Sentenza nº 229 da Constitutional Court (Italy), 23 Luglio 2013

RelatoreGiuseppe Tesauro
Data di Resoluzione23 Luglio 2013
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 229

ANNO 2013

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco GALLO Presidente

- Luigi MAZZELLA Giudice

- Gaetano SILVESTRI "

- Sabino CASSESE "

- Giuseppe TESAURO "

- Paolo Maria NAPOLITANO "

- Giuseppe FRIGO "

- Alessandro CRISCUOLO "

- Paolo GROSSI "

- Giorgio LATTANZI "

- Aldo CAROSI "

- Marta CARTABIA "

- Sergio MATTARELLA "

- Mario Rosario MORELLI "

- Giancarlo CORAGGIO "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 4, commi 1, 2, 3, 3-sexies, 4, 5, 6, 7, 8, 8-bis, 9, 10, 11, 12, 13 e 14 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini), convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, promossi con ricorsi delle Regioni Lazio, Veneto, Campania, delle Regioni autonome Friuli-Venezia Giulia e Sardegna, della Regione siciliana e della Regione Puglia, notificati il 12-17, il 12, il 13-17, il 15, il 12, il 13 e il 16-24 ottobre 2012, depositati in cancelleria il 16, il 17, il 18, il 19 e il 23 ottobre 2012 ed iscritti ai nn. 145, 151, 153, 159, 160, 170 e 171 del registro ricorsi 2012.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 18 giugno 2013 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro;

uditi gli avvocati Massimo Luciani per la Regione autonoma della Sardegna, Francesco Saverio Marini per la Regione Lazio, Luigi Manzi e Mario Bertolissi per la Regione Veneto, Marcello Collevecchio per la Regione Campania, Giandomenico Falcon per la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, Beatrice Fiandaca e Marina Valli per la Regione siciliana e l’avvocato dello Stato Gabriella D’Avanzo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ricorso notificato il 12-17 ottobre 2012 e depositato presso la cancelleria di questa Corte il 16 ottobre 2012 (reg. ric. n. 145 del 2012), la Regione Lazio ha promosso questione di legittimità costituzionale di numerose disposizioni del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, recante «Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini», convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, fra le quali, in particolare, l’art. 4 ed in specie i commi 1, 3-sexies ed 8, in riferimento agli artt. 117, primo, terzo, quarto e sesto comma, e 123, primo comma, Cost. ed al principio di leale collaborazione.

    1.1.– La ricorrente premette che l’art. 4, rubricato «Riduzione di spese, messa in liquidazione e privatizzazione di società pubbliche», detta una disciplina che interviene in via diretta ed immediata su aspetti organizzativi e di funzionamento amministrativo regionale. In particolare, la ricorrente ricorda che il predetto articolo, al comma 1, impone alla Regione l’obbligo di procedere allo scioglimento o, in alternativa, alla privatizzazione delle società controllate dalla stessa direttamente o indirettamente, le quali abbiano conseguito nell’anno 2011 un fatturato da prestazione di servizi in favore della pubblica amministrazione superiore al 90 per cento dell’intero fatturato; al comma 3-sexies prevede che, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, la Regione predisponga appositi piani di ristrutturazione e razionalizzazione delle società controllate, la cui approvazione è subordinata al previo parere favorevole del Commissario straordinario per la razionalizzazione della spesa per l’acquisto di beni e servizi, al quale sono riconosciuti pregnanti poteri decisionali in ordine alle scelte organizzative dell’ente; infine, al comma 8, limita la possibilità di procedere all’affidamento diretto dei servizi pubblici locali «solo a favore di società a capitale interamente pubblico […] a condizione che il valore economico del servizio o dei beni oggetto dell’affidamento sia complessivamente pari o inferiore a 200.000 euro annui».

    Così disponendo, il citato art. 4 inciderebbe indebitamente sull’autonomia organizzativa e di funzionamento della Regione, con conseguente lesione di competenze regionali garantite da norme di rango costituzionale.

