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AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine1317-1324

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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. VI, 22 settembre 2005, n. 33925 (ud. 12 aprile 2005). Pres. Trojano - Est. Milo - P.M. Geraci (diff.) - Ric. Mazza.

Misure di prevenzione - Appartenenti ad associazioni mafiose - Cauzione - Versamento - Inottemperanza - Decreto del tribunale di accoglimento della proposta di applicazione della misura di prevenzione - Impugnazione - Accoglimento da parte della corte di appello - Configurabilità del reato ex art. 3 bis, L. n. 575/65Esclusione.

Deve escludersi la configurabilità del reato di cui all'art. 3 bis, comma quarto, della legge 31 maggio 1965 n. 575 (mancato versamento della cauzione imposta a soggetto sottoposto a misura di prevenzione quale indiziato di appartenenza ad associazione di tipo mafioso), qualora a seguito di impugnazione proposta avverso il decreto con il quale il tribunale aveva accolto la proposta di applicazione della misura di prevenzione, la corte d'appello abbia ritenuto che detta proposta fosse da respingere. (Mass. Redaz.). (L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 4; L. 31 maggio 1965, n. 575, art. 3 bis) (1).

    (1) La massima in epigrafe sancisce un principio di diritto di opposto tenore rispetto l'orientamento della giurisprudenza precedente secondo la quale il provvedimento impositivo della misura di prevenzione e della relativa cauzione è immediatamente esecutivo; ne deriva che il reato di inottemperanza all'ordine di versare la cauzione si perfeziona con la scadenza del termine fissato dal tribunale per il deposito della cauzione stessa, indipendentemente dalle eventuali impugnazioni proposte e dal loro esito sfavorevole, salvo l'ipotesi che la decisione favorevole intervenga prima della scadenza del termine fissato per il deposito della cauzione. Tale conclusione, come si è detto, è sostenuta dalla giurisprudenza sinora maggioritaria espressa da: Cass. pen., sez. fall., 6 settembre 2004, Nirta, in CED, Archivio penale, RV 229778; Cass. pen., sez. I, 5 aprile 1996, Russo, in questa Rivista 1996, 1153; Cass. pen., sez. I, 3 luglio 1995, Callà, ivi 1996, 394 e Cass. pen., sez. I, 5 gennaio 1995, Galatà, ivi 1995, 680. In dottrina, cfr. P.V. MOLINARI e U. PAPADIA, Le misure di prevenzione, Ed. Giuffrè, Milano 1994, 457 ss.; A. CARDONE, La prevenzione antimafia. Le misure personali, in Giur. mer. 1994, I, 564 e A. CARDONE, La prevenzione antimafia. 2) Le misure patrimoniali, ivi 1994, I, 769.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. - La Corte d'appello di Napoli, con sentenza 27 aprile 2004, confermava quella in data 4 luglio 2003 del Tribunale della stessa città, che aveva dichiarato Mazza Anna colpevole del reato di cui all'art. 3 bis della legge n. 575/65 e, in concorso delle circostanze attenuanti generiche, l'aveva condannata alla pena di giorni venti di arresto.

Ricorre per cassazione, tramite il proprio difensore, l'imputata, deducendo la mancanza e la manifesta il logicità della motivazione, sotto vari profili: a) il decreto impositivo della misura di prevenzione non le era stato notificato presso lo studio del suo difensore dove aveva eletto domicilio e su tale punto, prospettato in appello, non v'era stata risposta; b) la misura di prevenzione, con provvedimento del 25 marzo 2003, era stata revocata in appello e, quindi, venuta meno ex tunc la sua efficacia, non era configurabile il reato contestatole; c) non era stata sostituita, come sollecitato, la pena detentiva inflittale con quella pecuniaria corrispondente.

Il ricorso è fondato.

L'addebito specifico mosso alla Mazza è di non avere ottemperato, nel termine fissatole di venti giorni dalla sottoposizione alla misura di prevenzione, al versamento della cauzione impostale. Il decreto 22 febbraio 2002 del Tribunale di Napoli impositivo della sorveglianza speciale di p.s., infatti, venne notificato il 30 maggio successivo a mani proprie della Mazza, la quale, in pari data, come si evince dal relativo verbale, fu sottoposta - in via provvisoria - ai relativi obblighi con l'espresso avvertimento che, entro venti giorni, avrebbe dovuto versare la cauzione di euro 5.000,00, versamento che in realtà effettuò soltanto in data 5 luglio 2002, e quindi tardivamente.

La Corte d'appello di Napoli, però, con decreto 25 marzo 2003, in riforma della decisione di primo grado impugnata dalla Mazza, rigettò la proposta di applicazione della misura di prevenzione, ritenendo che non ne ricorressero i presupposti di legge.

Ciò posto, osserva la Corte che tale pronuncia assume un rilievo decisivo ed assorbente per la corretta soluzione del caso in esame.

