Sentenza nº 127 da Constitutional Court (Italy), 15 Maggio 2014

RelatoreLuigi Mazzella
Data di Resoluzione15 Maggio 2014
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 127

ANNO 2014

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Gaetano SILVESTRI Presidente

- Luigi MAZZELLA Giudice

- Sabino CASSESE ”

- Giuseppe TESAURO ”

- Paolo Maria NAPOLITANO ”

- Giuseppe FRIGO ”

- Alessandro CRISCUOLO ”

- Paolo GROSSI ”

- Giorgio LATTANZI ”

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Sergio MATTARELLA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 22, comma 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), promossi dalla Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol, dalla Provincia autonoma di Trento, dalla Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d’Aoste e dalla Provincia autonoma di Bolzano con ricorsi notificati il 24, il 23 e il 24 febbraio 2012, depositati il 28, il 29 febbraio 2012 e il 1° marzo 2012, rispettivamente iscritti ai nn. 33, 34, 38 e 40 del registro ricorsi 2012.

Visti gli atti di costituzione (di cui due fuori termine) del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica dell'8 aprile 2014 il Giudice relatore Luigi Mazzella;

uditi gli avvocati Giandomenico Falcon per la Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol e per la Provincia autonoma di Trento, Ulisse Corea per la Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d’Aoste, Giuseppe Franco Ferrari per la Provincia autonoma di Bolzano e gli avvocati dello Stato Paolo Gentili e Maria Elena Scaramucci per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ricorso notificato il 24 febbraio 2012, depositato in cancelleria il 28 febbraio 2012 e iscritto al n. 33 del registro ricorsi dell’anno 2012, la Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol ha promosso, tra l’altro, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 22, comma 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214, in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, e agli artt. 4, primo comma, numero 1), 79, 103, 104 e 107 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige).

    1.1.– La Regione deduce che la norma impugnata dispone che, entro un anno dalla sua entrata in vigore, le Regioni, le Province autonome di Trento e Bolzano e gli enti locali, negli ambiti di rispettiva competenza, adeguano i propri ordinamenti a quanto previsto dall’art. 6, comma 5, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, con riferimento alle agenzie, agli enti e agli organismi strumentali, comunque denominati, sottoposti alla loro vigilanza.

    La ricorrente aggiunge che, a sua volta, l’art. 6, comma 5, del d.l. n. 78 del 2010 stabilisce che «tutti gli enti pubblici, anche economici, e gli organismi pubblici, anche con personalità giuridica di diritto privato, provvedono all’adeguamento dei rispettivi statuti al fine di assicurare che, a decorrere dal primo rinnovo successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto, gli organi di amministrazione e quelli di controllo, ove non già costituiti in forma monocratica, nonché il collegio dei revisori, siano costituiti da un numero non superiore, rispettivamente, a cinque e a tre componenti»; che, in ogni caso, «le Amministrazioni vigilanti provvedono all’adeguamento della relativa disciplina di organizzazione, mediante i regolamenti di cui all’articolo 2, comma 634, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, con riferimento a tutti gli enti ed organismi pubblici rispettivamente vigilati, al fine di apportare gli adeguamenti previsti ai sensi del presente comma»; che, infine, «La mancata adozione dei provvedimenti di adeguamento statutario o di organizzazione previsti dal presente comma nei termini indicati determina responsabilità erariale e tutti gli atti adottati dagli organi degli enti e degli organismi pubblici interessati sono nulli».

    1.2.– La difesa regionale sostiene che la norma censurata, imponendo alle Regioni e agli enti locali situati nel loro territorio di adeguare i propri ordinamenti in modo che gli enti pubblici (o comunque gli organismi strumentali) sottoposti alla loro vigilanza abbiano organi di amministrazione e controllo costituiti da un numero fisso e ridotto di componenti, vìola l’autonomia di cui gode, in generale, ogni Regione, poiché non può essere considerata come un principio di coordinamento della finanza pubblica e, dunque, non può far scattare un dovere di adeguamento anche a prescindere da quanto disposto dall’art. 79 dello statuto di autonomia speciale.

    A conforto di tale conclusione, la ricorrente ricorda che, nella sentenza n. 182 del 2011, questa Corte ha affermato che l’art. 6 del d.l. n. 78 del 2010 «non intende imporre alle Regioni l’osservanza puntuale ed incondizionata dei singoli precetti di cui si compone e può considerarsi espressione di un principio fondamentale della finanza pubblica in quanto stabilisce, rispetto a specifiche voci di spesa, limiti puntuali che si applicano integralmente allo Stato, mentre vincolano le Regioni, le Province autonome e gli enti del Servizio sanitario nazionale solo come limite complessivo di spesa». Ad avviso della Corte, il comma 20 del menzionato art. 6 «autorizza le Regioni, le Province autonome e gli enti del Servizio sanitario nazionale, anzitutto, a determinare, sulla base di una valutazione globale dei limiti di spesa puntuali dettati dall’art. 6, l’ammontare complessivo dei risparmi da conseguire e, quindi, a modulare in modo discrezionale, tenendo fermo quel vincolo, le percentuali di riduzione delle singole voci di spesa contemplate nell’art. 6».

    La Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol sostiene che da queste considerazioni discende l’illegittimità di norme che pretendessero di vincolare le Regioni specificamente al rispetto di uno dei vincoli posti dall’art. 6. Nella fattispecie, quello risultante dal comma 5 di tale articolo costituisce un limite ad una voce minuta di spesa, non transitorio e che non lascia margine di scelta alle Regioni, indicando già il modo per conseguire il risparmio.

    1.3.– L’illegittimità della norma – continua la ricorrente – sussiste anche in riferimento a quanto disposto dallo statuto di autonomia speciale. In particolare, ad avviso della difesa regionale, poiché l’art. 22, comma 3, del d.l. n. 201 del 2011 contiene una norma volta al coordinamento finanziario, la sua applicazione alla Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol si pone in contrasto con l’art. 79, commi 1, 2 e 3, terzo periodo, del d.P.R. n. 670 del 1972, perché introduce per la Regione stessa una modalità di concorso agli obiettivi di finanza pubblica diversa ed aggiuntiva rispetto a quelle previste dalla menzionata norma statutaria e parifica la ricorrente alle Regioni ordinarie, mentre l’art. 79 in più punti esclude l’applicazione alla Regione autonoma Trentino Alto Adige/Südtirol delle misure valevoli per le altre Regioni.

    1.4.– La ricorrente denuncia, poi, la violazione...

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