Sentenza nº 327 da Constitutional Court (Italy), 24 Luglio 1998

RelatoreMassimo Vari
Data di Resoluzione24 Luglio 1998
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N.327

ANNO 1998

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Dott. Renato GRANATA Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI Giudice

- Prof. Francesco GUIZZI "

- Prof. Cesare MIRABELLI "

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO "

- Avv. Massimo VARI "

- Dott. Cesare RUPERTO "

- Dott. Riccardo CHIEPPA "

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY "

- Prof. Valerio ONIDA "

- Prof. Carlo MEZZANOTTE "

- Avv. Fernanda CONTRI "

- Prof. Guido NEPPI MODONA "

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI "

- Prof. Annibale MARINI "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma 2-ter, del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 543 (Disposizioni urgenti in materia di ordinamento della Corte dei conti), convertito, con modificazioni, nella legge 20 dicembre 1996, n. 639, promossi con ordinanze emesse:

1) il 16 gennaio 1997 dalla Corte dei conti, Sezione giurisdizionale regionale per la Basilicata, di Potenza, nel giudizio di responsabilità promosso dal Procuratore regionale della Corte dei conti nei confronti di Signorella Maria ed altri, iscritta al n. 117 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell'anno 1997;

2) il 9 gennaio 1997 dalla Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Molise, di Campobasso, nel giudizio di responsabilità a carico di Meffe Domenicantonio ed altri, iscritta al n. 275 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell'anno 1997.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 25 marzo 1998 il Giudice relatore Massimo Vari.

Ritenuto in fatto

1.1.— Con ordinanza emessa il 16 gennaio 1997 (R.O. n. 117 del 1997), la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Basilicata ha sollevato — in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, primo comma, 25, primo comma, 81, quarto comma, 97, primo comma, 103, secondo comma, 113, primo e secondo comma, e 128 della Costituzione — questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 2-ter, del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 543 (Disposizioni urgenti in materia di ordinamento della Corte dei conti), convertito, con modificazioni, nella legge 20 dicembre 1996, n. 639, secondo il quale l'azione di responsabilità per danno erariale non si esercita nei confronti degli amministratori locali, per la mancata copertura minima del costo dei servizi.

1.2.— L'ordinanza é stata emessa nel corso di un giudizio di responsabilità promosso dal Procuratore regionale nei confronti di tre componenti la giunta del Comune di Miglionico, in carica per l’anno 1989, quali presunti responsabili di danno all’erario per l’importo di L. 7.797.730 (oltre la rivalutazione monetaria e gli interessi legali), corrispondente al minore introito realizzato dal Comune, in conseguenza del mancato adeguamento delle tariffe del servizio di smaltimento rifiuti solidi urbani, prescritto dalla legislazione vigente, al fine di raggiungere la copertura minima del 50 per cento dei costi di gestione.

Intervenuta nel corso del giudizio la disposizione censurata, il rimettente ritiene che essa sia da considerare norma di carattere processuale e quindi, come tale, di immediata applicazione, donde la rilevanza della sollevata questione.

L'ordinanza ritiene, anzitutto, che la norma denunciata, in contrasto con il principio di buon andamento di cui all'art. 97, primo comma, della Costituzione, comporti "un'alterazione della funzionalità" degli enti locali, dal punto di vista del reperimento dei necessari mezzi finanziari, inducendo, da un lato, gli amministratori locali a non sentirsi vincolati a disporre un impopolare adeguamento delle tariffe, e, dall’altro, impedendo, il risarcimento dei danni da costoro provocati alle amministrazioni locali gestite.

Nell'assumere violato, altresì, il criterio dell’imparzialità, che "si risolve essenzialmente nel rispetto della giustizia sostanziale", il rimettente rileva, inoltre, la contraddizione della disposizione con i principi generali posti dalla legge 8 giugno 1990, n. 142, e dal decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, sull’equilibrio finanziario delle gestioni locali, tale da dar luogo di fatto ad una "sanatoria per le future violazioni di una importante legge che si lascia senza alcuna sanzione effettiva".

Ricordato che l’ampia discrezionalità del legislatore, nella valutazione del rapporto di compatibilità tra azione amministrativa (e finanziaria) e principio di buon andamento, trova un insuperabile limite nel pubblico interesse, si osserva che, nel caso di specie, il precetto non rinviene nè giustificazioni di ordine generale, nè motivazioni in esigenze di natura economica o finanziaria. Anzi, la perdita di ingenti fondi senza possibilità di recupero, sia pure attraverso il risarcimento dei danni, comporterebbe la violazione anche dell’art. 128 della Costituzione, essendo impedito il perseguimento di finalità di interesse delle comunità locali.

Nel porsi come negazione di una razionale e coerente attività di amministrazione e fonte di un regime di irresponsabilità, anche per il futuro, "di amministratori infedeli", collocabile tra gli esempi di "diseducazione civile", sui quali la giurisprudenza costituzionale si é più volte pronunciata, la disposizione, ad avviso del giudice a quo, contrasta, altresì, con l’art. 3 della Costituzione, per la posizione di ingiustificato privilegio attribuita agli amministratori locali (tra i quali i convenuti) nei confronti sia degli amministratori di enti non locali, sia dei dipendenti della stessa categoria di enti, come pure dei dipendenti dello stesso "comune di appartenenza"; a sua volta si verificherebbe, in via speculare, una situazione di disparità di trattamento fra gli enti locali e gli enti non inquadrabili in tale categoria, mentre, per converso, l'ente locale, cui appartengono gli amministratori destinatari della disposizione in questione, verrebbe a trovarsi in posizione di svantaggio altrettanto ingiustificata nei confronti degli amministratori medesimi e di quelli futuri.

Dal quadro normativo in questione scaturirebbe anche la violazione degli artt. 24, primo comma, e 113, primo e secondo comma, della Costituzione, risultando il Comune di Miglionico — come tutti gli altri enti locali — privato della tutela innanzi al giudice contabile, realizzata attraverso l’azione del competente Procuratore della Corte dei conti, nonchè innanzi a qualsiasi altro giudice.

La disposizione censurata sarebbe, inoltre, irrispettosa dell’art. 81, quarto comma, della Costituzione, non recando la legge n. 639 del 1996 una previsione di copertura finanziaria della minor entrata derivante, agli enti locali, dal mancato recupero dei danni provocati alla loro finanza.

Atteso il c.d. carattere derivato della finanza locale, al minore introito realizzato dagli enti locali dovrebbe, infatti, sopperire il bilancio statale, con ulteriori trasferimenti di fondi.

Risulterebbero violati, infine, gli artt. 103, secondo comma, e 25, primo comma, della Costituzione, giacchè l’intervento del legislatore non potrebbe, ragionevolmente, giungere ad escludere ipotesi di responsabilità rientranti nell’ambito della contabilità pubblica, intesa secondo l’accezione tradizionale della nozione. Al tempo stesso il principio del giudice naturale precostituito per legge impedirebbe qualunque sottrazione di sfera giurisdizionale, successivamente al verificarsi del fatto generatore di responsabilità, sia nel senso di...

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