Ordinanza nº 64 da Constitutional Court (Italy), 25 Febbraio 2011

RelatoreGiuseppe Frigo
Data di Resoluzione25 Febbraio 2011
EmittenteConstitutional Court (Italy)

ORDINANZA N. 64

ANNO 2011

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Ugo DE SIERVO Presidente

- Paolo MADDALENA Giudice

- Alfio FINOCCHIARO ”

- Alfonso QUARANTA ”

- Franco GALLO ”

- Luigi MAZZELLA ”

- Gaetano SILVESTRI ”

- Sabino CASSESE ”

- Giuseppe TESAURO ”

- Paolo Maria NAPOLITANO ”

- Giuseppe FRIGO ”

- Alessandro CRISCUOLO ”

- Paolo GROSSI ”

- Giorgio LATTANZI ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 10-bis e 16, comma 1, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) e dell’art. 62-bis del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), promossi dal Giudice di pace di Lecco, sezione distaccata di Missaglia, con ordinanza del 26 novembre 2009, dal Giudice di pace di Pordenone con tredici ordinanze dell’8 ottobre 2009 e dal Giudice di pace di Taranto con ordinanze del 24 dicembre 2009 e del 5 febbraio 2010, rispettivamente iscritte ai nn. 79, da 82 a 94, 97 e 166 del registro ordinanze 2010 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 12, 13, 14 e 23, prima serie speciale, dell’anno 2010.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 26 gennaio 2011 il Giudice relatore Giuseppe Frigo.

Ritenuto che, con ordinanza del 26 novembre 2009 (r.o. n. 79 del 2010), il Giudice di pace di Lecco, sezione distaccata di Missaglia, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 10-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), aggiunto dall’art. 1, comma 16, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), il quale punisce con l’ammenda da 5.000 a 10.000 euro, «salvo che il fatto costituisca più grave reato, lo straniero che fa ingresso ovvero si trattiene nel territorio dello Stato, in violazione delle disposizioni del [citato] testo unico nonché di quelle di cui all’articolo 1 della legge 28 maggio 2007, n. 68» (Disciplina dei soggiorni di breve durata degli stranieri per visite, affari, turismo e studio);

che il giudice a quo premette di essere investito del processo penale nei confronti di un cittadino georgiano, imputato dalla contravvenzione prevista dalla norma denunciata, il quale, a seguito di controllo effettuato il 16 agosto 2009, era risultato sprovvisto del permesso di soggiorno, donde l’addebito di essersi trattenuto illegalmente nel territorio dello Stato;

che, ad avviso del rimettente, l’art. 10-bis del d.lgs. n. 286 del 1998 si porrebbe in contrasto con gli artt. 3 e 27 Cost. sotto due distinti profili;

che la nuova norma incriminatrice sarebbe censurabile, anzitutto, nella parte in cui non reca la formula «senza giustificato motivo», rendendo così punibili anche condotte di illecito trattenimento non «rimproverabili» all’agente per valide ragioni oggettive o soggettive;

che, in tal modo, la previsione sanzionatoria si porrebbe in contrasto tanto con i principi di colpevolezza e di proporzionalità, quanto con il principio di eguaglianza, per irrazionale disparità di trattamento rispetto all’analoga fattispecie criminosa dell’inottemperanza all’ordine di allontanamento dal territorio dello Stato impartito dal questore, di cui all’art. 14, comma 5-ter, del d.lgs. n. 286 del 1998: disposizione nella quale l’inciso «senza giustificato motivo» viceversa compare;

che, nel caso di specie, l’omissione censurata avrebbe impedito alla difesa dell’imputato di fornire la prova – in quanto allo stato non rilevante – della circostanza che, dopo l’8 agosto 2009 (data di entrata in vigore della legge n. 94 del 2009), sarebbe stato impossibile o quantomeno difficoltoso, per l’imputato, lasciare il territorio dello Stato prima di divenire destinatario del provvedimento di espulsione;

