Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Termini della questione - Disposizioni legislative trasfuse in un testo unico successivo - Trasferimento della questione su quest'ultimo. Soggetti portatori di handicap - Eliminazione delle barriere architettoniche - Luoghi in cui si svolgono pubbliche manifestazioni o spettacoli - Spaz...

LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Franco BILE; Giudici: Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,

Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco

GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria

Rita SAULLE, Paolo Maria NAPOLITANO; ha pronunciato la seguente

Sentenza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 27, primo e secondo comma, della legge 30 marzo 1971, n. 118 (Conversione in legge del decreto-legge 30 gennaio 1971, n. 5 e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili), dell'art. 1, commi 1 e 2, della legge 9 gennaio 1989, n. 13 (Disposizioni per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati) e dell'art. 24, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), trasfusi negli artt. 77, commi 1 e 2, e 82, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), promosso con ordinanza del 10 ottobre 2007 dal Tribunale ordinario di Reggio Emilia nel procedimento civile vertente tra E. F. e la societa' C. G. s.r.l., iscritta al n. 26 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, 1ª serie speciale, dell'anno 2008.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nella Camera di consiglio dell'11 giugno 2008 il giudice relatore Alfonso Quaranta.

Ritenuto in fatto

  1. - Il Tribunale ordinario di Reggio Emilia, adito in sede di reclamo in un giudizio avente ad oggetto un'azione civile per discriminazione indiretta - ai sensi dell'art. 3 della legge 1° marzo 2006, n. 67 (Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilita' vittime di discriminazioni), e dell'art. 44 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) - ha sollevato, con ordinanza del 10 ottobre 2007, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 27, primo e secondo comma, della legge 30 marzo 1971, n. 118 (Conversione in legge del decreto-legge 30 gennaio 1971, n. 5 e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili), dell'art. 1, commi 1 e 2, della legge 9 gennaio 1989, n. 13 (Disposizioni per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati), nonche' dell'art. 24, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), in riferimento agli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione.

  2. - Il giudice a quo premette in fatto che il ricorrente, portatore di handicap grave ed invalido civile al 100% per tetraplegia postraumatica, recatosi il 19 febbraio 2007 in Reggio Emilia presso una multisala cinematografica per assistere ad un film, in ragione della dislocazione degli alloggiamenti previsti per i portatori di handicap, era collocato con la sua carrozzina nella prima fila della sala n. 10, in uno dei posti riservati per gli invalidi, a distanza di soli quattro metri dallo schermo, benche' nella sala medesima fossero presenti, in quel momento, solo 40 spettatori rispetto ai 144 posti disponibili.

    Ravvisando in tale circostanza una discriminazione indiretta, l'interessato ha convenuto in giudizio la societa' che gestisce la multisala chiedendo l'adozione di ogni provvedimento idoneo a rimuovere gli effetti della discriminazione in questione, la condanna al risarcimento del danno, anche non patrimoniale, nonche' la pubblicazione dei relativi provvedimenti.

    Il giudice di prima istanza rigettava il ricorso; avverso detta pronuncia e' stato proposto il reclamo su cui verte il giudizio a quo.

  3. - Tanto premesso, il Tribunale, nel richiamare la normativa di settore, rileva che la legge n. 67 del 2006, al fine di garantire la piena tutela delle persone disabili in tutti i settori della vita civile, offre una duplice nozione di discriminazione, diretta ed indiretta.

    Ad avviso del giudice a quo, si e' in presenza di un comportamento discriminatorio diretto quando vi e' «un trattamento, volontario e manifesto, di sfavore e, di regola, immediatamente contrastante con norme di legge o di regolamento poste a tutela del soggetto debole».

    Si versa, invece, nella seconda ipotesi quando e' posta in essere «una condotta, anche non volontaria, eventualmente caratterizzata da piu' atteggiamenti o contegni tra loro connessi ed apparentemente "neutri" (...), ma comunque idonei a mettere il soggetto debole in una posizione di svantaggio rispetto ad altri».