    In particolare, la disciplina dettata dal comma 1, che impone lo scioglimento ovvero la privatizzazione di tutte le società direttamente o indirettamente controllate dalla Regione, sarebbe costituzionalmente illegittima per violazione della competenza statutaria in tema di determinazione dei principi fondamentali di organizzazione e funzionamento della Regione di cui all’art. 123 Cost. Inoltre, sia il comma 1 che il comma 3-sexies del medesimo art. 4, nella parte in cui subordinano al previo parere positivo del Commissario straordinario per la razionalizzazione della spesa per l’acquisto di beni e servizi l’approvazione dei piani di ristrutturazione e razionalizzazione delle società controllate predisposti dalla Regione, determinerebbero la lesione della competenza regionale residuale in materia di “enti pubblici regionali” e “organizzazione amministrativa” di cui all’art. 117, quarto comma, Cost.; mentre il comma 8 dello stesso articolo, nella parte in cui dispone che l’affidamento diretto dei servizi pubblici locali di rilevanza economica debba avvenire, previo rispetto dei requisiti richiesti dalla normativa e dalla giurisprudenza comunitaria per la gestione in house, «a condizione che il valore economico del servizio o dei beni oggetto dell’affidamento sia complessivamente pari o inferiore a 200.000 euro annui» determinerebbe, altresì, una menomazione della competenza legislativa residuale regionale in materia di servizi pubblici, nonché la lesione della sfera di autonomia incomprimibile di cui gli enti locali godono in virtù dell’art. 117, sesto comma, Cost, ponendosi peraltro in contrasto con la normativa comunitaria che consente la gestione diretta del servizio pubblico da parte dell’ente locale, allorquando l’applicazione delle regole di concorrenza ostacoli, in diritto o in fatto, la «speciale missione dell’ente pubblico» (art. 106 TFUE). I predetti commi dell’art. 4 sarebbero, inoltre, lesivi della competenza legislativa regionale concorrente in materia di coordinamento della finanza pubblica, nonché del principio di leale collaborazione, che trova fondamento diretto negli artt. 5 e 120 Cost., in quanto non lascerebbero alla Regione alcun margine di manovra in ordine alle scelte volte all’individuazione degli strumenti e delle modalità per il perseguimento degli indicati obiettivi di contenimento della spesa pubblica.

  2. – Con ricorso notificato il 12 ottobre 2012 e depositato presso la cancelleria di questa Corte il 17 ottobre 2012 (reg. ric. n. 151 del 2012), la Regione Veneto ha promosso questione di legittimità costituzionale di numerose disposizioni del citato d.l. n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, fra le quali, in particolare, l’art. 4, in riferimento agli artt. 3, 97, 117, 118 e 119 Cost. ed al principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost.

    La Regione deduce, in particolare, che i commi 1, 3, 3-sexies, 4, 5, 6, 7, 8, 8-bis, 9, 10, 11, 12 e 14 violano: l’art. 117, quarto comma, Cost., che attribuisce alla Regione la competenza legislativa residuale in materia di organizzazione amministrativa della Regione, nonché, conseguentemente, gli artt.118 e 119 Cost.; l’art. 117, primo comma, Cost., nella parte in cui, eliminando il potere delle Regioni di procedere ad affidamenti in house, pacificamente ammessi, al ricorrere di determinati presupposti, a livello di ordinamento comunitario, si porrebbero in contrasto con le indicazioni della giurisprudenza comunitaria, nonché con la Carta europea delle autonomie locali; gli artt. 3 e 97 Cost., posto che alle Regioni sarebbero impediti gli affidamenti in house a prescindere da qualsivoglia valutazione discrezionale da svolgersi nel rispetto dei principi di ragionevolezza e buon andamento dell’azione amministrativa; l’art. 118, secondo comma, Cost., per la parte in cui tali norme ledono le competenze amministrative degli enti locali e ciò in ragione della stretta connessione di queste con le attribuzioni regionali.

    Inoltre, con specifico riferimento ai commi 4, 5, 9, 10, 11 e 12 del medesimo art. 4, la ricorrente deduce la violazione della competenza legislativa regionale concorrente in materia di coordinamento della finanza pubblica di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.; in relazione al comma 14 prospetta la violazione della potestà legislativa regionale residuale in materia di “organizzazione amministrativa della Regione”, nonché degli artt. 3 e 97 Cost. nella parte in cui, pur vietando di deferire in arbitrato le controversie tra le società a totale partecipazione pubblica, diretta o indiretta, e le relative amministrazioni (anche regionali) detentrici delle partecipazioni stesse, fa salve le clausole arbitrali contenute nei contratti tra le amministrazioni e le società pubbliche quando si siano già costituiti i relativi collegi arbitrali; in relazione ai commi 3 e 13, denuncia la violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., nonché del principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost., in quanto, nell’individuazione delle società cui non trova applicazione l’art. 4 non è previsto alcun coinvolgimento delle Regioni neppure mediante l’intervento della Conferenza unificata Stato-Regioni.

  3. – Con ricorso notificato il 13-17 ottobre 2012 e depositato presso la cancelleria di questa Corte il 18 ottobre 2012 (reg. ric. n. 153 del 2012), anche la Regione Campania ha promosso questione di legittimità costituzionale di numerose disposizioni del citato d.l. n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, fra le quali, in particolare, l’art. 4, commi 3 ed 8, in relazione agli artt. 5, 41, 75, 114, 117, 118 e 136 Cost.

    3.1.– Le predette norme sono, in primo luogo, censurate in riferimento agli artt. 5, 75, 114...

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