Brevi osservazioni sulla perentorietà del termine di trenta giorni per il deposito dell'ordinanza nel giudizio ex art. 311, V bis, C.P.P. la cassazione conferma la (stretta) estensione definitoria della norma fornendone spunti interpretativi e di lettura

AutoreEnrico Fassi
Pagine47-52
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Rivista penale 1/2018
Contrasti
CORTE DI CASSAZIONE PENALE (*)
SEZ. UN., 18 OTTOBRE 2017, N. 47970
(C.C. 20 LUGLIO 2017)
PRES. CANZIO – EST. IZZO – P.M. STABILE (DIFF.) – RIC. REZMUVES
Misure cautelari personali y Impugnazioni y Rie-
same y Decisione y A seguito di annullamento con
rinvio y Termine di deposito y Termine superiore
ai trenta giorni previsto dall’art. 309, comma 10,
c.p.p. y Applicabilità y Esclusione.
. Il tribunale del riesame, nel giudizio di rinvio a se-
guito dell’annullamento dell’ordinanza che ha disposto
o confermato la misura coercitiva, deve depositare il
provvedimento nel termine di trenta giorni ai sensi
dell’art. 311, comma 5 bis, c.p.p., a pena di perdita di
eff‌icacia della misura, e non può invece disporre, nel
caso di particolare complessità della motivazione, il
deposito dell’ordinanza in un termine non eccedente
il quarantacinquesimo giorno, in analogia a quanto
previsto dall’art. 309, comma 10, c.p.p.. (Mass. Redaz.)
(c.p.p., art. 309; c.p.p., art. 311) (1)
(1) La sentenza in epigrafe è già stata pubblicata in questa Rivista
2017, 1045. Si ripubblica la sola massima con la nota di commento di
ENRICO FASSI.
BREVI OSSERVAZIONI
SULLA PERENTORIETÀ
DEL TERMINE DI TRENTA
GIORNI PER IL DEPOSITO
DELL’ORDINANZA NEL GIUDIZIO
EX ART. 311, V BIS, C.P.P.
LA CASSAZIONE CONFERMA
LA (STRETTA) ESTENSIONE
DEFINITORIA DELLA NORMA
FORNENDONE SPUNTI
INTERPRETATIVI E DI LETTURA
di Enrico Fassi
SOMMARIO
1. Introduzione. 2. L’esistenza di un apparente contrasto in-
terpretativo in merito alla portata precettiva dell’art. 311,
comma V bis, c.p.p. 3. L’adesione della Corte ad una lettura
aderente all’inequivoco dato normativo. 4. Conclusioni. Il (lo-
gico) principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione.
1. Introduzione
Con la sentenza in commento, le Sezioni Unite della
Cassazione hanno affrontato diffusamente la tematica re-
lativa alla esatta applicazione e interpretazione dell’art.
311, comma V bis, c.p.p., conseguente alla sua introdu-
zione nel Codice di rito ad opera dell’art. 13 della legge
n. 47/2015, come noto concernente la riforma del sistema
cautelare nel suo complesso.
Il risultato al quale il Giudice della legittimità è perve-
nuto, pare senza dubbio rispondente all’inequivoco dato
normativo nonché, più in generale, conforme all’esigenza
di tutela della libertà individuale intesa quale bene prima-
rio nelle ipotesi in cui la stessa sia attinta da provvedimen-
ti restrittivi della libertà personale, e come tale pertanto
protetta nella più ampia accezione sia dall’art. 13 della
Costituzione sia a livello di garanzie predisposte dalle con-
venzioni internazionali stipulate dallo Stato.
In ogni caso, pare opportuno un breve e prodromico
inquadramento della vicenda processuale, posta quale
spunto dalla Suprema Corte per l’affermazione del proprio
principio in tema di perentorietà dei termini per il depo-
sito della motivazione nel giudizio di rinvio conseguente
all’annullamento, su ricorso dell’imputato, dell’ordinanza
cautelare da parte della Cassazione stessa, come discipli-
nato – appunto – dall’art. 311, comma V bis, c.p.p..
Il procedimento cautelare traeva origine dalla ordinan-
za emessa in data 18 febbraio 2016 dal Giudice per le Inda-
gini Preliminari presso il Tribunale di Vibo Valentia, appli-
cativa della misura della custodia cautelare in carcere nei
confronti della persona indagata, per le ipotesi di reato di
cui agli artt. 575 e 628, comma III, c.p., poi confermata dal
Tribunale del riesame di Catanzaro.
Avverso tale statuizione proponeva ricorso per Cassa-
zione l’indagata e, con sentenza pronunziata il giorno 17
luglio 2016, l’ordinanza del riesame veniva annullata con
rinvio per motivi attinenti al rito.

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