  4. - Il remittente non dubita che la sala cinematografica in questione sia conforme alla normativa vigente. Da un lato, infatti, il dato non e' oggetto di contestazione; dall'altro, «lo ha presupposto - con ragionamento, sul punto, non contrastato dalle parti - anche il giudice di prime cure».

    Tuttavia, il Tribunale ritiene che non e' «seriamente contestabile il fatto che l'alloggiamento dei disabili nelle prime file del cinematografo rappresenti di fatto, per costoro, un trattamento di svantaggio» rispetto agli altri.

    Nella fattispecie in esame, quindi, si verterebbe in un caso di discriminazione indiretta dal momento che quest'ultima puo' derivare non solo da un atto o da un negozio giuridico in senso stretto, proveniente da un privato o da un provvedimento dell'autorita' amministrativa, ma anche «a ben vedere - da una disposizione dello stesso legislatore ordinario, che, emanando, in altri settori dell'ordinamento (ad es., e per quello che qui interessa, in materia edilizia), disposizioni inidonee, incongrue o insufficienti a "promuovere la piena attuazione del principio di parita' di trattamento e delle pari opportunita'" (...), si pone - per cio' stesso - in conflitto non solo con il fine della legge n. 67 del 2006, ma prima ancora con il dettato dell'art. 3» della Carta fondamentale, della quale la suddetta legge costituisce strumento di diretta attuazione.

  5. - Il giudice remittente, quindi, espone piu' profili di censura delle norme contestate.

    Ricorda che l'art. 27, primo comma, della legge n. 118 del 1971 prevede che «per facilitare la vita di relazione dei mutilati e invalidi civili gli edifici pubblici o aperti al pubblico e le istituzioni scolastiche, prescolastiche o di interesse sociale di nuova edificazione dovranno essere costruiti in conformita' alla circolare del Ministero dei lavori pubblici del 15 giugno 1968 riguardante la eliminazione delle barriere architettoniche anche apportando le possibili e conformi varianti agli edifici appaltati o gia' costruiti all'entrata in vigore della presente legge; i servizi di trasporti pubblici ed in particolare i tram e le metropolitane dovranno essere accessibili agli invalidi non deambulanti; in nessun luogo pubblico o aperto al pubblico puo' essere vietato l'accesso ai minorati; in tutti i luoghi dove si svolgono pubbliche manifestazioni o spettacoli, che saranno in futuro edificati, dovra' essere previsto e riservato uno spazio agli invalidi in carrozzella (...)»; la medesima disposizione stabilisce, quindi, al secondo comma, che «le norme di attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo saranno emanate, con decreto del Presidente della Repubblica su proposta dei Ministri competenti, entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge».

    L'attuazione di tale previsione e' intervenuta con il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384 (Regolamento di attuazione dell'art. 27 della legge 30 marzo 1971, n. 118, a favore dei mutilati e invalidi civili, in materia di barriere architettoniche e trasporti pubblici), abrogato e sostituito dal decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 503 (Regolamento recante norme per l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici), il cui art. 13, comma 2, sancisce «negli edifici pubblici deve essere garantito un livello di accessibilita' degli spazi interni tale da consentire la fruizione dell'edificio sia al pubblico che al personale in servizio, secondo le disposizioni di cui all'art. 3 del decreto del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236».

    Quest'ultimo a sua volta, prevede tra i criteri generali di progettazione degli edifici, tre livelli di qualita' dello spazio costruito: l'accessibilita', la visitabilita' e la adattabilita'.

  6. - Afferma, quindi, il Tribunale che le fonti normative primarie costituite dall'art. 27, primo e secondo comma, della legge n. 118 del 1971, dall'art. 1, commi 1 e 2, della legge n. 13 del 1989, dall'art. 24, comma 1, della legge n. 104 del 1992, dettano disposizioni «inidonee, incongrue o, comunque, insufficienti a garantire appieno ai portatori di handicap "la piena attuazione del principio di parita' di trattamento e della pari opportunita'" e "il pieno godimento dei loro diritti civili (...) e sociali" (art. 1 della legge n. 67 del...

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