Ordinanza nº 235 da Constitutional Court (Italy), 23 Luglio 2013

RelatoreGiuseppe Frigo
Data di Resoluzione23 Luglio 2013
EmittenteConstitutional Court (Italy)

ORDINANZA N. 235

ANNO 2013

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco GALLO Presidente

- Luigi MAZZELLA Giudice

- Gaetano SILVESTRI ”

- Sabino CASSESE ”

- Giuseppe TESAURO ”

- Paolo Maria NAPOLITANO ”

- Giuseppe FRIGO ”

- Alessandro CRISCUOLO ”

- Paolo GROSSI ”

- Giorgio LATTANZI ”

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Sergio MATTARELLA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 4-ter del decreto-legge 7 aprile 2000, n. 82 (Modificazioni alla disciplina dei termini di custodia cautelare nella fase del giudizio abbreviato), convertito, con modificazioni, dalla legge 5 giugno 2000, n. 144, promosso dal Tribunale di Lecce nel procedimento penale a carico di P.G. con ordinanza del 26 marzo 2012, iscritta al n. 7 del registro ordinanze 2013 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, prima serie speciale, dell’anno 2013.

Visti l’atto di costituzione di P.G. nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 2 luglio 2013 il Giudice relatore Giuseppe Frigo;

udito l’avvocato dello Stato Attilio Barbieri per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che, con ordinanza depositata il 26 marzo 2012, pervenuta alla Corte il 14 gennaio 2013, il Tribunale di Lecce ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 4-ter del decreto-legge 7 aprile 2000, n. 82 (Modificazioni alla disciplina dei termini di custodia cautelare nella fase del giudizio abbreviato), convertito, con modificazioni, dalla legge 5 giugno 2000, n. 144, «nella parte in cui non prevede la riammissione in termini per richiedere il giudizio abbreviato per gli imputati il cui processo penda o pendesse davanti alla Corte di Cassazione», deducendo la violazione degli articoli 3 e 117 della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli articoli 6 e 7 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848 (d’ora in avanti: «CEDU»);

che il giudice a quo premette di essere investito, quale giudice dell’esecuzione – competente ai sensi dell’art. 665, comma 4, del codice di procedura penale – dell’istanza con la quale un condannato ha chiesto di essere «rimesso in termini, al fine di poter ottenere la riduzione di pena per il rito abbreviato» negatagli nel giudizio di cognizione;

che l’istante era stato a suo tempo sottoposto a procedimento penale per tre omicidi aggravati, punibili con la pena dell’ergastolo a norma degli artt. 576 e 577 del codice penale, commessi il 17 ottobre 1990, il 21 gennaio 1991 e il 20 agosto 1991, in concorso con altri reati;

che all’udienza preliminare del 5 marzo 1997 l’imputato aveva chiesto di definire il processo con giudizio abbreviato;

che l’istanza era stata peraltro rigettata, in quanto, con sentenza n. 176 del 1991, la Corte costituzionale aveva dichiarato illegittimo per eccesso di delega l’art. 442, comma 2, cod. proc. pen., nella parte in cui consentiva di definire con giudizio abbreviato anche i processi relativi a reati puniti con la pena dell’ergastolo, prevedendone, in caso di condanna, la sostituzione con la pena di trenta anni di reclusione;

che l’imputato era stato, quindi, rinviato a giudizio e condannato, tanto in primo che in secondo grado, alla pena dell’ergastolo con isolamento diurno (applicabile ai sensi dell’art. 72 cod. pen., stante il concorso di reati);

che nelle more del giudizio di cassazione – conclusosi con sentenza del 23 aprile 2001, che, rigettando il ricorso, ha reso definitiva la condanna – era sopravvenuta la legge 16 dicembre 1999, n. 479 (Modifiche alle disposizioni sul procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica e altre modifiche al codice di procedura penale. Modifiche al codice penale e all’ordinamento giudiziario. Disposizioni in materia di contenzioso civile pendente, di indennità spettanti al giudice di pace e di esercizio della professione forense), il cui art. 30, comma 1, lettera b), aveva ripristinato, nei termini originari, la possibilità di accedere al rito speciale in rapporto ai reati puniti con l’ergastolo;

che, relativamente ai processi in corso per detti reati, l’art. 4-ter del decreto-legge n. 82 del 2000, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 144 del 2000, aveva previsto la riapertura dei termini per la proposizione della richiesta del rito speciale, ove già scaduti (comma 2): ciò, tuttavia, limitatamente ai processi pendenti in primo grado, in grado di appello o in sede di rinvio, nei quali non fosse ancora conclusa l’istruzione dibattimentale o la sua rinnovazione (comma 3);

che l’imputato non aveva potuto, dunque, riproporre la richiesta, in quanto il processo a suo carico pendeva dinanzi alla Corte di cassazione;

che con l’istanza della quale il Tribunale rimettente è investito, il condannato ha chiesto che la pena dell’ergastolo con isolamento diurno, a lui inflitta, venga sostituita con quella di trenta anni di reclusione, in applicazione dei principi affermati dalla Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo nella sentenza 17 settembre 2009, relativa al caso Scoppola contro Italia;

che, al fine di conseguire tale risultato, l’interessato ha chiesto, in via alternativa, di essere rimesso in termini per proporre la richiesta di giudizio abbreviato al giudice dell’udienza preliminare, ovvero l’immediata applicazione della riduzione di pena da parte dello stesso giudice dell’esecuzione adito;

che, al riguardo, il giudice a quo rileva come, con la citata sentenza sul caso Scoppola, la Corte di Strasburgo abbia affermato che l’art. 442 cod. proc. pen. – nella parte in cui prevede la diminuzione di pena per il giudizio abbreviato – assume la natura di norma di diritto penale sostanziale: con la conseguenza che in relazione ad essa operano tanto il principio di retroattività della legge penale più favorevole – implicitamente riconosciuto, secondo la Corte europea, dall’art. 7 della CEDU – quanto l’opposto principio di irretroattività della legge penale meno favorevole, sancito in modo espresso sia dallo stesso art. 7 della CEDU che dall’art. 25 Cost.;

che, nel caso deciso dalla sentenza Scoppola, la Corte europea ha ritenuto violato anche l’art. 6 della CEDU, ritenendo non equo un processo nel quale, in corso di causa, vengano mutati in peius gli effetti del rito richiesto dall’imputato;

che, per giurisprudenza costituzionale ormai costante, le norme della CEDU, nell’interpretazione datane dalla Corte di Strasburgo, assumono carattere integrativo dell’art. 117, primo comma, Cost., nella parte in cui impone l’adeguamento dell’ordinamento interno ai vincoli derivanti dagli obblighi internazionali: con la conseguenza che l’eventuale contrasto della disciplina interna con quella convenzionale, non componibile per via di interpretazione, va denunciata dal giudice ordinario tramite proposizione di questione incidentale di legittimità costituzionale;

che la vicenda che forma oggetto del procedimento a quo...

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