n. 143 SENTENZA 17 - 20 giugno 2013 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo 41-bis, comma 2-quater, lettera b), della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'), come modificato dall'articolo 2, comma 25, lettera f), numero 2), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), promosso dal Magistrato di sorveglianza di Viterbo sul reclamo proposto da G.D. con ordinanza del 7 giugno 2012, iscritta al n. 241 del registro ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell'anno 2012. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 24 aprile 2013 il Giudice relatore Giuseppe Frigo. Ritenuto in fatto 1.- Con ordinanza depositata il 7 giugno 2012, il Magistrato di sorveglianza di Viterbo ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 24 e 111, terzo comma, della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 41-bis, comma 2-quater, lettera b), della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'), come modificato dall'articolo 2, comma 25, lettera f), numero 2), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), «nella parte in cui introduce limitazioni al diritto di espletamento dei colloqui con i difensori nei confronti dei detenuti sottoposti alla sospensione delle regole di trattamento ai sensi del medesimo art. 41-bis». Il giudice a quo riferisce di essere investito del reclamo proposto da un detenuto, ai sensi dell'art. 35 della legge n. 354 del 1975, avverso il provvedimento dell'8 settembre 2011, con cui il direttore della casa circondariale di Viterbo aveva respinto la richiesta del reclamante volta ad ottenere un colloquio visivo con un avvocato, designato come suo difensore di fiducia in un procedimento penale pendente davanti al Tribunale di Palmi. Il diniego si basava sul disposto dell'art. 41-bis, comma 2-quater, lettera b), ultimo periodo, della legge n. 354 del 1975, in forza del quale i detenuti sottoposti al regime penitenziario speciale previsto dal comma 2 del medesimo articolo sono ammessi ad effettuare con i difensori, «fino ad un massimo di tre volte alla settimana, una telefonata o un colloquio della stessa durata di quelli previsti con i familiari», pari rispettivamente a dieci minuti e a un'ora. Con circolari del 3 settembre 2009, del 3 dicembre 2009 e del 1° aprile 2010 - esse pure poste a fondamento del provvedimento impugnato - il Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia ha precisato che le limitazioni sopra indicate operano a prescindere dal numero dei procedimenti per i quali il detenuto risulta imputato o condannato e, quindi, dal numero dei legali patrocinanti, e ha inoltre riconosciuto al detenuto la facolta' di effettuare un unico colloquio visivo o telefonico prolungato, della durata rispettivamente di tre ore o di trenta minuti, in luogo dei tre distinti colloqui settimanali di un'ora o di dieci minuti ciascuno. Nella specie, il reclamante - nei cui confronti era stata disposta la sospensione delle regole di trattamento con decreto del Ministro della giustizia del 5 agosto 2010, per un periodo di quattro anni - non aveva potuto effettuare il richiesto colloquio con il difensore il giorno 8 settembre 2011, avendo gia' fruito il precedente 5 settembre - e, dunque, nell'ambito della stessa settimana - di tre ore consecutive di colloquio con un altro difensore, designato nel procedimento di sorveglianza originato dall'impugnazione del decreto di sottoposizione al regime penitenziario speciale. Con il reclamo, l'interessato aveva lamentato l'avvenuta lesione del proprio diritto di difesa, eccependo l'illegittimita' costituzionale della norma posta a base della decisione del direttore. Cio' premesso, il rimettente rileva - quanto alla non manifesta infondatezza della questione - che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 212 del 1997, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 18 della legge n. 354 del 1975, nella parte in cui non prevede che il condannato in via definitiva ha diritto di conferire con il difensore fin dall'inizio dell'esecuzione della pena. A seguito di tale pronuncia, i detenuti in regime ordinario possono effettuare colloqui con i difensori senza limiti di frequenza e di durata. Ad avviso del giudice a quo, la diversa disciplina, di segno restrittivo, introdotta dalla norma censurata per i detenuti sottoposti al regime speciale si rivelerebbe lesiva di plurimi parametri costituzionali. Essa troverebbe, infatti, fondamento non in una sostanziale diversita' delle esigenze difensive, ma nel differente grado di pericolosita' sociale del detenuto: elemento che non potrebbe, peraltro, incidere in senso limitativo sull'esercizio del diritto di difesa. Sarebbe violato, per questo verso, anzitutto l'art. 3 Cost., in quanto i detenuti soggetti al regime speciale hanno, di regola, esigenze difensive maggiori rispetto ai detenuti cosiddetti comuni, collegate al numero piu' elevato e alla maggiore complessita' dei procedimenti penali pendenti a loro carico: esigenze che risulterebbero, peraltro, gia' penalizzate dalla distanza, spesso notevole, del luogo di detenzione da quello di svolgimento del processo, necessaria al fine di ridurre al minimo i rischi di mantenimento dei collegamenti con le organizzazioni criminali. Identiche posizioni processuali - magari anche contrapposte - riceverebbero, in tal modo, una tutela irragionevolmente differenziata. Risulterebbe leso anche l'art. 24 Cost., posto che l'evidente compressione del diritto di difesa, derivante dalla norma denunciata, non troverebbe giustificazione nella necessita' di proteggere un altro interesse costituzionalmente garantito. L'esigenza di impedire contatti del detenuto con i membri dell'organizzazione di appartenenza in stato di liberta', che e' alla base di tutte le restrizioni imposte dall'art. 41-bis della legge n. 354 del 1975, tra cui la consistente limitazione dei rapporti con i familiari - con i quali puo' essere effettuato un solo colloquio mensile - non potrebbe essere, infatti, invocata con riguardo ai rapporti con i difensori, trattandosi di «categoria di operatori del diritto che non puo' essere formalmente destinataria del sospetto di porsi come illecito canale di comunicazione». La disposizione censurata si porrebbe, infine, in contrasto con l'art. 111, terzo comma, Cost., il quale...

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