che la norma denunciata violerebbe gli artt. 3 e 27 Cost. anche nella parte in cui prevede che il giudice debba pronunciare sentenza di non luogo a procedere nel caso di avvenuta espulsione dell’autore del fatto, o di suo respingimento alla frontiera ai sensi dell’art. 10, comma 2, del d.lgs. n. 286 del 1998;

che, a fronte di tale previsione, l’applicazione della sanzione penale finirebbe, infatti, per dipendere dalla circostanza, del tutto indipendente dalla volontà dello straniero, che l’autorità amministrativa non riesca – anche per ragioni inerenti a proprie scelte organizzative – a eseguire l’espulsione o il respingimento prima della condanna;

che nel giudizio di costituzionalità è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha chiesto che la prima censura sia dichiarata infondata e la seconda inammissibile per difetto di rilevanza;

che l’art. 10-bis del d.lgs. n. 286 del 1998 è sottoposto a scrutinio di costituzionalità, in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 27 e 97 Cost., anche dal Giudice di pace di Pordenone, con tredici ordinanze, di analogo tenore, emesse l’8 ottobre 2009 (r.o. n. 82, n. 83, n. 84, n. 85, n. 86, n. 87, n. 88, n. 89, n. 90, n. 91, n. 92, n. 93 e n. 94 del 2010), nell’ambito di altrettanti processi penali nei confronti di cittadini extracomunitari imputati della contravvenzione prevista dalla norma censurata, perché si trattenevano nel territorio dello Stato in violazione delle disposizioni di cui al citato d.lgs. n. 286 del 1998;

che, secondo il rimettente, la norma censurata si porrebbe in contrasto con il principio di necessaria offensività del reato, violando conseguentemente gli artt. 3, 24, 25 e 27 Cost.: ciò, in quanto il mancato possesso di un titolo abilitativo alla permanenza nello Stato, che essa reprime, non potrebbe considerarsi, di per sé, sintomatico di una particolare pericolosità sociale dello straniero, né la mera condizione di «irregolarità» sarebbe «idonea a porre seriamente in pericolo la sicurezza pubblica»;

che verrebbe leso, inoltre, il principio di irretroattività della norma incriminatrice (art. 25, secondo comma, Cost.), giacché il denunciato art. 10-bis del d.lgs. n. 286 del 1998 – nel reprimere, accanto alla condotta di ingresso irregolare, anche quella di illecito trattenimento nel territorio dello Stato – sottoporrebbe a pena anche condotte poste in essere prima dell’entrata in vigore della legge n. 94 del 2009;

che risulterebbero violati, ancora, i principi di eguaglianza e di ragionevolezza (art. 3 Cost.), stante la mancata previsione della non configurabilità del reato in presenza di un «giustificato motivo»: previsione che si rinviene, invece, nell’art. 14, comma 5-ter, del d.lgs. n. 286 del 1998, in rapporto alla più grave ipotesi delittuosa ivi delineata;

che irrazionale, e dunque lesiva l’art. 3 Cost., sarebbe anche la negazione agli imputati della contravvenzione in esame – benché punita con la sola ammenda – della possibilità di fruire dell’oblazione (art. 10-bis, comma 1, secondo periodo, del d.lgs. n. 286 del 1998);

che, sotto diverso profilo, la circostanza che il campo applicativo della nuova figura di reato si sovrapponga integralmente a quello del preesistente istituto dell’espulsione amministrativa renderebbe palese l’«assoluta irragionevolezza» dell’incriminazione e la sua incompatibilità con il principio di «proporzionalità», a fronte del quale la sanzione penale dovrebbe essere utilizzata solo in mancanza di altri strumenti idonei al raggiungimento dello scopo;

che la nuova incriminazione si porrebbe, da ultimo, in contrasto col principio di buon andamento dei pubblici uffici (art. 97 Cost.), venendo a gravare gli uffici...

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