Sentenza nº 212 da Constitutional Court (Italy), 03 Luglio 1997

RelatoreValerio Onida
Data di Resoluzione03 Luglio 1997
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 212

ANNO 1997

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Dott. Renato GRANATA Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI Giudice

- Prof. Francesco GUIZZI"

- Prof. Cesare MIRABELLI"

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO"

- Avv. Massimo VARI"

- Dott. Cesare RUPERTO"

- Dott. Riccardo CHIEPPA"

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY"

- Prof. Valerio ONIDA"

- Prof. Guido NEPPI MODONA"

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI"

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 18, legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), promosso con ordinanza emessa il 23 marzo 1996 dal Magistrato di sorveglianza di Brescia sul ricorso proposto da Beltrami Gianluigi, iscritta al n. 527 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell'anno 1996.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 9 aprile 1997 il Giudice relatore Valerio Onida.

Ritenuto in fatto

  1. - Chiamato a provvedere sul reclamo avanzato, ai sensi dell'art. 35 della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), da un detenuto ristretto in carcere in forza dell'ordine di esecuzione di una condanna definitiva, a cui non era stato consentito dall'amministrazione carceraria un colloquio con il difensore, il Magistrato di sorveglianza di Brescia, con ordinanza del 23 marzo 1996, pervenuta a questa Corte il 13 maggio 1996, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, dell'art. 18 della legge citata - che disciplina "colloqui, corrispondenza e informazione" dei detenuti - "nella parte in cui non prevede il diritto del difensore del condannato definitivo detenuto, regolarmente nominato, a fruire di colloqui con le stesse modalità e nella stessa misura prevista, per gli imputati detenuti, dagli artt. 96 e seguenti cod. proc. pen. (ed in particolare dall'art. 104 dello stesso codice)", nonchè "nella parte in cui il difensore viene considerato come terzo abilitato al colloquio, su discrezionale decisione del direttore dell'istituto, esclusivamente nel caso di pendenza di 'procedimenti giurisdizionali' in relazione ai quali sia stato regolarmente nominato".

    Il remittente premette che il reclamo é ammissibile, trattandosi dell'unico rimedio che l'ordinamento concede al condannato in tema di colloqui, e ancorchè nessuna norma del vigente ordinamento penitenziario preveda speciali regole per i colloqui fra il condannato definitivo ed il suo difensore; e che egualmente é ammissibile in sede di reclamo la proposizione di incidente di costituzionalità, trattandosi pur sempre di un procedimento che ha luogo davanti al magistrato di sorveglianza, che é da considerare autorità giurisdizionale.

    Nel merito, il giudice a quo osserva preliminarmente che la legge delega per il nuovo codice di procedura penale ha voluto che il codice offrisse garanzie di giurisdizionalità nella fase della esecuzione, con riferimento ai procedimenti concernenti le pene e le misure di sicurezza, e sancisse l'obbligo di notificare o comunicare al difensore, a pena di nullità, i provvedimenti relativi (art. 2, numero 96, della legge 16 febbraio 1987, n. 81); e che ormai la fase dell'esecuzione, che inizia con l'emissione dell'ordine di esecuzione da parte del pubblico ministero, notificato al difensore del condannato (art. 656, comma 4, cod. proc. pen.), costituisce autonoma fase giurisdizionale, come conferma l'art. 655, comma 5, cod. proc. pen., che impone, a pena di nullità, la notifica al difensore all'uopo nominato (e non al difensore della fase precedente, prorogato), entro trenta giorni dalla loro emissione, dei provvedimenti del pubblico ministero (attinenti all'esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali) dei quali é prescritta la notificazione al difensore: onde si aprirebbe un procedimento giurisdizionale, indipendentemente dal fatto che sia instaurato uno specifico procedimento di esecuzione davanti al giudice dell'esecuzione medesima, a norma dell'art. 666 cod. proc. pen.

    Con queste premesse contrasta, ad avviso del remittente, la tesi dell'amministrazione penitenziaria, avallata anche da pareri resi dall'ufficio legislativo del Ministero di grazia e giustizia, secondo cui i colloqui col difensore possono bensì essere autorizzati dal direttore dell'istituto, ai sensi dell'art. 18 dell'ordinamento penitenziario e dell'art. 35 del regolamento di esecuzione, per ragioni di giustizia, ma a condizione che penda un procedimento davanti al...

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