Sentenza nº 41 da Constitutional Court (Italy), 16 Marzo 2023

RelatoreGiulio Prosperetti
Data di Resoluzione16 Marzo 2023
EmittenteConstitutional Court (Italy)

Sentenza n. 41 del 2023

SENTENZA N. 41

ANNO 2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Silvana SCIARRA;

Giudici: Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 16 e 17, comma 1, lettera a), della legge della Provincia autonoma di Trento 27 dicembre 2021, n. 22 (Legge provinciale di stabilità 2022), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 25 febbraio 2022, depositato in cancelleria il 25 febbraio 2022, iscritto al n. 14 del registro ricorsi 2022 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell’anno 2022.

Visto l’atto di costituzione della Provincia autonoma di Trento;

udito nell’udienza pubblica del 10 gennaio 2023 il Giudice relatore Giulio Prosperetti;

uditi l’avvocato dello Stato Gianna Galluzzo per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Sabrina Azzolini per la Provincia autonoma di Trento;

deliberato nella camera di consiglio del 10 gennaio 2023.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ricorso notificato e depositato il 25 febbraio 2022 (reg. ric. n. 14 del 2022) il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 16 e 17, comma 1, lettera a), della legge della Provincia autonoma di Trento 27 dicembre 2021, n. 22 (Legge provinciale di stabilità 2022), in riferimento agli artt. 3, 97 e 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, e agli artt. 4 e 8 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige).

    1.1.– Il ricorrente rappresenta che l’art. 16 della legge prov. Trento n. 22 del 2021 dispone: «[n]el comma 1 dell’articolo 31 della legge provinciale n. 7 del 2021 le parole: “sono prorogati al 30 giugno 2022” sono sostituite dalle seguenti: “e nel corso dell’anno 2022 sono prorogati al 31 marzo 2023”», e che, per effetto di tale modifica, il comma 1 dell’art. 31 della legge della Provincia autonoma di Trento 17 maggio 2021, n. 7 (Prime misure del 2021 connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19 e conseguente variazione al bilancio di previsione della Provincia autonoma di Trento per gli esercizi finanziari 2021-2023), stabilisce: «[i] termini di validità delle graduatorie per le assunzioni di personale provinciale a tempo indeterminato relative al comparto autonomie locali in scadenza entro il 31 dicembre 2021 e nel corso dell’anno 2022 sono prorogati al 31 marzo 2023».

    Ad avviso della difesa statale, la disposizione impugnata viola i «principi di uguaglianza, buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione di cui agli artt. 3 e 97 della Costituzione», la competenza legislativa statale esclusiva nella materia «ordinamento civile» di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., nonché gli artt. 4 e 8 dello statuto speciale, «in relazione all’art. 35, comma 5-ter, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, ante novella operata dall’art. 1, comma 149, l. 27 dicembre 2019, n. 160», e all’art. 91 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali).

    Il ricorrente ricorda la costante giurisprudenza costituzionale secondo cui la disciplina delle graduatorie concorsuali e della loro durata è riconducibile alla competenza legislativa residuale delle regioni in materia di ordinamento e organizzazione amministrativa di cui all’art. 117, quarto comma, Cost., e che tale competenza deve essere esercitata «nel rispetto dei canoni costituzionali del buon andamento e dell’imparzialità dell’amministrazione (artt. 3 e 97 Cost.), a tal fine garantendo il reclutamento imparziale degli idonei, nonché verificando la perdurante attitudine professionale degli stessi».

    Tuttavia, l’Avvocatura generale dello Stato ritiene che la disciplina delle graduatorie dei concorsi nella pubblica amministrazione andrebbe valutata in una «diversa prospettiva interpretativa, di tipo sistematico-evolutivo, che lasci cioè emergere le diverse declinazioni che i citati canoni costituzionali del buon andamento e dell’imparzialità dell’amministrazione possono assumere e, in conseguenza, le differenti possibili violazioni che, dall’accogliere questa o quella prospettiva ermeneutica, possono scaturire», tenuto altresì conto delle recenti novità in materia di disciplina della mobilità nell’ambito del pubblico impiego.

