Sentenza nº 304 da Constitutional Court (Italy), 11 Novembre 2011

RelatorePaolo Grossi
Data di Resoluzione11 Novembre 2011
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 304

ANNO 2011

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Alfonso QUARANTA Presidente

- Alfio FINOCCHIARO Giudice

- Franco GALLO "

- Luigi MAZZELLA "

- Gaetano SILVESTRI "

- Sabino CASSESE "

- Giuseppe TESAURO "

- Paolo Maria NAPOLITANO "

- Alessandro CRISCUOLO "

- Paolo GROSSI "

- Giorgio LATTANZI "

- Aldo CAROSI "

- Marta CARTABIA "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 8, comma 2, 77, 126, 127, 128, 129, 130 e 131 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’art. 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo); dell’articolo 7 del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 2840 (Modificazioni all’ordinamento del Consiglio di Stato e della Giunta provinciale amministrativa in sede giurisdizionale); degli articoli 41, 42 e 43 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642 (Regolamento per la procedura dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato); degli articoli 28, terzo comma, e 30, secondo comma, del regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054 (Approvazione del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato); degli articoli 7, terzo comma, ultima parte, e 8 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (Istituzione dei tribunali amministrativi regionali) e dell’articolo 2700 del codice civile, promosso dal Consiglio di Stato nel procedimento vertente tra Mercedes Bresso ed altra e la Regione Piemonte ed altri, con ordinanza del 16 febbraio 2011, iscritta al n. 73 del registro ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18, prima serie speciale, dell’anno 2011.

Visti gli atti di costituzione di Mercedes Bresso ed altra, della Regione Piemonte, di Michele Giovine ed altra, di Rosanna Valle ed altri, di Antonello Angeleri ed altri, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri e l’“atto di costituzione e memoria” della Regione Lombardia, da considerare fuori termine;

udito nell’udienza pubblica del 4 ottobre 2011 il Giudice relatore Paolo Grossi;

uditi gli avvocati Enrico Piovano, Federico Sorrentino e Gianluigi Pellegrino per Mercedes Bresso ed altra, Angelo Clarizia e Luca Procacci per la Regione Piemonte, Alberto Romano per Rosanna Valle ed altri, Giorgio Strambi per Michele Giovine ed altro, Alfonso Celotto per Antonello Angeleri ed altri, Beniamino Caravita di Toritto per la Regione Lombardia e l’avvocato dello Stato Maurizio Borgo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. – Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale solleva, con ordinanza del 16 febbraio 2011, questione di legittimità costituzionale degli articoli 8, comma 2, 77, 126, 127, 128, 129, 130 e 131 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’art. 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo) [c.d. codice del processo amministrativo] e delle previgenti disposizioni di cui agli articoli 7 del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 2840 (Modificazioni all’ordinamento del Consiglio di Stato e della Giunta provinciale amministrativa in sede giurisdizionale); 41, 42 e 43 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642 (Regolamento per la procedura dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato); 28, terzo comma, e 30, secondo comma, del regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054 (Approvazione del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato); 7, terzo comma, ultima parte, e 8 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (Istituzione dei tribunali amministrativi regionali); nonché dell’art. 2700 del codice civile, in riferimento agli artt. 24, 76 – parametro, questo, evocato con esclusivo riferimento alle norme del codice del processo amministrativo –, 97, 103, 111, 113 e 117 della Costituzione, nella parte in cui precludono al giudice amministrativo di accertare anche solo incidentalmente la falsità degli atti pubblici nel giudizio amministrativo in materia elettorale.

    Premessa, in linea di fatto, la descrizione delle vicende processuali svoltesi davanti al Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte (e conclusesi, da un lato, con la dichiarazione di infondatezza della domanda principale, tesa ad accertare le dedotte falsità; e, dall’altro lato, con l’assegnazione di un termine per la proposizione dell’incidente di falso davanti al competente tribunale ordinario) e riferite le diverse posizioni espresse dai vari soggetti intervenuti nel giudizio d’appello, il collegio ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalità della disciplina denunciata, atteso il carattere pregiudiziale che essa assumerebbe ai fini della decisione sul merito.

