Il lavoro di pubblica utilità effettività e integrazione sociale della pena

AutorePasquale Troncone
Pagine791-793

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La decisione della Corte di Appello di Salerno si presenta quanto mai nuova e interessante, perché offre uno spaccato inedito della funzione della sanzione penale nel panorama legislativo italiano contemporaneo in termini di concreta effettività.

La Corte territoriale era stata chiamata, su espressa istanza dell'imputato, ad applicare la pena del lavoro di pubblica utilità, nella misura che si legge in sentenza, al posto della pena detentiva o pecuniaria quando, come stabilito dalla legge, non si possa o non si ritenga opportuno concedere la sospensione condizionale della pena. Il controllo e la vigilanza sulla effettiva esecuzione della pena viene dalla Corte delegato all'Ufficio per l'Esecuzione Penale Esterna del luogo di residenza del condannato.

Una prima considerazione investe la natura della misura afflittiva applicata. La riforma del testo unico sugli stupefacenti n. 309/90, introdotta con la legge 21 febbraio 2006, n. 49, prevede oggi ai commi 5 e 5 bis dell'art. 73 un quadro sanzionatorio del tutto nuovo alla legislazione di settore. Viene prevista, accanto alle altre due ipotesi tipiche di sanzione penale, quali la detenzione intramuraria e la pena pecuniaria, il lavoro di pubblica utilità, quello stesso stabilito per effetto di un rinvio normativo sistematico all'art. 54 del D.L.vo 28 agosto 2000, n. 274, legislazione istitutiva della giurisdizione del Giudice di Pace in materia penale. In questo caso, tuttavia, la misura applicata non assume la natura di una sanzione sostitutiva o di una misura alternativa alla pena detentiva, ma rappresenta un'altra specie tipica di pena (community service) che si affianca a quelle tradizionali della legislazione codicistica1.

Naturalmente l'istanza di applicazione del lavoro di pubblica utilità può essere avanzata alle condizioni stabilite dai commi 5 e 5 bis dell'art. 73 del T.U. n.Page 792 309/90, allorché «per i mezzi, per la modalità o le circostanze dell'azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze i fatti previsti dal presente articolo sono di lieve entità». Occorre inoltre che vi siano le condizioni oggettive perché tale pena possa essere effettivamente espiata, vale a dire l'ambito di lavoro, pubblico o privato, presso il quale eseguire la prestazione richiesta. In questo caso il giudice deve verificare, oltre ai presupposti legali, la congruità della sanzione con gli obiettivi di prevenzione speciale ed in particolare di rieducazione che sono alla base della commisurazione della pena in rapporto alla gravità del fatto illecito commesso2. In questo, specifico caso la finalità che si intende raggiungere con il ricorso all'applicazione della "pena sociale" è quella di orientare la punizione verso un obiettivo di reintegrazione sociale del condannato nella comunità di appartenenza3.

Una tale soluzione è da salutare con favore per una serie di motivi, tutti riconducibili al concetto di effettività della pena. Prima di ogni altra cosa la pena è direttamente posta in esecuzione dallo stesso giudice che l'ha irrogata, ossia quello della cognizione. In questo modo l'aspirazione rieducativa del condannato viene direttamente vagliata dal giudice che ha provveduto ad accertare la responsabilità penale dell'imputato per il fatto commesso, anche attraverso la verifica degli indici di commisurazione stabilita all'art. 133 c.p., trovando piena coincidenza il momento edittale con quello esecutivo4. In secondo luogo non esiste alcun intervallo temporale tra il momento dell'irrogazione - da parte del giudice della cognizione - e il momento dell'esecuzione della pena - da parte della giurisdizione di Sorveglianza -. Vengono in questo modo obliterati tutti gli effetti estremamente negativi riconducibili ad un modello processuale "bifasico di fatto" che rischia di annullare i caratteri di effettività della punizione, soprattutto in presenza di un soggetto tossicodipendente e proclive a delinquere. Infine, si riconosce concreta importanza ad una soluzione afflittiva extramuraria, molto più consona...

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