Sentenza nº 253 da Constitutional Court (Italy), 06 Dicembre 2017

RelatoreGiorgio Lattanzi
Data di Resoluzione06 Dicembre 2017
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 253

ANNO 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Paolo GROSSI Presidente

- Giorgio LATTANZI Giudice

- Aldo CAROSI "

- Marta CARTABIA "

- Mario Rosario MORELLI "

- Giancarlo CORAGGIO "

- Giuliano AMATO "

- Silvana SCIARRA "

- Daria DE PRETIS "

- Nicolò ZANON "

- Augusto Antonio BARBERA "

- Giulio PROSPERETTI "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 573, 579, comma 3, e 593 del codice di procedura penale, promosso dalla Corte di cassazione, prima sezione penale, nel procedimento penale a carico di M. G. e altre, con ordinanza del 1° marzo 2016, iscritta al n. 87 del registro ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18, prima serie speciale, dell’anno 2016.

Visti gli atti di costituzione di M. G. e altre, di C. B. e di L. A., nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 24 ottobre 2017 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi;

uditi gli avvocati Francesco Scattareggia Marchese per M. G. e altre e per C. B., Gaetano Laghi per L. A. e l’avvocato dello Stato Massimo Giannuzzi per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ordinanza del 1° marzo 2016 (r.o. n. 87 del 2016), la Corte di cassazione, prima sezione penale, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale degli artt. 573, 579, comma 3, e 593 del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 3, 24, 42, 111 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli artt. 6 e 13 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (d’ora in avanti «CEDU»), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848, e all’art. 1 del Primo Protocollo addizionale alla CEDU.

    Le disposizioni in questione sono censurate nella parte in cui, a favore dei terzi incisi nel diritto di proprietà da una confisca disposta con una sentenza penale di primo grado, non prevedono la facoltà di proporre appello con riguardo al solo capo della decisione relativo alla misura di sicurezza.

    Il giudice rimettente conosce del ricorso proposto da alcune persone, estranee al processo penale, che, ai sensi dell’art. 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306 (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa), convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, avevano subìto la confisca di beni formalmente di loro proprietà.

    La confisca era stata disposta con sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Messina, nel presupposto che i beni confiscati fossero nella disponibilità degli imputati, che erano stati condannati per il reato previsto dall’art. 416-bis del codice penale.

    I proprietari dei beni confiscati, terzi rispetto al giudizio penale, avevano impugnato il capo della sentenza relativo alla confisca ma il loro appello era stato dichiarato inammissibile perché non erano parti del processo.

    Con il ricorso per cassazione i terzi avevano contestato la legittimità costituzionale dell’assetto normativo che precludeva loro l’appello contro il capo della sentenza penale con cui erano stati confiscati beni di loro proprietà.

  2. – La Corte di cassazione riconosce che in base all’attuale quadro normativo la preclusione effettivamente sussiste. Infatti l’art. 579, comma 3, cod. proc. pen. ammette l’impugnazione contro il capo relativo alla confisca con gli stessi mezzi previsti per i capi penali della sentenza, e questi ultimi sono appellabili dal pubblico ministero e dall’imputato (art. 593 cod. proc. pen.), mentre esclusivamente alla parte civile e al responsabile civile è attribuita la facoltà di proporre impugnazione per i soli interessi civili (artt. 573, comma 1, 575 e 576 cod. proc. pen.).

    Il terzo destinatario della confisca non è indicato tra le parti legittimate all’appello, e il principio di tassatività delle impugnazioni (art. 568, comma 1, cod. proc. pen.) non permette di attribuirgli tale facoltà.

    Il giudice rimettente aggiunge che l’ordinamento riconosce al terzo adeguati strumenti di tutela nella fase temporale anteriore alla pronuncia della sentenza di primo grado recante la confisca, ovvero fino a quando il bene è oggetto di un provvedimento cautelare. Il terzo infatti può chiedere il riesame, anche nel merito, del decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca (artt. 322 e 324 cod. proc. pen.) e può successivamente proporre ricorso per cassazione per violazione di legge (art. 325 cod. proc. pen.). Inoltre fino alla definizione del giudizio di primo grado può chiedere la restituzione del bene, proporre appello contro il diniego (art. 322-bis cod. proc. pen.) e in seguito ricorso per cassazione per violazione di legge (art. 325 cod. proc. pen.).

    Secondo il giudice rimettente questa tutela, limitata al giudizio di primo grado, è costituzionalmente adeguata. Però dopo la pronuncia della sentenza con il provvedimento di confisca e fino al termine del processo il terzo non avrebbe modo di reagire, e solo dopo il passaggio in giudicato della decisione avrebbe la possibilità di contestarla con un incidente di esecuzione, ai sensi dell’art. 676 cod. proc. pen.

  3. – Il giudice a quo, pur dando atto di un precedente indirizzo giurisprudenziale che permetteva al terzo di agire in sede incidentale anche dopo la sentenza di primo grado, reputa ormai consolidato l’indirizzo contrario, secondo il quale non può ammettersi «che la statuizione di confisca contenuta nella sentenza sia posta in discussione – durante la pendenza del processo e al di fuori dello stesso – da un soggetto terzo, che non è parte del rapporto processuale instaurato dinanzi al giudice della cognizione».

    Tale assetto normativo, che permette al terzo, una volta pronunciata la sentenza di primo grado, di far valere le proprie ragioni solo dopo l’irrevocabilità della statuizione di confisca e solo nell’ambito di un incidente di esecuzione, è reputato dal giudice rimettente contrario agli artt. 24, 42, 111 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione agli artt. 6 e 13 della CEDU, e all’art. 1 del Primo Protocollo addizionale alla CEDU.

    Il terzo infatti sarebbe titolare «di una sorta di opposizione postuma», priva dei necessari caratteri di effettività e tempestività, perché non avrebbe uno strumento di tutela fino a quando il capo della sentenza...

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA
1 temas prácticos
  • Sentenza Nº 30294 della Corte Suprema di Cassazione, 03-08-2021
    • Italia
    • Terza Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
    • August 3, 2021
    ...valere le proprie ragioni tramite incidente di esecuzione. Il principio affermato è stato avallato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 253 del 2017, la quale ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 573, 579, comma 3, e 593 c.p.p., in rife......
1 sentencias
  • Sentenza Nº 30294 della Corte Suprema di Cassazione, 03-08-2021
    • Italia
    • Terza Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
    • August 3, 2021
    ...valere le proprie ragioni tramite incidente di esecuzione. Il principio affermato è stato avallato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 253 del 2017, la quale ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 573, 579, comma 3, e 593 c.p.p., in rife......

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT