Sentenza nº 192 da Constitutional Court (Italy), 24 Settembre 2015

RelatoreNicolò Zanon
Data di Resoluzione24 Settembre 2015
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 192

ANNO 2015

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Alessandro CRISCUOLO Presidente

- Giuseppe FRIGO Giudice

- Paolo GROSSI ”

- Giorgio LATTANZI ”

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicolò ZANON ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 2, della legge 8 luglio 1980, n. 319 (Compensi spettanti ai periti, ai consulenti tecnici, interpreti e traduttori per le operazioni eseguite a richiesta dell’autorità giudiziaria), dell’art. 106-bis del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia − Testo A), come introdotto dall’art. 1, comma 606, lettera b), della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato − legge di stabilità 2014), e dell’art. 1, comma 607, della legge n. 147 del 2013, promossi dal Tribunale ordinario di Grosseto con ordinanza del 14 marzo 2014 e dal Tribunale ordinario di Lecce con ordinanze del 21 e del 28 maggio e del 17 giugno 2014, rispettivamente iscritte ai nn. 121, 177 e 216 del registro ordinanze 2014 e al n. 14 del registro ordinanze 2015 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 30, 44 e 50, prima serie speciale, dell’anno 2014 e n. 8, prima serie speciale, dell’anno 2015.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio dell’8 luglio 2015 il Giudice relatore Nicolò Zanon.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ordinanza del 14 marzo 2014 (r.o. n. 121 del 2014) il Tribunale ordinario di Grosseto, in composizione monocratica, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 106-bis del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia − Testo A), come introdotto dall’art. 1, comma 606, lettera b), della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato − legge di stabilità 2014), nella parte in cui dispone la riduzione di un terzo dei compensi spettanti all’ausiliario del magistrato.

    Il rimettente riferisce che, nell’ambito del giudizio a quo, gli imputati erano stati ammessi al patrocinio a spese dell’Erario. Poiché tuttavia tale ammissione non risultava al momento dagli atti, il provvedimento di liquidazione dei compensi in favore di un perito psichiatra era stato adottato, in data 14 febbraio 2014, secondo le tariffe ordinarie, cioè senza tener conto della diminuzione stabilita dall’art. 106-bis del Testo unico in materia di spese di giustizia. Il giudice a quo ritiene, di conseguenza, che il provvedimento di liquidazione dovrebbe essere modificato, riducendo l’entità del compenso. Prima di procedere in tal senso, tuttavia, il rimettente solleva l’odierna questione, sul presupposto che l’obbligatoria riduzione sarebbe prescritta in violazione dell’art. 3 Cost., ed in particolare dei principi di uguaglianza, ragionevolezza e proporzionalità.

    Data la natura officiosa degli incarichi loro affidati, gli ausiliari del magistrato non si troverebbero in una posizione assimilabile a quella dei difensori, dei consulenti di parte o degli investigatori privati, essendo piuttosto in una condizione analoga a quella dei pubblici dipendenti che operano nel processo (magistrati, personale di cancelleria, agenti di polizia giudiziaria), la cui retribuzione non è certo condizionata, né razionalmente potrebbe esserlo, dall’intervento dell’Erario per il pagamento delle spese di patrocinio.

    Una violazione del principio di uguaglianza si riscontrerebbe anche riguardo al trattamento discriminatorio introdotto tra ausiliari chiamati ad identiche prestazioni, in base al dato del tutto estrinseco dell’intervenuta ammissione di una parte del processo al patrocinio a spese dello Stato.

    Vi sarebbe anche un più generale connotato di irrazionalità della disciplina, poiché la riduzione de qua interviene su criteri di computo già comunemente ritenuti inadeguati, per difetto, all’impegno richiesto per le prestazioni di perizia o di interpretariato. Sarebbe dunque aggravata la difficoltà, già molto seria, di coinvolgere soggetti professionalmente affidabili, nell’interesse della giustizia, al fine di procurare le necessarie prestazioni di consulenza.

    Il giudice a quo sostiene che la questione sarebbe rilevante, perché dall’esito del giudizio incidentale discenderebbe la necessità, o non, del prospettato decreto di riduzione della somma liquidata. Dato il tenore univoco della disposizione censurata, d’altra parte, non vi sarebbero margini per una interpretazione adeguatrice che eviti l’effetto lesivo denunciato.

  2. – È intervenuto nel giudizio, con atto depositato il 5 agosto 2014, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o, comunque, infondata.

