Sentenza nº 274 da Constitutional Court (Italy), 29 Ottobre 2009

Date29 Ottobre 2009
IssuerConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 274

ANNO 2009

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Francesco AMIRANTE Presidente

- Ugo DE SIERVO Giudice

- Paolo MADDALENA "

- Alfio FINOCCHIARO "

- Alfonso QUARANTA "

- Franco GALLO "

- Luigi MAZZELLA "

- Gaetano SILVESTRI "

- Maria Rita SAULLE "

- Giuseppe TESAURO "

- Paolo Maria NAPOLITANO "

- Giuseppe FRIGO "

- Alessandro CRISCUOLO "

- Paolo GROSSI "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 443, comma 1, del codice di procedura penale, come modificato dall’art. 2 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), promosso dalla Corte d’appello di Napoli nel procedimento penale a carico di G.M. con ordinanza dell’11 marzo 2008, iscritta al n. 326 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell’anno 2008.

Udito nella camera di consiglio del 23 settembre 2009 il Giudice relatore Giuseppe Frigo.

Ritenuto in fatto

Con ordinanza del 22 febbraio 2008, depositata il successivo 11 marzo, la Corte d’appello di Napoli ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 443, comma 1, del codice di procedura penale, come modificato dall’art. 2 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), «nella parte in cui esclude che», nel giudizio abbreviato, «l’imputato possa proporre appello contro le sentenze di assoluzione pronunziate ai sensi dell’art. 88 del codice penale (proscioglimento per vizio totale di mente)».

La Corte rimettente riferisce di essere investita dell’appello proposto dai difensori dell’imputato contro la sentenza emessa il 28 giugno 2007 dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Napoli, a seguito di giudizio abbreviato. Detta sentenza aveva assolto l’imputato dal reato di tentato omicidio in danno della convivente, in quanto non imputabile per vizio totale di mente, applicando al medesimo, ai sensi dell’art. 222 cod. pen., la misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario per la durata minima di cinque anni.

Con l’atto di appello, i difensori avevano chiesto che il fatto venisse qualificato come lesione personale, non avendo la persona offesa corso pericolo di vita; che fosse riconosciuta la desistenza, ai sensi dell’art. 56, terzo comma, cod. pen.; che venisse infine applicata una misura di sicurezza meno afflittiva, così come consentito dalla sentenza della Corte costituzionale n. 253 del 2003.

All’udienza camerale, di fronte alla richiesta del Procuratore generale della Repubblica di dichiarare inammissibile l’appello alla luce della nuova formulazione dell’art. 443, comma 1, cod. proc. pen., i difensori avevano eccepito l’illegittimità costituzionale di tale norma, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.

Quanto alla rilevanza della questione, il giudice a quo osserva che la disposizione censurata esclude, in via generale, l’appello dell’imputato contro le sentenze di proscioglimento: con la conseguenza che la decisione sull’ammissibilità del gravame viene a dipendere dalla soluzione della questione stessa. La sentenza che dichiara il difetto di imputabilità ai sensi dell’art. 88 cod. pen., pur presentando aspetti peculiari, è qualificata, difatti, dall’art. 530 cod. proc. pen. come sentenza di assoluzione: dato letterale, questo, che non consentirebbe alcuna interpretazione del novellato art. 443 cod. proc. pen. atta a superare la preclusione censurata.

Né soccorrerebbe, nella specie, l’art. 680, comma 2, cod. proc. pen., che prevede la competenza del tribunale di sorveglianza sulle impugnazioni contro le sentenze di condanna o di proscioglimento concernenti le disposizioni che riguardano le misure di sicurezza. Per costante giurisprudenza di legittimità, infatti, detta disposizione si applica – conformemente al tenore letterale di detta norma e dell’art. 579, commi 1 e 2, cod. proc. pen. – solo quando l’impugnazione investa in via esclusiva il capo della sentenza concernente le misure di sicurezza: mentre, nel giudizio a quo, il gravame della difesa è volto a contestare anche la qualificazione giuridica del fatto.

Riguardo, poi, alla non manifesta infondatezza della questione, il rimettente osserva come la sentenza di assoluzione emessa ai sensi dell’art. 88 cod. pen. abbia connotazioni particolari, che valgono a differenziarla dalla generalità delle altre pronunce assolutorie. Essa presuppone, difatti, che il giudice abbia accertato la sussistenza del «fatto-reato», la sua riferibilità all’imputato «in termini materiali e di colpevolezza» e l’assenza di cause di giustificazione: sicché, in presenza di tutti i presupposti per una condanna, l’assoluzione viene pronunciata solo perché l’imputato era affetto da vizio totale di mente al momento del fatto. Al tempo stesso, poi, la sentenza in parola «comporta l’applicazione di...

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