati il Supremo Collegio ha
deciso nel senso della necessaria distinzione dommatica
tra la medesimezza del disegno criminoso di cui all’arti-
colo 81, secondo comma, c.p., specifico, ed il fine di com-
mettere delitti contemplato dalle norme fondanti l’incri-
minazione di reati associativi, per propria natura generico
e indeterminato.
Più in particolare, quanto alla possibilità di unificazio-
ne in continuazione dei delitti fine del reato associativo
di cui all’articolo 416 bis c.p. e quest’ultimo, la Corte di
Cassazione, sino ad epoca alquanto recente, ha imposto
la riconducibilità dei reati di cui alla finalità scellerata
all’originario programma costitutivo del sodalizio crimi-
nale.
Di recente, però, il Supremo Collegio (Cass., sez. I, 30
novembre 2011, n. 21034, Terracciano) si è orientato nel
senso della riconducibilità dei reati - fine ad un program-
ma associativo “di massima”.
Va, ancora, notato che le difficoltà di unificazione in
continuazione s’affievoliscono - e non di poco - qualora,
in ordine ai delitti - fine venga contestata la circostan-
za aggravante di cui all’articolo 7 della legge 12 luglio
1991, n. 203, sub specie di finalità di agevolazione della
permanenza e stabilità del sodalizio criminale di appar-
tenenza.
A giudizio di questa Corte territoriale, “in subjecta
materia”, non si può fare a meno di considerare la natura
permanente di tutti i reati associativi, la quale fa sì che
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