Sentenza nº 173 da Constitutional Court (Italy), 29 Luglio 2020

RelatoreFranco Modugno nella camera di consiglio del 10 giugno 2020
Data di Resoluzione29 Luglio 2020
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 173

ANNO 2020

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Marta CARTABIA;

Giudici: Aldo CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, lettera b), della legge 4 novembre 2010 n. 183 (Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro), sostitutivo dell’art. 3, comma 4, del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12 (Disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attività detenute all’estero e di lavoro irregolare), convertito, con modificazioni, in legge 23 aprile 2002, n. 73 − articolo già modificato dall’art. 36-bis, comma 7, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale), convertito, con modificazioni, in legge 4 agosto 2006, n. 248 –, promosso dalla Corte d’appello di Napoli nel procedimento vertente tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali - Direzione provinciale del lavoro di Napoli e O. F., con ordinanza del 3 luglio 2019, iscritta al n. 204 del registro ordinanze 2019 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell’anno 2019.

Visto l’atto d’intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito il Giudice relatore Franco Modugno nella camera di consiglio del 10 giugno 2020, svolta ai sensi del decreto della Presidente della Corte del 20 aprile 2020, punto 1), lettera a);

deliberato nella camera di consiglio del 23 giugno 2020.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ordinanza del 3 luglio 2019, la Corte d’appello di Napoli ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 117, primo comma, della Costituzione – quest’ultimo in relazione all’art. 7 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, e all’art. 49 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007 – questioni di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, lettera b), della legge 4 novembre 2010, n. 183 (Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro), che sostituisce il comma 4 dell’art. 3 del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12 (Disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attività detenute all’estero e di lavoro irregolare), convertito, con modificazioni, in legge 23 aprile 2002, n. 73 – articolo già modificato dall’art. 36-bis, comma 7, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale), convertito, con modificazioni, in legge 4 agosto 2006, n. 248 –, nella parte in cui non prevede che la disposizione da esso introdotta si applichi anche ai fatti commessi anteriormente alla sua entrata in vigore.

    1.1.– La Corte rimettente riferisce di essere investita, in grado di appello, del giudizio di opposizione avverso l’ordinanza-ingiunzione della Direzione provinciale del lavoro di Napoli, con la quale era stata irrogata all’opponente, quale amministratrice di una società in accomandita semplice, la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 6.150, per violazione dell’art. 3, comma 3, del d.l. n. 12 del 2002, convertito, con modificazioni, in legge n. 73 del 2002, nel testo risultante a seguito della sostituzione operata dall’art. 36-bis, comma 7, del d.l. n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, in legge n. 248 del 2006, per aver impiegato un lavoratore non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria; violazione accertata l’8 febbraio 2007.

    L’opposizione veniva accolta dal giudice di primo grado, in ragione del fatto, emerso nel corso del giudizio, che in data antecedente all’ispezione dalla quale era conseguita l’irrogazione della sanzione, l’opponente aveva effettuato la denuncia nominativa obbligatoria del lavoratore all’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL).

    Avverso la sentenza proponeva appello il Ministero del lavoro e delle politiche sociali - Direzione provinciale di Napoli, sostenendo che la comunicazione all’INAIL era stata effettuata il giorno successivo all’ispezione e che, pertanto, la sanzione era stata correttamente irrogata. Rilevava, altresì, che la società aveva eseguito un versamento di euro 366,75 al fine di sanare le violazioni, riconoscendo così la propria responsabilità.

    La società e la sua amministratrice resistevano all’appello e spiegavano appello incidentale, con il quale chiedevano l’accoglimento del motivo di opposizione relativo alla violazione degli artt. 14, 17 e 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale) e della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi): motivo sul quale il giudice di primo grado non si era pronunciato, ritenendolo verosimilmente assorbito. Nel merito, deducevano di aver effettuato la comunicazione obbligatoria all’INAIL il giorno prima dell’ispezione e che il pagamento della somma indicata dall’appellante era stato eseguito in relazione ad altre violazioni accertate nel corso dell’ispezione, e non a quella oggetto del giudizio.

    1.2.– Ciò premesso, la Corte rimettente rileva come il giudice di primo grado abbia accolto l’opposizione sul presupposto che la previsione sanzionatoria dell’art. 3, comma 3, del d.l. n. 12 del 2002, come sostituito dall’art. 36-bis, comma 7, del d.l. n. 223 del 2006, relativa all’«impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria», debba ritenersi riferita al personale totalmente sconosciuto alla pubblica amministrazione, in quanto non iscritto nella documentazione obbligatoria, né oggetto di alcuna comunicazione prescritta dalla normativa in materia di lavoro e previdenziale: comunicazione che, nella specie, risultava invece effettuata dalla parte opponente, nella forma della denuncia nominativa obbligatoria all’INAIL.

    Ad avviso della Corte partenopea, questa interpretazione in senso favorevole all’autore della violazione non sarebbe «sorretta da adeguata motivazione». Essa avrebbe trovato, tuttavia, un «espresso aggancio normativo» in una disposizione successiva al fatto oggetto di giudizio: vale a dire nell’art. 4, comma 1, lettera b), della legge n. 183 del 2010, che ha sostituito il comma 4 dell’art. 3 del d.l. n. 12 del 2002, prevedendo che «[l]e sanzioni di cui al comma 3» – quelle, appunto, per il lavoro “in nero” – «non trovano applicazione qualora, dagli adempimenti di carattere contributivo precedentemente assolti, si evidenzi comunque la volontà di non occultare il rapporto, anche se trattasi di differente qualificazione».

    La Corte rimettente ritiene, quindi, di dover sollevare questioni di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 117, primo comma, Cost., del citato art. 4, comma 1, lettera b), della legge n. 183 del 2010, nella parte in cui non prevede che la disposizione da esso introdotta si applichi anche ai fatti commessi prima della sua entrata in vigore.

    1.3.– Le questioni sarebbero rilevanti nel giudizio a quo.

    Risulterebbe, infatti, infondato il motivo di appello...

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT