Legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine725-752

@CORTE DI CASSAZIONE PENALE sez. V, 12 maggio 2010, n. 18081 (C.C. 2 febbraio 2010). Pres. Ambrosini – Est. Marasca – P.M. Montagna (Conf.) – Ric. P.M. in proc. Ronzino

Truffa – Aggravanti – Truffa in danno dello Stato o altro ente pubblico – Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato – Richiesta di mutuo rivolta ad un ente pubblico – Autocertificazione fondata su falsi documenti contabili – Sussistenza del reato

Sussiste il reato di cui all’art. 316 ter c.p. e non quello di cui all’art. 483 c.p. (da ritenersi assorbito nel primo) qualora l’agente, a sostegno di una domanda di mutuo rivolta ad un ente pubblico (nella specie, l’INPDAP) produca un’autocertificazione, corredata da false fatture, nella quale attesti, contrariamente al vero, che la somma richiesta è destinata al pagamento di lavori di ristrutturazione della casa di proprietà. (Mass. Redaz.) (c.p., art. 316 ter; c.p., art. 483) (1)

    (1) Per Cass. pen., sez. VI, 29 luglio 2008, Sposato, in questa Rivista 2009, 739, la fattispecie incriminatrice di cui all’art. 316 ter c.p. è posta a tutela della libera formazione della volontà della Amministrazione pubblica, con riferimento ai flussi di erogazione e distribuzione delle risorse economiche, al fine di impedirne la scorretta attribuzione e l’indebito conseguimento, sanzionando l’obbligo di verità delle informazioni e delle notizie offerte dal soggetto che richiede il contributo. Il caso di specie era relativo all’indebita percezione di finanziamenti erogati dallo Stato, mediante la presentazione e l’utilizzo di una falsa dichiarazione liberatoria inerente ad una pretesa compensazione di crediti reciproci fra i due imputati.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Ronzino Carlo, maresciallo dei Carabinieri, veniva accusato, tra l’altro, del reato di cui all’articolo 483 c.p. perché al fine di ottenere un mutuo di euro 40.000,00 presentava all’INPDAP una dichiarazione sostitutiva di certificazione nella quale attestava falsamente essere già stati eseguiti lavori di ristrutturazione per il 10% delle spese preventivate presso la casa di proprietà sita in Erice.

Il GUP presso il Tribunale di Trapani, con sentenza emessa in data 8 aprile 2009, dichiarava, ai sensi dell’articolo 425 c.p.p., non luogo a procedere nei confronti del Ronzino per insussistenza del fatto, sul rilievo che due false fatture allegate ad una domanda di mutuo non costituivano documenti autocertificabili.

Avverso tale sentenza proponeva appello il Pubblico Ministero deducendo che il GUP aveva travisato i fatti perché la falsa attestazione concerneva la destinazione della somma richiesta a titolo di mutuo, dovendosi ritenere la certificazione fasulla prodotta come una condotta successiva finalizzata ad occultare la falsa attestazione contenuta nell’autocertificazione.

La Corte di Appello di Palermo, con provvedimento del 28 ottobre 2009, dichiarava la propria incompetenza, essendo la sentenza ex articolo 425 c.p.p. soltanto ricorribile ai sensi dell’articolo 428 c.p.p., e disponeva la trasmissione degli atti alla Corte di cassazione per quanto di competenza.

Con memoria difensiva depositata il 28 gennaio 2010 Ronzino Carlo contestava tutti gli argomenti proposti dal ricorrente.

L’atto di impugnazione del Pubblico Ministero deve essere qualificato ricorso per cassazione perché avverso la sentenza emessa ai sensi dell’articolo 425 c.p.p. l’unico rimedio esperibile, in seguito alla modifica dell’articolo 428 c.p.p. introdotta dall’articolo 4 della legge 20 febbraio 2006, n. 46, ritenuta conforme alla Costituzione dalla Corte costituzionale con sentenza n. 242 del 24 gennaio 2009, è il ricorso per cassazione.

I motivi posti a sostegno del ricorso proposto dal Pubblico Ministero di Trapani sono fondati nei limiti di cui si dirà.

In punto di fatto è rimasto accertato che il Ronzino avesse presentato domanda all’INPDAP per un prestito per lavori di riparazione e restauri alle abitazioni di proprietà ed aveva corredato la domanda con una autocertificazione con la quale attestava che la somma richiesta, e poi erogata, sarebbe servita per le spese concernenti i lavori di ristrutturazione da eseguirsi presso una casa di proprietà, lavori, invece, mai eseguiti.

L’autocertificazione era corredata da due fatture false, che apparentemente erano state rilasciate per somme ricevute da una ditta a titolo di anticipo per i lavori da eseguire ed in parte già eseguiti.

La falsità in discussione nel presente procedimento, pertanto, non concerne le fatture, ma la falsa autocertificazione, come è stato posto in evidenza correttamente dal Pubblico Ministero ricorrente.

Orbene nei fatti non è ravvisabile il reato di cui all’articolo 483 c.p., ma quello di cui all’articolo 316 ter c.p. dal momento che la falsa dichiarazione era preordinata ad ottenere la erogazione di un mutuo agevolato erogato da un istituto previdenziale, INPDAP, che è un ente pubblico.