    Lo Stato avrebbe valutato nella cifra di circa 10 milioni di euro il risparmio annuo determinato dalla norma censurata, la quale dunque sarebbe posta a tutela dell’equilibrio di bilancio, nel rispetto dei principi di cui agli artt. 81, primo comma, e 117, terzo comma, Cost. Inoltre, l’indicata riduzione di spese implicherebbe l’ampliamento delle possibilità di accesso al patrocinio, assecondando il principio solidaristico fissato all’art. 2 Cost.

    La Corte costituzionale avrebbe già ritenuto infondate questioni poste riguardo ad una «fattispecie sostanzialmente analoga per materia», concernente l’art. 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 marzo 2012, n. 27, con il quale è stata incisa la disciplina dei compensi liquidati ai difensori dall’autorità giudiziaria (ordinanza n. 261 del 2013).

    D’altra parte – prosegue l’Avvocatura generale dello Stato – sarebbe impropria l’assimilazione, proposta dal rimettente, tra procedimenti nei quali vi sia stata ammissione al patrocinio a spese dello Stato e procedimenti diversi, come la giurisprudenza costituzionale avrebbe stabilito anche con specifico riferimento ai compensi professionali (sono citate le ordinanze n. 270 del 2012, n. 203 del 2010 e n. 195 del 2009).

  3. – Con ordinanza del 21 maggio 2014 (r.o. n. 177 del 2014) il Tribunale ordinario di Lecce, in composizione collegiale, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale in rapporto a norme che disciplinano la liquidazione degli onorari spettanti agli ausiliari del giudice.

    In particolare è dedotta, in riferimento agli artt. 3, 35, 36 e 53 Cost., l’illegittimità dell’art. 4, comma 2, della legge 8 luglio 1980, n. 319 (Compensi spettanti ai periti, ai consulenti tecnici, interpreti e traduttori per le operazioni eseguite a richiesta dell’autorità giudiziaria) – nella parte in cui determina in euro 14,68 l’importo liquidabile per la prima vacazione, e in euro 8,15 l’importo per le vacazioni successive – nonché dell’art. 106-bis del d.P.R. n. 115 del 2002 – come introdotto dall’art. 1, comma 606, lettera b), della legge n. 147 del 2013 – nella parte in cui dispone la riduzione di un terzo dei compensi spettanti all’ausiliario del magistrato.

    3.1.– A titolo di premessa, ed in punto di rilevanza, il rimettente informa che deve procedere alla liquidazione dei compensi concernenti lo svolgimento di due incarichi di traduzione, e afferma che, nella specie, andrebbero riconosciute al traduttore tre vacazioni per ognuno degli incarichi assegnatigli, per un importo complessivo di euro 61,96.

    La somma indicata andrebbe ridotta di un terzo, e quindi fino ad euro 41,30, in applicazione del nuovo art. 106-bis del d.P.R. n. 115 del 2002. Assume infatti il Tribunale che tale norma si applichi anche ai traduttori ed interpreti, in quanto ausiliari del giudice, ed a prescindere dall’essere o non riferita la loro prestazione ad un giudizio nel quale sia stata accolta una domanda di patrocinio a spese dello Stato. Nonostante la sua collocazione, infatti, la norma de qua avrebbe portata generale, dovendosi altrimenti attribuire al legislatore la scelta, incongrua, di modulare il compenso per prestazioni identiche sulla base di un elemento del tutto estrinseco, appunto l’intervento dell’Erario per il pagamento delle spese di patrocinio in favore del non abbiente.

    3.2.– L’art. 4 della legge n. 319 del 1980 e l’art. 106-bis del d.P.R. n. 115 del 2002 contrasterebbero, come accennato, con gli artt. 3, 35, 36 e 53 Cost.

    3.2.1.– Il giudice a quo assume che, pur essendo il traduttore chiamato ad una prestazione obbligatoria di ufficio pubblico (art. 143, comma 4, del codice di procedura penale), riconducibile ai doveri di solidarietà sociale evocati dall’art. 2 Cost. ed alla nozione di prestazione personale che può essere imposta dalla legge (art. 23 Cost.), la disciplina censurata eccederebbe i limiti di ragionevolezza nella individuazione di prestazioni esigibili in nome dell’interesse comune.

    3.2.2.– La disciplina censurata, in particolare, creando una «classe di operatori economici» assoggettati ad un sistematico sfruttamento economico (dannoso anche in quanto limita l’attività libero professionale) – per di più posto in essere da quello Stato che dovrebbe assicurare invece una generalizzata tutela dei diritti del lavoro – implicherebbe anzitutto il denunciato contrasto con l’art. 35 Cost.

    I compensi previsti dalla legge, pur riscontrando la natura pubblicistica dell’incarico, dovrebbero comunque rapportarsi alle tariffe professionali, e sarebbero tanto più inadeguati in forza della prescritta riduzione di un terzo.

    3.2.3.– Gli...

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