    In punto di non manifesta infondatezza, il collegio rimettente osserva come la riserva al giudice ordinario dell’accertamento della falsità degli atti muniti di fede privilegiata attraverso lo specifico rimedio della querela di falso, e la connessa preclusione al giudice amministrativo di accertare incidenter tantum la falsità degli atti, si iscrive in una tradizione che si giustificava alla luce della carenza di strumenti di accertamento nell’ambito del processo amministrativo. Limite, questo, che si sarebbe progressivamente attenuato, essendosi riconosciuta una gamma sempre più estesa di poteri istruttori anche al giudice amministrativo, con la sola esclusione dell’interrogatorio formale e del giuramento, che renderebbe ormai ingiustificabile «la permanenza di preclusioni soprattutto in quei giudizi, quali il contenzioso elettorale, caratterizzati da una esigenza “rafforzata” di garantire il principio della ragionevole durata del processo».

    La limitazione denunciata si porrebbe, dunque, in contrasto anzitutto con gli artt. 24 e 113 Cost., in quanto, alla luce anche dei princìpi affermati da questa Corte nella sentenza n. 236 del 2010 in tema di effettività e tempestività della tutela giurisdizionale delle situazioni soggettive immediatamente lese, la necessaria devoluzione al giudice ordinario dell’accertamento della falsità degli atti pubblici del procedimento elettorale comprimerebbe fortemente la possibilità di una effettiva tutela giurisdizionale, come si è verificato in diverse circostanze, in cui il giudicato sulla falsità era intervenuto addirittura a consiliatura ormai conclusa e si erano da tempo svolte nuove elezioni. Un sistema, quello censurato, che per di più preclude anche la possibilità di una tutela cautelare.

    Viene correlativamente ravvisata una violazione anche dell’art. 111 Cost., in quanto la sospensione del giudizio amministrativo non assicurerebbe la ragionevole durata del processo, nonché dell’art. 117, primo comma, Cost., in riferimento agli artt. 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, i quali riconoscono il diritto ad un ricorso effettivo.

    Risulterebbe, inoltre, compromessa anche la tutela degli interessi legittimi, assicurata dal giudice amministrativo e garantita dagli artt. 103 e 113 Cost., conseguentemente vulnerati.

    Si denuncia, poi, violazione dell’art. 97 Cost., non risultando coerente con il principio del buon andamento un procedimento nel quale anche in presenza di evidenti falsità di atti pubblici, gli organi preposti alla procedura non possono accertare tali falsità, né vi sarebbe possibilità, per le ragioni già dette, di una tutela immediata.

    Si prospetta poi, con esclusivo riferimento alle norme del codice del processo amministrativo denunciate, la violazione dell’art. 76, non essendo stati rispettati i criteri fissati dalla legge delega di cui all’art. 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, fra i quali vi era quello generale di «assicurare la snellezza, concentrazione ed effettività della tutela, anche al fine di garantire la ragionevole durata del processo».

    Nel circoscrivere la portata del quesito alla possibilità di svolgere un accertamento «anche solo incidentale» in ordine alla falsità dei soli atti pubblici del procedimento elettorale, il giudice rimettente sottolinea come gli stessi presentino rilevanza ed effetti solo in quest’ultimo procedimento, con la conseguenza che non sussisterebbe «alcuna esigenza di un accertamento con effetti generali ed erga omnes, quale l’accertamento del falso in sede civile».

  2. – Costituendosi in giudizio, Mercedes Bresso e Luigina Staunovo Polacco, parti nel giudizio a quo, hanno sollecitato l’accoglimento della questione, osservando, conclusivamente, come essa sia imposta in particolare dal principio della durata ragionevole del processo: «le norme vigenti finiscono col sottrarre al giudice amministrativo, al quale pure appartiene la giurisdizione in ordine alle operazioni elettorali, la giurisdizione stessa, allorché, come nella specie accade, la falsità di un documento che esaurisce i suoi effetti nel procedimento elettorale costituisca la ragione stessa della contestazione, onde la sua devoluzione al giudice civile in un separato giudizio collide irragionevolmente con la giurisdizione attribuita in materia di operazioni elettorali al giudice amministrativo».

    In punto di rilevanza, la memoria sottolinea come, essendosi il giudizio di primo grado celebrato prima della entrata in vigore del nuovo codice del processo amministrativo, fosse necessario coinvolgere, nel controllo della sentenza da parte del giudice d’appello, le norme anteriormente vigenti. Quanto all’art. 2700 cod. civ., sarebbe proprio questa disposizione a precludere al giudice amministrativo di valutare secondo il suo libero apprezzamento l’autenticità degli atti pubblici.

    Puntualizzati, poi, i diversi profili di illegittimità posti a fondamento della ordinanza di rimessione, la memoria, conclusivamente, sottolinea come: a) la materia elettorale non si presti «ad una tutela per equivalente che possa minimamente ritenersi tale, sicché negare una tutela pronta e correttiva vuol dire in radice negare tutela...

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