Il provvedimento che dispone una misura di prevenzione, infatti, diventa definitivo dopo l'esperimento dei gravami previsti dall'art. 4 della legge n. 1423/56, il quale, stabilendo l'esclusione dell'effetto sospensivo del ricorso, attribuisce evidentemente esecutività solo provvisoria al decreto del tribunale impugnato dinanzi alla corte d'appello. Se la decisione d'appello riforma, come è accaduto nella specie, quella di primo grado e rigetta la proposta di applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di p.s., per carenza delle condizioni di fatto e di diritto necessarie per farvi luogo, gli obblighi derivanti dalla stessa misura devono aversi per inesistentiPage 1318 sin dall'inizio. In sostanza, la revoca del decreto di prevenzione, provvisoriamente esecutivo per legge, opera ex tunc, cioè dal momento della sua emanazione, allorché è pronunciata per motivi attinenti alla legittimità della misura, mentre ha efficacia ex nunc, cioè dal momento della pronuncia, allorché consegue non a difetto genetico della misura, ma a sopraggiunte situazioni che fanno venire meno la pericolosità sociale del proposto. Soltanto nella seconda ipotesi, restano fermi gli effetti dell'originario decreto sino alla sua rimozione e, conseguentemente, la violazione dell'obbligo di versare - nel termine previsto - la cauzione, se risale a periodo antecedente alla revoca, integra il reato previsto dall'art. 3 bis della legge n. 575/65. Nella prima ipotesi, invece, venendo meno, per effetto della decisione riformatrice del giudice dell'impugnazione, la legittimità originaria della misura di prevenzione, la violazione del detto obbligo, ormai privato della fonte legittimante, non può integrare la corrispondente previsione di reato.

Non ignora la Corte la sentenza 26 agosto 2004 della sez. fer. (ric. Nirta) che, con riferimento proprio all'inottemperanza dell'obbligo di versare la cauzione, ha sostenuto che la tesi contraria, ritenendo la configurabilità del reato, indipendentemente dall'eventuale impugnazione del decreto impositivo della misura e dall'esito favorevole del gravame.

Tale sentenza ha ancorato la sua scelta interpretativa alla provvisoria esecutività del decreto di prevenzione (art. 4 decimo comma L. 1423/56) e al dato testuale dell'art. 3 bis, comma 5, della legge n. 575/65, secondo cui «quando sia cessata l'esecuzione della misura di prevenzione o sia rigettata la proposta, il tribunale dispone con decreto la restituzione del deposito o la liberazione della garanzia», per inferirne la certezza sull'effetto ex nunc dei provvedimenti di revoca della misura di prevenzione o di rigetto della relativa proposta.

È, in particolare, quest'ultima espressione («rigetto della relativa proposta») che dà apparentemente forza alla motivazione della citata sentenza, perché sembra evocare non la revoca per il venire meno - per ragioni sopravvenute - della pericolosità sociale, ma la decisione del giudice dell'impugnazione con efficacia rescindente del decreto applicativo - in via provvisoria - della misura di prevenzione.

La tesi non può essere condivisa. Ed invero, l'espressione «quando... sia rigettata la proposta» di cui al comma 5 dell'art. 3 bis della legge n. 575/65 va letta in relazione alla previsione dell'imposizione provvisoria da parte del tribunale, in pendenza del procedimento di prevenzione, della cauzione e delle prescrizioni di cui al secondo e al terzo comma dell'art. 5 della legge n. 1423/56 (comma 2 del richiamato art. 3 bis).

Rimangono, quindi, impregiudicati gli effetti conseguenti all'accertata illegittimità originaria, per difetto dei relativi presupposti, del decreto di prevenzione, ancorché esecutivo per legge.

Il reato contestato alla Mazza non sussiste, data l'accertata illegittimità della misura di prevenzione e degli obblighi ad essa connessi.

La sentenza impugnata, pertanto, va annullata senza rinvio con la formula corrispondente. (Omissis).

@CORTE DI CASSAZIONE Sez. V, 6 luglio 2005, n. 24872 (ud. 31 gennaio 2005). Pres. Lattanzi - Est. Bruno - P.M. Veneziano (conf.)Ric. Sacchini.

Falsità in atti - In atti pubblici - Falsità ideologica - Pubblico ufficiale - Certificati - Falsa attestazione di avvenuta firma - Configurabilità.

È tuttora configurabile il reato di falso ideologico in atto pubblico nel caso di falsa attestazione, da parte del pubblico ufficiale, dell'avvenuta apposizione, in sua presenza, della firma dell'interessato in calce ad una dichiarazione sostitutiva di certificazione, nulla rilevando in contrario che, in base all'attuale normativa, detta firma non necessiti di autenticazione. (Mass. Redaz.). (C.p., art. 479) (1).

    (1) L'interpretazione da ultimo accolta dalla stessa sezione quinta del S.C., in contrasto con il precedente citato in motivazione, Cass. pen., sez. V, 4 aprile 2001, Stipa, in questa Rivista 2001, 767, ribadisce il contenuto che era stato già espresso dalla sezione sesta, con sentenza 20 febbraio 2002, Alasia ed altri, in CED Cass. pen., RV 222246, secondo la quale in tema di falsità, l'abrogazione delle disposizioni contenute nella legge 4 gennaio 1968 n. 15 (attuata in via generale, da ultimo, dall'art. 77 del D.L.vo 28 dicembre 2000 n. 445), in seguito alla quale la sottoscrizione della dichiarazione sostitutiva di atto notorio non deve più essere autenticata dal pubblico ufficiale, non comporta l'irrilevanza penale del falso eventualmente compiuto mediante...

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