    In particolare, assume che «una disciplina delle graduatorie non uniforme su tutto il territorio nazionale, poiché rimessa, sotto il profilo dei termini di durata e di validità, alla regolamentazione di ciascuna Regione, determina una frammentazione parimenti idonea a generare una disciplina differenziata in relazione a situazioni del tutto analoghe, senza fornire adeguata motivazione del diverso e più favorevole trattamento».

    Al riguardo, la difesa dello Stato evidenzia che il «personale reclutato dalle regioni assume a tutti gli effetti la qualifica di dipendente pubblico, potendo di fatto transitare anche nei ruoli di amministrazioni centrali, per cui, anche sotto questo ulteriore profilo, non si comprende il motivo della disparità di trattamento che discenderebbe dal persistente orientamento che ammette criteri non uniformi sull’intero territorio nazionale».

    Il ricorrente pone l’accento sulle modifiche in materia di mobilità del personale introdotte dall’art. 3 del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, recante «Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per l’efficienza della giustizia», convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2021, n. 113, che «hanno fatto venir meno l’obbligo del previo nulla osta dell’amministrazione di provenienza, rendendo omogenea la disciplina della mobilità per tutti i dipendenti pubblici, compresi i dipendenti regionali e degli enti locali».

    Secondo la difesa statale, «[i]n tale contesto di riforma, le disposizioni statali sulla durata delle graduatorie concorsuali devono essere concepite e quindi applicate in termini uniformi sull’intero territorio nazionale, ponendosi nella prospettiva di una progressiva limitazione di operatività temporale delle graduatorie stesse». In caso contrario, vi sarebbe «il rischio che il personale di talune amministrazioni regionali possa essere surrettiziamente ammesso, per la peculiarità della disciplina ad esso applicabile, ai generali procedimenti, volontari o obbligatori, di mobilità verso le altre amministrazioni regionali o statali».

    Per quanto così rilevato, il ricorrente ritiene che la fattispecie delle graduatorie concorsuali sia riconducibile alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, «trattandosi di una fase prodromica e funzionale all’instaurazione del rapporto di lavoro».

    In ordine alle disposizioni statali relative alla efficacia temporale delle graduatorie, la difesa statale rappresenta che essa è sottoposta al regime di validità triennale, sia ai sensi della formulazione dell’art. 35, comma 5-ter, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), nel testo precedente la modifica recata dall’art. 1, comma 149, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022), «che dell’art. 91 del TUEL che, nella sua formulazione vigente, ne prevede la validità triennale per gli Enti Locali».

    Da ultimo, il ricorrente afferma che la disposizione provinciale impugnata, nel violare la competenza legislativa esclusiva dello Stato di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., esula dalle attribuzioni conferite alla Provincia autonoma di Trento dagli artt. 4 e 8 dello statuto speciale.

    1.2.– Il ricorrente impugna altresì l’art. 17, comma 1, lettera a), della legge prov. Trento n. 22 del 2021, per lesione della competenza legislativa statale esclusiva nella materia «ordinamento civile» di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., e degli artt. 4 e 8 dello statuto speciale, in relazione all’art. 113, commi 2 e 3, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici).

    La disposizione impugnata modifica il comma 1 dell’art. 5-bis della legge della Provincia autonoma di Trento 9 marzo 2016, n. 2 (Recepimento della direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, e della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici: disciplina delle procedure di appalto e di concessione di lavori, servizi e forniture e modificazioni della legge provinciale sui lavori pubblici 1993 e della legge sui contratti e sui beni provinciali 1990. Modificazione della legge provinciale sull’energia 2012), inserendo, dopo le parole «e ai componenti della commissione tecnica», il seguente periodo: «[l]a contrattazione collettiva provinciale può individuare altre funzioni per il cui svolgimento sono riconosciute retribuzioni incentivanti ai sensi di questo comma».

    Secondo il ricorrente, la disposizione scrutinata si porrebbe in contrasto con le previsioni dei commi 2 e 3 dell’art. 113 del d.lgs. n. 50 del 2016, che individuano tassativamente le attività svolte delle amministrazioni aggiudicatrici di appalti pubblici per le quali sono riconosciuti gli incentivi per funzioni tecniche (comma 2) e che...

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