Vi è stato un contrasto nella giurisprudenza di legittimità concernente la definizione del concetto di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato sviluppatasi principalmente per quanto concerne le richieste di ottenere la erogazione dell’indennità di reddito minimo di inserimento.

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Secondo alcune pronunce (vedi Cass., sez. VI penale, 11 maggio 2005 – 20 luglio 2005, n. 26919, CED 231865) il reddito minimo di inserimento, infatti, dovendo essere qualificato come erogazione di natura assistenziale, non poteva rientrare nella previsione normativa dell’articolo 316 ter c.p., che faceva riferimento in via esclusiva ai casi di illecita o fraudolenta percezione di contributi pubblici di carattere economico-finanziario a sostegno dell’economia e delle attività produttive.

In senso contrario (vedi Cass., sez. VI penale 12 giugno 2006 – 13 ottobre 2006, n. 34437, CED 234873) la Corte di legittimità aveva rilevato che non vi era alcuna ragione per escludere le erogazioni di indennità di natura assistenziale dal novero di quelle considerate dall’articolo 316 ter c.p., tenuto conto della formulazione letterale della norma.

Sulla questione sono intervenute le Sezioni Unite Penali (SS.UU. penali, 19 aprile 2007 – 27 aprile 2007, n. 16568, CED 235962) che hanno ritenuto che integra il delitto di cui all’articolo 316 ter c.p. la indebita percezione anche di erogazioni pubbliche di natura assistenziale.

Orbene, a prescindere dalla soluzione del contrasto, appare del tutto pacifico che la erogazione di un mutuo rientri nel novero delle erogazioni previste dalla norma in discussione, dal momento che la disposizione prevede espressamente le domande dirette alla indebita percezione di mutui agevolati erogati dallo Stato o da altri enti pubblici.

Del resto tali erogazioni costituiscono contributi economico-finanziari per il sostegno della economia e l’incentivazione di attività produttive.

Ma anche se si volessero considerare contributi di natura assistenziale essi rientrerebbero ugualmente nella previsione dell’articolo 316 ter in virtù del principio enunciato dalle Sezioni Unite, oltre che della chiara disposizione letterale.

Ciò posto non vi è alcun dubbio che il reato di cui all’articolo 483 c.p., contestato all’imputato, risulti assorbito nella fattispecie di cui all’articolo 316 ter c.p., dal momento che tale ultimo reato ne contiene tutti gli elementi costitutivi, dando così luogo ad un reato complesso (così Cass., sez. III pen., 31 maggio 2006 – 2 agosto 2006, n. 27598, CED 235091; SS.UU. penali, 10 aprile 2007 – 27 aprile 2007, n. 16568 citata).

D’altronde appare sufficiente leggere l’articolo 316 ter c.p. per convincersi della correttezza della soluzione adottata; tale norma, infatti, punisce chiunque mediante l’utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o documenti falsi . . . consegue indebitamente . . . erogazioni.

Da quanto detto risulta che è errata la decisione impugnata non solo perché il fatto contestato al Ronzino deve essere diversamente qualificato, ma anche perché il GUP non ha considerato che le false dichiarazioni finalizzate all’ottenimento della erogazione del mutuo concernevano sia le false fatture, sia la falsa dichiarazione che il mutuo sarebbe stato utilizzato per la realizzazione dei lavori di ristrutturazione, circostanze entrambe non rispondenti al vero.

Per le ragioni indicate, quindi, il fatto contestato al Ronzino deve essere qualificato come violazione dell’articolo 316 ter c.p. e la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Trapani per il corso ulteriore. (Omissis)

@CORTE DI CASSAZIONE PENALE sez. V, 12 maggio 2010, n. 18062 (ud. 19 gennaio 2010). Pres. Colonnese – Est. Bevere – P.M. Geraci (parz. dIff.) – Ric. Basilico

Armi e munizioni – Armi proprie e armi improprie – Fucile ad aria compressa – Equiparazione all’arma da sparo – Fondamento – Equiparazione all’arma da fuoco – Esclusione

Non può dar luogo alla configurabilità del reato contravvenzionale di cui all’art. 703 c.p. l’uso di un fucile ad aria compressa, potendo essere questo tutt’al più considerato come arma da sparo, ma non come arma da fuoco. (Mass. Redaz.) (c.p., art. 703) (1)

    (1) In argomento si veda Cass. pen., sez. III, 26 gennaio 2009, Sanna, in questa Rivista 2009, 1299, secondo la quale l’uso di un’arma ad aria compressa in luogo di pubblico transito con modalità tali da porre concretamente in pericolo l’incolumità delle persone integra il reato di cui all’art. 674 c.p. e non la violazione, amministrativamente sanzionata, che ne consente l’utilizzo in poligoni o luoghi privati non aperti al pubblico (art. 9, comma terzo, D.M. 9 agosto 2001, n. 362).

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

Con sentenza emessa il 3 giugno 2008, la corte di appello di Milano, in parziale riforma della sentenza emessa il 2 febbraio 2007 dal Tribunale di Monza, sezione distaccata di Desio, ha assolto Basilico Giuseppe dal reato di minaccia aggravata dall’uso di un’arma, perché il fatto non sussiste e ha ridotto la pena a 4 mesi di reclusione, inflitta in ordine ai...

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